Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13235 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13235 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 08/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il 01/01/1962
avverso la sentenza del 18/03/2024 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 18 marzo 2024 la Corte di appello di Ancona ha confermato la pronuncia del G.U.P. del locale Tribunale del 17 maggio 2022 con cui NOME COGNOME era stato condannato alla pena di mesi tre di arresto ed euro 1.000,00 di ammenda in ordine al reato di cui all’art. 186, comma 2 lett. c), d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con tre distinti motivi, violazione di legge e vizio di motivazione: per essere stato erroneamente ritenuto come regolarmente omologato l’etilometro attraverso cui era stata accertata la ricorrenza del suo stato di ebbrezza; per non essere stata adeguatamente vagliata la contestazione difensiva relativa al non corretto funzionamento dell’apparecchio per l’alcoltest; per essere stato erroneamente conferito valore probatorio al verbale di accertamento del suo stato di ebbrezza, così rendendo conseguentemente carente l’accertamento ogni ragionevole dubbio della sua responsabilità penale.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
Ed infatti, con riferimento a tutte le doglianze eccepite, deve essere osservato come esse, lungi dal confrontarsi con la congrua e logica motivazione resa dalla Corte territoriale, con la quale sono state diffusamente rappresentate le ragioni di mancato accoglimento dei medesimi motivi dedotti da parte dell’imputato (pp. 4 e s.), di fatto reiterino le medesime considerazioni critiche espresse nel precedente atto impugnatorio, proposto avverso la sentenza di primo grado, già vagliate da parte della Corte di merito.
Per come ripetutamente chiarito da questa Corte di legittimità (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584-01), la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione, cioè, è innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. Risulta di chiara evidenza, pertanto, che se il motivo di ricorso, come nel caso in esame, non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, per ciò
solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento).
E’ inammissibile, quindi, il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (così, tra le altre: Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME, Rv. 243838-01).
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma 1’8 gennaio 2025
Il Consigliere estensore
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