Ricorso inammissibile: La Cassazione chiarisce i requisiti per l’impugnazione
Presentare un ricorso in Cassazione richiede un’analisi critica e specifica della sentenza impugnata. Non è sufficiente riproporre le stesse argomentazioni già respinte nei gradi di giudizio precedenti. Con una recente ordinanza, la Suprema Corte ha ribadito questo principio fondamentale, dichiarando un ricorso inammissibile e condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. Questo caso offre spunti importanti sul concetto di “doppia conforme” e sui requisiti di specificità dei motivi di ricorso.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da una condanna per il reato di truffa, confermata sia in primo grado dal Tribunale sia in secondo grado dalla Corte d’Appello. L’imputata, ritenuta responsabile del reato, decideva di presentare ricorso per Cassazione, contestando la violazione di legge e il vizio di motivazione della sentenza d’appello. In particolare, la difesa lamentava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale.
L’Analisi della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, nell’esaminare il ricorso, ha rilevato una carenza fondamentale: i motivi presentati erano una mera riproduzione delle censure già adeguatamente esaminate e respinte dai giudici di merito. Il ricorso, secondo la Corte, non conteneva una critica specifica e puntuale delle argomentazioni logico-giuridiche su cui si fondava la sentenza della Corte d’Appello. Invece di contestare il ragionamento dei giudici di secondo grado, la difesa si era limitata a riproporre le stesse questioni.
Le motivazioni del ricorso inammissibile
La Suprema Corte ha basato la sua decisione su due pilastri fondamentali.
Il primo riguarda la natura ripetitiva dei motivi. I giudici hanno sottolineato che il ricorso era “riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi”. Un ricorso per Cassazione non può essere una semplice ripetizione, ma deve individuare e contestare specifici errori di diritto o vizi logici presenti nella decisione impugnata.
Il secondo pilastro è il principio della “doppia conforme”. Poiché la sentenza d’appello aveva confermato in toto quella di primo grado, utilizzando i medesimi criteri di valutazione delle prove, le due decisioni formavano un “unico corpo decisionale”. In questo scenario, il ricorrente ha l’onere di dimostrare in modo ancora più stringente le ragioni per cui il ragionamento condiviso da due diversi giudici sarebbe errato. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva chiaramente motivato sia sulla sussistenza del reato di truffa, basandosi su un solido compendio probatorio, sia sulla non applicabilità dell’art. 131-bis, in considerazione del danno, neanche parzialmente risarcito, patito dalla persona offesa.
Le conclusioni
L’ordinanza ribadisce un principio cruciale della procedura penale: l’accesso alla Corte di Cassazione è riservato a censure specifiche e non meramente ripetitive. Un ricorso inammissibile non solo non viene esaminato nel merito, ma comporta anche la condanna al pagamento delle spese e di una sanzione economica. Questa decisione serve da monito sulla necessità di formulare impugnazioni che dialoghino criticamente con la sentenza che si intende contestare, specialmente in presenza di una “doppia conforme”, dove l’onere argomentativo per il ricorrente si fa ancora più gravoso.
Quando un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando i suoi motivi sono meramente riproduttivi di censure già esaminate e respinte nei precedenti gradi di giudizio e mancano di una critica specifica e puntuale alle argomentazioni della sentenza impugnata.
Cosa significa “doppia conforme” nel processo penale?
Si ha una “doppia conforme” quando la sentenza della Corte d’Appello conferma integralmente la decisione del Tribunale di primo grado. In tal caso, le motivazioni delle due sentenze possono essere lette congiuntamente, formando un unico corpo decisionale che rafforza la valutazione dei fatti.
Perché non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
La non punibilità è stata esclusa perché, secondo la valutazione dei giudici di merito, il danno subito dalla persona offesa a causa della truffa non era di lieve entità. Inoltre, la circostanza che il danno non fosse stato neanche parzialmente risarcito ha contribuito a escludere la particolare tenuità del fatto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6396 Anno 2025
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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6396 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 21/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PENNE il 18/12/1974
avverso la sentenza del 10/06/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME
ritenuto che i motivi di ricorso, che contestano la violazione di legge ed il vizio motivazionale in relazione alla affermazione di responsabilità ed all’art. 131 bis cod. pen., sono indeducibili poiché riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dai giudici di merito e, perciò, non scanditi da specifica critica analisi delle argomentazioni alla base della sentenza impugnata (si vedano, in particolare, pagg. 3 e 4 della sentenza impugnata sul compendio probatorio comprovante il reato di truffa e pag. 4 sulla mancata riconducibilità del fatto nel paradigma di cui all’art. 131 bis cod. pen., in considerazione del danno patito dalla persona offesa, neanche parzialmente risarcita);
che, del resto, la sentenza impugnata costituisce una c.d. “doppia conforme” della decisione di primo grado, con la conseguenza che le due sentenze di merito possono essere lette congiuntamente costituendo un unico corpo decisionale, essendo stato rispettato sia il parametro del richiamo da parte della sentenza d’appello a quella del Tribunale, sia l’ulteriore parametro costituito dal fatto che entrambe le decisioni adottano i medesimi criteri nella valutazione delle prove (Sezione 2, n. 6560 del 8/10/2020, COGNOME, Rv. 280654 – 01);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21/01/2025
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