Ricorso Inammissibile: Le Conseguenze di un Appello Mal Posto
Quando si presenta un appello in Corte di Cassazione, è fondamentale rispettare precisi requisiti di forma e di sostanza. Un recente provvedimento della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di cosa accade quando questi requisiti vengono a mancare, portando a una dichiarazione di ricorso inammissibile. Questa decisione non solo conferma la condanna precedente, ma comporta anche ulteriori conseguenze economiche per chi ha proposto l’impugnazione. Analizziamo insieme il caso per capire le ragioni giuridiche dietro questa pronuncia.
I Fatti del Caso
Il caso in esame riguarda una persona condannata in secondo grado dalla Corte di Appello per il reato di tentato furto aggravato. Non accettando la sentenza, l’imputata ha deciso di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento. Il ricorso si basava su tre argomentazioni principali: la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, una critica generica alla valutazione dei fatti operata dai giudici di merito e la presunta prescrizione del reato.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione ha reso definitiva la condanna per tentato furto aggravato e ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, a causa della palese infondatezza del ricorso, la Corte ha imposto il versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale.
Le Motivazioni: Perché il Ricorso è Stato Respinto?
La decisione della Corte si fonda su una valutazione rigorosa dei motivi presentati. Ogni punto del ricorso è stato smontato sulla base di principi consolidati della procedura penale. Vediamo nel dettaglio le ragioni dell’inammissibilità.
Motivi Nuovi e Generici
Innanzitutto, la Corte ha sottolineato che la questione relativa alla non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) era stata sollevata per la prima volta in Cassazione. La giurisprudenza è costante nell’affermare che non possono essere introdotte questioni nuove nel giudizio di legittimità, se non sono state specificamente sottoposte al giudice d’appello.
Inoltre, le critiche mosse alla sentenza impugnata sono state giudicate come “patentemente generiche”. Il ricorrente non ha mosso censure di legittimità, ossia non ha evidenziato errori di diritto commessi dalla Corte d’Appello, ma ha tentato di proporre una diversa e alternativa lettura dei fatti. Questo tipo di valutazione è precluso alla Corte di Cassazione, che ha il compito di verificare la corretta applicazione della legge, non di riesaminare il merito della vicenda.
La Questione della Prescrizione: Un Calcolo Errato
Anche l’argomento relativo alla prescrizione del reato è stato ritenuto “manifestamente infondato”. L’imputata sosteneva che fosse decorso il tempo massimo per poter essere punita. Tuttavia, la Corte ha chiarito che il termine di prescrizione, nel caso di specie, era di dieci anni, tenuto conto della recidiva contestata. Inoltre, il calcolo non aveva considerato un periodo di sospensione del processo, richiesto dalla difesa stessa, che aveva di fatto allungato i tempi. Di conseguenza, al momento della decisione, il reato non era ancora prescritto.
Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche di un Ricorso Inammissibile
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. È un rimedio straordinario per correggere errori di diritto. La presentazione di un ricorso inammissibile perché basato su motivi nuovi, generici o palesemente infondati non solo non porta ad alcun risultato utile, ma espone il ricorrente a conseguenze economiche significative. La condanna al pagamento delle spese e della sanzione alla Cassa delle ammende serve a sanzionare l’abuso dello strumento processuale, disincentivando impugnazioni dilatorie e prive di seria fundamentazione giuridica. Per gli operatori del diritto, questa decisione è un monito a preparare i ricorsi con la massima diligenza e specificità, concentrandosi esclusivamente sui vizi di legittimità della sentenza impugnata.
Quando un ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando solleva questioni non precedentemente discusse in appello (a meno che non siano rilevabili d’ufficio), quando le censure sono generiche e mirano a una rivalutazione dei fatti anziché a contestare errori di diritto, o quando i motivi sono palesemente privi di fondamento giuridico.
Cosa comporta una dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, se l’inammissibilità è evidente, anche al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Il calcolo della prescrizione deve tenere conto dei periodi di sospensione?
Sì, la Corte ha confermato che nel calcolo del termine di prescrizione del reato si deve tener conto di eventuali periodi di sospensione del processo, come quelli causati da un rinvio richiesto dalla difesa. Questi periodi interrompono il decorso del tempo e lo allungano.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32625 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32625 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a SIRACUSA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/05/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Catania che, per quel che qui rileva, ne ha confermato la condanna per il delitto di tentato furto aggravato ( 56, 624, 625, n. 7, cod. pen.);
rilevato che l’unico motivo di ricorso è:
inedito nella parte in cui censura la mancata applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen., e «non possono essere dedotte con il ricorso per cassazion questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare siccome non devolute con la dovuta specificità alla sua cognizione, tranne che si tratti di questioni rileva ufficio in ogni stato e grado del giudizio o che non sarebbe stato possibile dedurre in precedenza (Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316);
non contiene effettive censure di legittimità agli argomenti spesi dalla decision impugnata sul punto ma prospetta, con assunti patentemente generici, un alternativo apprezzamento dell’occorso (Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, NOME, Rv. 254584 – 01);
è manifestamente infondato allorché assume che sarebbe spirato il termine di prescrizione del reato (commesso il 7 marzo 2016), pari a dieci anni (tenuto conto della recidiva ex art. 99, comma 2, cod. pen.; cfr. artt. 157 e 161 cod. pen.), peraltro rimasto sospeso dal 13 april 2016 al 6 luglio 2016 (in ragione di un differimento su richiesta della difesa);
ritenuto che, all’inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché – ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr. Corte cost., sent. n. 186 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, Rv. 267585 – 01) – al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 25/06/2025.