Ricorso Inammissibile in Cassazione: Analisi di una Recente Ordinanza
Presentare un ricorso in Cassazione non significa avere una terza possibilità di discutere i fatti di una causa. La Suprema Corte ha un ruolo ben preciso: verificare la corretta applicazione della legge. Un recente provvedimento chiarisce le gravi conseguenze di un ricorso inammissibile, specialmente quando questo si limita a riproporre le stesse argomentazioni già esaminate e respinte nei gradi di giudizio precedenti. Analizziamo insieme questa decisione per capire i principi in gioco.
I Fatti del Caso
Due persone, condannate dalla Corte d’Appello, hanno deciso di presentare ricorso alla Corte di Cassazione. Le loro linee difensive erano distinte: una sosteneva la propria totale estraneità ai fatti contestati, mentre l’altra affermava che la sostanza stupefacente oggetto del procedimento era destinata esclusivamente all’uso personale. Entrambe queste tesi erano già state ampiamente discusse e rigettate dai giudici di merito.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte, senza entrare nuovamente nel vivo della vicenda, ha dichiarato i ricorsi proposti inammissibili. La decisione non si è basata su una nuova valutazione delle prove, ma su un aspetto puramente procedurale: la natura dei motivi di ricorso presentati.
Le Motivazioni: Perché il Ricorso è Stato Giudicato Inammissibile?
Il cuore della decisione risiede nella constatazione che i motivi addotti dai ricorrenti erano ‘meramente riproduttivi’ di censure già adeguatamente vagliate e disattese dal giudice di merito. In altre parole, gli avvocati non hanno sollevato nuove questioni di diritto o vizi procedurali della sentenza d’appello, ma hanno semplicemente ripresentato le stesse difese fattuali.
La Corte di Cassazione non è un ‘terzo grado di giudizio’ dove si possono rimettere in discussione i fatti. Il suo compito è quello di ‘giudice di legittimità’, ossia di controllare che i giudici dei gradi inferiori abbiano interpretato e applicato correttamente le norme giuridiche. Presentare un ricorso che chiede una nuova valutazione delle prove, senza evidenziare un errore di diritto, è un’operazione destinata al fallimento e viene sanzionata con l’inammissibilità.
Le Conclusioni: Conseguenze Economiche e Lezioni Pratiche
La declaratoria di inammissibilità ha comportato due conseguenze economiche significative per i ricorrenti:
1.  Condanna al pagamento delle spese processuali: una conseguenza standard in caso di soccombenza.
2.  Condanna al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
Quest’ultima sanzione viene inflitta perché si presume che chi presenta un ricorso con motivi palesemente infondati o ripetitivi agisca ‘in colpa’, ovvero con negligenza nel determinare la causa di inammissibilità. La Corte ha citato un importante precedente della Corte Costituzionale (sentenza n. 186 del 2000) per giustificare questa sanzione, che mira a scoraggiare appelli dilatori o temerari.
La lezione pratica è chiara: un ricorso in Cassazione deve essere fondato su solidi motivi di diritto. La semplice riproposizione di tesi fattuali già respinte non solo è inutile ai fini di un annullamento della condanna, ma espone a costi economici rilevanti.
 
Perché il ricorso alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano una semplice ripetizione delle argomentazioni difensive già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, senza sollevare nuove questioni sulla corretta applicazione della legge.
Quali sono state le conseguenze economiche per i ricorrenti?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, i ricorrenti sono stati condannati a pagare sia le spese del procedimento sia una sanzione pecuniaria aggiuntiva di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
È sempre possibile appellarsi in Cassazione riproponendo le proprie tesi?
No. Questa ordinanza dimostra che la Corte di Cassazione non riesamina i fatti del caso. Un ricorso deve basarsi su specifici errori di diritto o vizi procedurali della sentenza impugnata. Riproporre le stesse tesi di merito porta a una declaratoria di inammissibilità e a sanzioni economiche.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4372 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 4372  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 10/11/2023
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME NOME a LENTINI il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME NOME AUGUSTA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/10/2022 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
letti i ricorsi proposti nell’interesse di NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la sentenza indicata in epigrafe;
esaminati gli atti e il provvedimento impugNOME;
rilevato che i ricorsi sono inammissibili perché i motivi proposti – con cui NOME COGNOME ha dedotto di essere estraneo ai fatti addebitatigli e NOME COGNOME ha dedotto che la sostanza stupefacente era destinata ad uso personale -sono meramente riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal Giudice di merito (si vedano le pagine 3, 4 e 5 della sentenza impugnata);
ritenuto che all’inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, non potendosi ritenere che essi hanno proposto i ricorsi senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186 del 2000), della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M1.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/11/2023