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Ricorso inammissibile: quando l’appello è nuovo

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13538/2024, ha dichiarato un ricorso inammissibile, chiarendo i limiti procedurali dell’impugnazione. L’imputato, condannato per vari reati, aveva presentato appello lamentando l’errata applicazione della legge e vizi di motivazione. La Corte Suprema ha rigettato il ricorso perché basato su motivi nuovi non presentati in appello e per carenza di interesse, dato che l’esito non avrebbe comportato un vantaggio concreto per il ricorrente. La decisione sottolinea l’importanza di una corretta formulazione dei motivi di gravame fin dai primi gradi di giudizio.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Spiega i Limiti dell’Appello

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 13538 del 2024 offre un’importante lezione sui requisiti di ammissibilità delle impugnazioni nel processo penale. La Corte ha dichiarato un ricorso inammissibile, ribadendo principi procedurali fondamentali che ogni operatore del diritto deve conoscere. Questo caso dimostra come la presentazione di motivi nuovi o la mancanza di un interesse concreto a ricorrere possano precludere l’esame di merito dell’impugnazione, con conseguenze anche economiche per il ricorrente.

Il Percorso Giudiziario: Dalla Condanna alla Cassazione

Il caso ha origine dalla condanna di un imputato da parte del Giudice per l’udienza preliminare di Roma per una serie di reati, tra cui rapina, estorsione, lesioni e minaccia. In secondo grado, la Corte d’Appello aveva parzialmente riformato la sentenza, procedendo alla riqualificazione di una delle imputazioni da insolvenza fraudolenta a estorsione, ma lasciando invariato il trattamento sanzionatorio complessivo.

L’imputato, attraverso il suo difensore, ha quindi deciso di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a tre distinti motivi di doglianza.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa ha articolato il proprio ricorso su tre punti principali:
1. Errata applicazione della legge penale in materia di rapina: Si contestava in particolare la sussistenza dell’ingiusto profitto, elemento costitutivo del reato.
2. Vizio di legge sulla riqualificazione del reato: Si criticava la decisione della Corte d’Appello di aver modificato l’accusa da insolvenza fraudolenta a estorsione.
3. Vizio di motivazione sulla mancata applicazione delle attenuanti generiche: Si lamentava che le circostanze attenuanti non fossero state applicate in misura prevalente sulla recidiva.

Nonostante la struttura apparentemente solida, la Corte Suprema ha ritenuto tutti e tre i motivi non meritevoli di un esame nel merito.

L’analisi della Corte sul ricorso inammissibile

La Cassazione ha analizzato separatamente ciascun motivo, giungendo sempre alla medesima conclusione: l’inammissibilità.

Il primo motivo è stato considerato un motivo nuovo. La questione relativa alla carenza dell’ingiusto profitto, infatti, non era stata sollevata nel precedente atto di appello. La Corte ha ricordato che il giudizio di Cassazione non è un terzo grado di merito, ma un controllo di legittimità sulla base delle questioni già devolute al giudice precedente. Salvo casi eccezionali, non è possibile introdurre per la prima volta in Cassazione argomenti non discussi in appello.

Per il secondo e terzo motivo, la Corte ha ravvisato una carenza di interesse. Riguardo alla riqualificazione del reato, i giudici hanno osservato che la pena era rimasta identica. L’eventuale accoglimento del ricorso su questo punto non avrebbe portato alcun beneficio concreto all’imputato, rendendo l’impugnazione inutile. Similmente, per le attenuanti generiche, la Corte ha evidenziato che erano già state concesse in primo grado in regime di equivalenza con la recidiva contestata. Non essendo possibile una loro ‘doppia’ applicazione, anche questo motivo è risultato privo di un interesse giuridicamente rilevante.

Le motivazioni

La decisione della Suprema Corte si fonda su rigorosi principi di procedura penale. La regola che vieta la proposizione di motivi nuovi in Cassazione (artt. 606, co. 3, e 609, co. 2, c.p.p.) serve a garantire la progressività del processo e a evitare che la Cassazione venga investita di questioni che avrebbero dovuto essere risolte nei gradi di merito. Questo principio trova la sua ratio nella necessità di preservare la funzione della Corte di legittimità, che non è quella di riesaminare i fatti, ma di assicurare l’uniforme interpretazione della legge.

Allo stesso modo, il principio dell’interesse ad agire (o a impugnare) è un cardine del nostro sistema processuale. Un’impugnazione è ammissibile solo se il suo accoglimento può produrre un risultato favorevole per chi la propone. Nel caso di specie, né la contestazione sulla riqualificazione del fatto né quella sulle attenuanti avrebbero potuto condurre a una diminuzione della pena, rendendo di fatto il ricorso un mero esercizio teorico.

Le conclusioni

La sentenza rappresenta un monito sull’importanza di una strategia difensiva attenta e precisa fin dal primo grado di giudizio. I motivi di appello devono essere formulati in modo completo ed esaustivo, poiché essi delimitano l’ambito del successivo eventuale ricorso in Cassazione. La presentazione di un ricorso inammissibile non solo preclude la possibilità di ottenere una riforma della sentenza, ma comporta anche conseguenze economiche. La Corte, infatti, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di 3.000 euro in favore della cassa delle ammende, ravvisando una colpa nella proposizione di un’impugnazione priva dei requisiti di legge.

È possibile presentare in Cassazione un motivo di ricorso non discusso in Appello?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che, di regola, non possono essere dedotte questioni non prospettate nei motivi di appello. Introdurre un “motivo nuovo” rende il ricorso inammissibile su quel punto, in quanto il giudizio di legittimità non può estendersi a questioni non sottoposte al controllo del giudice precedente.

Se la Corte d’Appello modifica la definizione di un reato (riqualificazione) ma non la pena, si ha sempre interesse a ricorrere?
No. In questo caso, la Cassazione ha ravvisato una “carenza di interesse” proprio perché la pena era rimasta invariata. Se il ricorso non può portare a un risultato pratico favorevole per l’imputato, come una riduzione della pena, l’impugnazione è inammissibile.

Cosa succede quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, se la Corte ravvisa una colpa nella presentazione del ricorso (ad esempio, perché manifestamente infondato), può condannare il ricorrente al pagamento di una somma in favore della cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso con una sanzione di 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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