Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 42855 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 42855 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MONTALBANO JONICO (MT) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza emessa dalla CORTE di APPELLO di POTENZA in data 24/01/2024.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; udito il difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, si è riportato al ricorso, chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Potenza ha confermato la condanna dell’imputato NOME COGNOME, dichiarato colpevole del reato di truffa, alla pena ritenuta di giustizia dal Tribunale di Matera.
Contro la predetta decisione ha proposto ricorso per cassazione il difensore del COGNOME, denunciando violazione di leggi e vizi di motivazione, per essere la necessaria querela assente, oltre che quanto all’affermazione di responsabilità ed alla qualificazione giuridica del fatto accertato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Il motivo riguardante l’assenza della necessaria querela è manifestamente infondato, atteso che quella che il ricorrente definisce come mera denuncia reca in calce, nel primo foglio, l’espressa menzione sia della qualificazione dell’atto come “denuncia/querela”, sia della qualificazione dell’esponente come “denunciante/querelante”, ed è seguita dalla sottoscrizione (previa rituale rilettura e conferma) di quest’ultimo.
1.1. D’altro canto, se anche dovesse ritenersi che residuino profili di dubbio (in realtà insussistenti) in ordine alla natura del predetto atto, dovrebbe comunque trovare applicazione l’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato (cfr., per tutte, Sez. 2, n. 5193 del 05/12/2019, dep. 2020, Feola, Rv. 277801 – 01), per il quale, in tema di reati perseguibili a querela, la sussistenza della volontà di punizione da parte della persona offesa non richiede formule particolari e, pertanto, può essere riconosciuta dal giudice anche in atti che non contengono la sua esplicita manifestazione, i quali, ove emergano situazioni di incertezza, vanno, comunque, interpretati alla luce del favor querelae.
Il motivo riguardante l’affermazione di responsabilità è privo di specificità, limitandosi a reiterare prospettazioni già motivatamente ed incensurabilnnente disattese dalla Corte di appello, valorizzando le precise e circostanziate dichiarazioni della p.o., dalle quali sono compiutamente emersi i raggiri posti in essere dall’imputato, causativi del danno lamentato dalla p.o. e del corrispettivo profitto percepito dall’imputato (v. f. 5 ss. della sentenza impugnata).
3. Il motivo riguardante la qualificazione giuridica del fatto accertato non è consentito, non essendo stato dedotto come motivo di appello e postulando una valutazione del fatto in termini e su circostanze non previamente valutati dai giudici del merito, essendo, peraltro, il ricorso nel resto inammissibile.
3.1. Va, in proposito, ribadito l’orientamento (cfr., per tutte, Sez. 2, n. 17235 de 17/01/2018, Tucci, Rv. 272651 – 01) per il quale la questione sulla qualificazione giuridica del fatto rientra tra quelle su cui la Corte di cassazione può decidere ex art. 609 cod. proc. pen. e, pertanto, può essere dedotta per la prima volta in sede di giudizio di legittimità, ma unicamente a condizione che l’impugnazione non sia inammissibile e per la sua soluzione non siano necessari accertamenti di fatto da svolgere ex novo.
Invero, quanto alla prima condizione, questa Corte ha già chiarito che «Il sistema delle impugnazioni (…) è contraddistinto comunque dal principio dispositivo, nel senso che è nella facoltà delle parti dare ingresso, attraverso un atto conforme ai requisiti di legge richiesti, al procedimento di impugnazione e delimitare i punti del provvedimento da sottoporre al controllo dell’organo giurisdizionale del grado successivo. Ne consegue che il momento di operatività dell’effetto devolutivo ope legis non può che coincidere con la proposizione di una valida impugnazione, che investa l’organo giudicante della cognizione della res iudicanda, con riferimento sia ai motivi di doglianza articolati dalle parti sia a quelli che, inerendo a questio rilevabili d’ufficio, si affiancano per legge ai primi. Laddove l’impugnazione è inammissibile, non può il giudice ex officio dichiarare l’esistenza di una causa di non punibilità, posto che la verifica negativa di ammissibilità dell’impugnazione, come si è detto, ha valore assorbente e preclusivo rispetto a qualsiasi altra indagine di merito» (cfr. Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci, Rv. 266818 – 01: in applicazione del principio, si è ritenuto che l’inammissibilità del ricorso per cassazione precluda la possibilità di rilevare d’ufficio, ai sensi degli art 129 e 609, comma secondo, c.p.p., l’estinzione del reato per prescrizione maturata in data anteriore alla pronuncia della sentenza di appello, ma non rilevata né eccepita in quella sede e neppure dedotta con i motivi di ricorso). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Trattasi, invero, di affermazioni di principio formulate con riferimento a diversa fattispecie, ma senz’altro valide anche con riferimento al tema in esame.
4. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali nonché (in presenza di profili di colpa quanto alla determinazione delle cause della dichiarata inammissibilità) al pagamento, in favore della Cassa delle ammende, di una sanzione pecuniaria determinata
equitativamente (tenuto conto della gravità dei predetti profili di colpa misura di euro tremila.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Roma, 22 ottobre 2024
Il Preldente est.