Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4220 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4220 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DI NAPOLI NOME nato a NAPOLI il 07/03/1961
avverso la sentenza del 02/02/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME ritenuto che il primo motivo di ricorso, che contesta la violazione di legge in relazione all’art. 23 D.I. n. 149 del 2020, è manifestamente infondato in quanto in contrasto con la giurisprudenza di legittimità secondo cui nel rito a trattazione scritta, i termini per il deposito delle conclusioni delle parti, pur in mancanza di espressa indicazione, devono ritenersi perentori, essendo imprescindibilmente funzionali a consentire il corretto svilupparsi del contraddittorio, sicché il deposito tardivo esime il giudice dal tenere conto delle conclusioni ai fini della decisione, fermo restando che l’imputato non può limitarsi a lamentare un generico pregiudizio del proprio diritto di difesa, dovendo dedurre un’effettiva incidenza delle conclusioni intempestive rispetto all’esito del giudizio (Fattispecie relativa ad inosservanza del termine per il deposito delle conclusioni del procuratore generale presso la Corte di appello, previsto dall’art. 23-bis, comma 2, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176; Sez. 6, n. 22919 del 24/04/2024, Rv. 286664 – 01);
osservato che la giurisprudenza di legittimità è concorde nel ritenere che in tema di disciplina emergenziale la mancata formulazione nel giudizio di appello delle conclusioni scritte previste dall’art. 23 bis, comma 2, d.l. 28 ottobre 2020 n. 137 da parte del pubblico ministero, al quale sia dato rituale avviso, non integra alcuna nullità, trattandosi di procedimento camerale con contraddittorio cartolare in cui la partecipazione del procuratore generale è solo eventuale (Sez. 1, n. 14766 del 16/03/2022, NOME COGNOME, Rv. 283307 -01);
che peraltro il motivo di ricorso si appalesa sul punto anche generico, in quanto non precisa il contenuto delle conclusioni comunque trasmesse e il rilievo che avrebbero assunto nell’economicità della decisione impugnata;
ritenuto che il secondo motivo di ricorso che contesta la correttezza della motivazione posta a base del giudizio di responsabilità è indeducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
che, invero, la Corte d’appello ha fatto corretta applicazione del principio di diritto in forza del quale ai fini della configurabilità del delitto di ricettazione occorre la prova positiva che l’imputato non sia stato concorrente nel delitto
presupposto, essendo sufficiente che non emerga la prova del contrario (Sez. 2, n. 4434, del 24/11/2021, dep. 2022, COGNOME Maurizio, Rv. 282955 – 01);
ritenuto che il terzo motivo di ricorso che contesta l’eccessività della pena non è consentito dalla legge in sede di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; che nella specie l’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si veda, in particolare pag. 4 della sentenza impugnata, ove i giudici del merito hanno ritenuto congrua e proporzionata la pena alla gravità del fatto e alla personalità dell’agente, già gravato da precedenti penali);
rilevato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 19 novembre 2024
Il Consigliere COGNOME
Il Presidente