LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ricorso inammissibile: quando l’appello è infondato

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile presentato contro una condanna per violazione di un provvedimento giudiziario. L’appello è stato ritenuto una mera riproposizione di questioni di fatto, già correttamente valutate in precedenza. La Corte ha inoltre confermato l’impossibilità di applicare la causa di non punibilità per tenuità del fatto, data l’abitualità della condotta del ricorrente, già condannato otto volte per lo stesso reato.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 21 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Sottolinea i Limiti del Giudizio di Legittimità

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema del ricorso inammissibile, chiarendo ancora una volta i confini del proprio giudizio e le conseguenze per chi tenta di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti. Il caso esaminato riguarda un soggetto condannato per la violazione delle prescrizioni imposte da un’autorità giudiziaria, il quale ha visto il suo ricorso respinto per manifesta infondatezza e genericità.

I Fatti del Caso: La Violazione dell’Obbligo di Firma

Il procedimento trae origine dalla condanna di un individuo per il reato previsto dall’art. 13-bis del d.l. n. 14 del 2017. Nello specifico, l’imputato non si era presentato per l’obbligo di firma in due giornate consecutive, omettendo di comunicare qualsiasi giustificazione per la sua assenza. La Corte d’Appello aveva confermato la condanna di primo grado, basandosi sulle deposizioni degli agenti e sulle annotazioni di servizio che attestavano l’inadempimento. L’imputato, per difendersi, aveva addotto un generico ‘stato di malessere’, senza però mai fornire alcun tipo di certificazione medica a supporto della sua affermazione, né durante il processo né successivamente.

La Decisione della Corte e il Ricorso Inammissibile

Di fronte alla Suprema Corte, la difesa ha proposto un ricorso lamentando vizi di motivazione e violazione di legge. Tuttavia, i Giudici hanno prontamente dichiarato il ricorso inammissibile. La Corte ha osservato che le argomentazioni presentate non erano altro che ‘mere doglianze in punto di fatto’, ovvero un tentativo di ottenere una nuova valutazione delle prove, attività preclusa nel giudizio di legittimità. Il ricorso si limitava a riproporre le stesse censure già esaminate e logicamente respinte dalla Corte d’Appello, senza evidenziare profili di illogicità manifesta nella sentenza impugnata.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione su due pilastri fondamentali.

In primo luogo, ha confermato la correttezza del ragionamento della Corte d’Appello. Quest’ultima aveva correttamente ritenuto provato il reato sulla base di elementi oggettivi (le annotazioni di servizio) e aveva logicamente confutato la giustificazione dell’imputato, sottolineando la totale assenza di prove a sostegno dello ‘stato di malessere’ lamentato.

In secondo luogo, la Corte ha validato l’esclusione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale. Tale esclusione è stata motivata dall’abitualità della condotta del ricorrente. Dal provvedimento emerge infatti che l’imputato aveva già riportato ben otto condanne per la medesima violazione, un dato che dimostra una tendenza a delinquere incompatibile con il carattere di occasionalità richiesto per l’applicazione del beneficio.

Stante l’inammissibilità del ricorso e l’assenza di elementi che potessero indicare una mancanza di colpa nel determinarla, la Corte ha condannato il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio cardine del nostro sistema processuale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito. Non può essere utilizzato per contestare la valutazione delle prove operata dai giudici dei gradi precedenti, a meno che tale valutazione non sia palesemente illogica o contraddittoria. Inoltre, la decisione evidenzia come la storia criminale di un imputato, in particolare l’abitualità in uno specifico tipo di reato, abbia un peso determinante nell’impedire l’applicazione di istituti premiali come la non punibilità per tenuità del fatto. Per i cittadini, la lezione è chiara: qualsiasi giustificazione per la mancata osservanza di un ordine giudiziario deve essere tempestivamente comunicata e, soprattutto, concretamente provata.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non sollevava questioni sulla corretta applicazione della legge, ma si limitava a contestare la valutazione dei fatti e delle prove già effettuata dalla Corte d’Appello. Questo tipo di contestazione non è ammesso nel giudizio di legittimità della Cassazione.

Perché non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La causa di non punibilità non è stata applicata a causa dell’abitualità della condotta del ricorrente. Avendo già riportato otto condanne precedenti per la stessa violazione, la sua condotta non poteva essere considerata occasionale, requisito necessario per beneficiare di tale istituto.

Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile?
In base all’ordinanza, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso ha comportato per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma aggiuntiva di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati