Ricorso Inammissibile: La Cassazione Sottolinea i Limiti del Giudizio di Legittimità
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema del ricorso inammissibile, chiarendo ancora una volta i confini del proprio giudizio e le conseguenze per chi tenta di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti. Il caso esaminato riguarda un soggetto condannato per la violazione delle prescrizioni imposte da un’autorità giudiziaria, il quale ha visto il suo ricorso respinto per manifesta infondatezza e genericità.
I Fatti del Caso: La Violazione dell’Obbligo di Firma
Il procedimento trae origine dalla condanna di un individuo per il reato previsto dall’art. 13-bis del d.l. n. 14 del 2017. Nello specifico, l’imputato non si era presentato per l’obbligo di firma in due giornate consecutive, omettendo di comunicare qualsiasi giustificazione per la sua assenza. La Corte d’Appello aveva confermato la condanna di primo grado, basandosi sulle deposizioni degli agenti e sulle annotazioni di servizio che attestavano l’inadempimento. L’imputato, per difendersi, aveva addotto un generico ‘stato di malessere’, senza però mai fornire alcun tipo di certificazione medica a supporto della sua affermazione, né durante il processo né successivamente.
La Decisione della Corte e il Ricorso Inammissibile
Di fronte alla Suprema Corte, la difesa ha proposto un ricorso lamentando vizi di motivazione e violazione di legge. Tuttavia, i Giudici hanno prontamente dichiarato il ricorso inammissibile. La Corte ha osservato che le argomentazioni presentate non erano altro che ‘mere doglianze in punto di fatto’, ovvero un tentativo di ottenere una nuova valutazione delle prove, attività preclusa nel giudizio di legittimità. Il ricorso si limitava a riproporre le stesse censure già esaminate e logicamente respinte dalla Corte d’Appello, senza evidenziare profili di illogicità manifesta nella sentenza impugnata.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione su due pilastri fondamentali.
In primo luogo, ha confermato la correttezza del ragionamento della Corte d’Appello. Quest’ultima aveva correttamente ritenuto provato il reato sulla base di elementi oggettivi (le annotazioni di servizio) e aveva logicamente confutato la giustificazione dell’imputato, sottolineando la totale assenza di prove a sostegno dello ‘stato di malessere’ lamentato.
In secondo luogo, la Corte ha validato l’esclusione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale. Tale esclusione è stata motivata dall’abitualità della condotta del ricorrente. Dal provvedimento emerge infatti che l’imputato aveva già riportato ben otto condanne per la medesima violazione, un dato che dimostra una tendenza a delinquere incompatibile con il carattere di occasionalità richiesto per l’applicazione del beneficio.
Stante l’inammissibilità del ricorso e l’assenza di elementi che potessero indicare una mancanza di colpa nel determinarla, la Corte ha condannato il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio cardine del nostro sistema processuale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito. Non può essere utilizzato per contestare la valutazione delle prove operata dai giudici dei gradi precedenti, a meno che tale valutazione non sia palesemente illogica o contraddittoria. Inoltre, la decisione evidenzia come la storia criminale di un imputato, in particolare l’abitualità in uno specifico tipo di reato, abbia un peso determinante nell’impedire l’applicazione di istituti premiali come la non punibilità per tenuità del fatto. Per i cittadini, la lezione è chiara: qualsiasi giustificazione per la mancata osservanza di un ordine giudiziario deve essere tempestivamente comunicata e, soprattutto, concretamente provata.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non sollevava questioni sulla corretta applicazione della legge, ma si limitava a contestare la valutazione dei fatti e delle prove già effettuata dalla Corte d’Appello. Questo tipo di contestazione non è ammesso nel giudizio di legittimità della Cassazione.
Perché non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La causa di non punibilità non è stata applicata a causa dell’abitualità della condotta del ricorrente. Avendo già riportato otto condanne precedenti per la stessa violazione, la sua condotta non poteva essere considerata occasionale, requisito necessario per beneficiare di tale istituto.
Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile?
In base all’ordinanza, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso ha comportato per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma aggiuntiva di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36664 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36664 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a MARSALA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/03/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che il ricorso proposto da NOME COGNOME, che deduce il vizio di motivazione e la violazione di legge in riferimento all’art. 73 d.P.R. n. 309 di 1990, è inammissibile perché – a prescindere dall’errata indicazione dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, essendo la condanna intervenuta per il reato ex art. 13-bis d.l. n. 14 del 2017 -, esso è costituito da mere doglianze in punto di fatto, che, lungi dall’evidenziare profili di illogicità emergenti dal testo del provvedimento impugnato, attengono, invece, alla valutazione delle prove e sono riproduttive di censure che la sentenza impugnata, nel confermare le conclusioni raggiunte dal primo giudice, ha rigettato con un apprezzamento di merito non manifestamente illogico – e quindi non censurabile in sede di legittimità -, avendo la Corte d’appello, per un verso, ribadito la sussistenza del reato in esame sulla base della deposizioni degli operanti e delle annotazioni di servizio di atti, da cui emerge che l’imputato non si era presentato per la firma nelle giornate del 26 e del 27 novembre 2021, né aveva comunicato, come avrebbe dovuto, un eventuale impedimento, altresì logicamente confutando la prospettazione difensiva circa uno stato di malessere, in quanto priva di qualsivoglia elemento di riscontro, non avendo l’imputato mai allegato, nemmeno successivamente, alcuna certificazione medica attestante il suo impedimento ad adempiere per ragioni di salute; per altro verso, correttamente escluso i presupposti integranti la causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen. in relazione all’abitualità della condotta, avendo il ricorrente riportato ben otto condanne per la medesima violazione;
stante l’inammissibilità del ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 13 settembre 2024.