Ricorso Inammissibile: Analisi di una Decisione della Cassazione
Un ricorso inammissibile rappresenta uno degli esiti più netti nel processo penale, segnando la fine del percorso di impugnazione e la definitività della condanna. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio delle ragioni che possono portare a tale declaratoria, evidenziando i rigorosi requisiti che un ricorso deve possedere per essere esaminato nel merito. La decisione analizza le impugnazioni di tre soggetti condannati per gravi reati, tra cui associazione per delinquere, furti aggravati e tentata estorsione, rigettandole per manifesta infondatezza e difetto di specificità. Questo caso ci permette di approfondire i principi procedurali che governano il giudizio di legittimità.
I Fatti del Caso: Associazione a Delinquere e Altri Reati
La vicenda processuale trae origine da una sentenza di primo grado che aveva riconosciuto la colpevolezza di tre individui per una serie di reati contro il patrimonio e la persona. La Corte d’Appello, intervenuta successivamente, aveva parzialmente riformato la decisione: per alcuni capi d’imputazione aveva dichiarato il non doversi procedere per mancanza di querela, mentre per altri aveva rideterminato le pene in senso più favorevole agli imputati (in mitius). Tuttavia, il nucleo centrale della condanna, relativo ai reati di furto aggravato (artt. 624, 625 c.p.), tentata estorsione (artt. 56, 629 c.p.), ricettazione (art. 648 c.p.) e associazione per delinquere (art. 416 c.p.), era stato integralmente confermato.
Le Impugnazioni e il Ricorso Inammissibile
Contro la sentenza della Corte d’Appello, i tre imputati hanno proposto ricorso per Cassazione, ciascuno con motivi distinti. La Suprema Corte, però, ha ritenuto tutti i ricorsi inammissibili, fornendo una disamina puntuale delle carenze di ciascuna impugnazione. Questo aspetto è cruciale, poiché dimostra come non sia sufficiente contestare una sentenza, ma sia necessario farlo secondo precise regole procedurali.
La Genericità del Motivo di Ricorso
Il primo ricorrente contestava esclusivamente la determinazione della pena (il cosiddetto trattamento sanzionatorio), ritenendola eccessiva. La Cassazione ha bollato il motivo come generico e manifestamente infondato. La Corte d’Appello, infatti, aveva adeguatamente motivato la sua decisione basandosi sui criteri dell’art. 133 c.p., evidenziando la sistematicità delle condotte criminose, i precedenti penali specifici dell’imputato e il suo ruolo di coordinatore all’interno del sodalizio criminale. Il ricorso non offriva argomenti validi per scalfire la logicità di tale valutazione, che rientra nel potere discrezionale del giudice di merito.
La Rinuncia al Motivo di Appello
Il secondo ricorrente denunciava un vizio di motivazione riguardo alla sua responsabilità per il reato associativo. Tuttavia, la Corte ha rilevato un vizio procedurale insuperabile: lo stesso motivo era stato oggetto di rinuncia nel giudizio d’appello. La giurisprudenza è costante nell’affermare che non possono essere dedotte in Cassazione censure relative a motivi oggetto di rinuncia nel grado precedente. La rinuncia, infatti, preclude la possibilità di riproporre la medesima questione dinanzi al giudice di legittimità.
Il Difetto di Specificità dell’Impugnazione
Infine, il terzo ricorrente ha presentato due motivi. Il primo, relativo al reato associativo, è stato giudicato privo della necessaria specificità. L’imputato si era limitato a trascrivere il motivo d’appello senza confrontarsi criticamente con la motivazione della Corte territoriale, che aveva invece dettagliatamente argomentato sulla struttura, il vincolo e la stabilità dell’associazione. Il secondo motivo, sulla tentata estorsione, sosteneva che la restituzione dell’auto oggetto della richiesta estorsiva avrebbe dovuto escludere il reato. Anche questa censura è stata respinta, in quanto la Corte d’Appello aveva correttamente spiegato che il ritrovamento del veicolo non faceva venir meno la rilevanza penale della richiesta estorsiva già formulata.
Le Motivazioni della Corte
La Corte di Cassazione, nel dichiarare il ricorso inammissibile per tutti e tre gli imputati, ha ribadito alcuni principi cardine del processo penale. In primo luogo, i motivi di ricorso devono essere specifici, ovvero devono indicare con precisione le parti del provvedimento impugnato e le ragioni di diritto e di fatto che ne sostengono la critica. Non è ammissibile una mera riproposizione dei motivi d’appello. In secondo luogo, il ricorso non può vertere su questioni già rinunciate. Infine, le valutazioni di merito, come la quantificazione della pena, se logicamente motivate dal giudice, non sono sindacabili in sede di legittimità. La Corte ha quindi ritenuto che le impugnazioni fossero manifestamente infondate, denotando una colpa dei ricorrenti nella proposizione delle stesse.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche del Ricorso Inammissibile
La decisione in esame ha conseguenze pratiche significative. La declaratoria di inammissibilità non solo rende definitiva la sentenza di condanna, ma comporta anche la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. Tale sanzione pecuniaria, fissata in questo caso in tremila euro, serve a scoraggiare impugnazioni dilatorie o palesemente infondate. Questa ordinanza, dunque, funge da monito sull’importanza di una difesa tecnica rigorosa e consapevole dei limiti del giudizio di Cassazione, che non è un terzo grado di merito, ma un giudizio sulla corretta applicazione della legge.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo la decisione, un ricorso è inammissibile quando i motivi sono generici e non si confrontano criticamente con la sentenza impugnata, quando manca la necessaria specificità nell’indicare le violazioni di legge o i vizi di motivazione, oppure quando si ripropongono motivi che erano stati oggetto di rinuncia nel precedente grado di giudizio.
Cosa succede se un motivo di appello viene rinunciato?
Se un motivo di appello viene rinunciato, non può più essere riproposto in Cassazione. La rinuncia preclude definitivamente la possibilità di sollevare la stessa questione davanti al giudice di legittimità, come stabilito dalla Corte nel caso di uno dei ricorrenti.
La restituzione del bene oggetto di una richiesta estorsiva fa venir meno il reato di tentata estorsione?
No. La Corte ha confermato che il ritrovamento anticipato del bene (in questo caso, un’automobile) non determina il venir meno del reato di tentata estorsione, poiché la condotta criminosa si perfeziona con la richiesta estorsiva e non dipende dal suo esito finale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31295 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31295 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/04/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME NOME a BARI il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a PUTIGNANO il DATA_NASCITA
NOME NOME a BARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 31/03/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
I
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono, con atto separato, avverso la sentenza della Corte di appello di Bari che ha riformato parzialmente pronuncia di primo grado, dichiarando di non doversi procedere in ordine ai reati di cui ai capi 3, 5 e 8 (per quest’ultimo reato, limitatamente al furto della Fiat Cinquecento targata TARGA_VEICOLO) mancanza di querela e rideterminando in mitius le pene, e ha confermato nel resto la stessa decisione, segnatamente nella parte in cui ne aveva affermato la responsabilità per i reati di cui artt. 624, 625, comma 1, nn. 2, 5 e 7, cod. pen. (capi 4, 6, 7, 9, 11, 13), artt. 56 e 629 co (capo 10), 648 cod. pen. (capi 12 e 14), art. 424, 648 cod. pen. (capo 16. solo per COGNOME) e cod. pen. (capo 18);
considerato che l’unico motivo di ricorso di COGNOME COGNOME con cui si contesta il v motivazione in relazione alla determinazione del trattamento sanzioNOMErio – è generico manifestamente infondato, in quanto la Corte distrettuale ha dato conto in maniera congrua e logic degli elementi rientranti nel novero di quelli previsti dall’art. 133 cod. pen. che ha cons preponderanti nell’esercizio del potere discrezionale ad essa riservato (cfr. Sez. 2, n. 23903 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 – 02; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 27126 – 01), richiamando la sistematicità e la gravità dei precedenti penali, anche specifici, dell’i ed evidenziandone il ruolo di coordiNOMEre delle attività criminose;
considerato che l’unico motivo di ricorso di COGNOME – con cui si denuncia il viz motivazione posta alla base dell’affermazione di responsabilità dell’imputato per il reato di cui a 18), ritenendo che, nonostante l’intervenuta rinuncia sul motivo di appello, la Corte avesse comunqu l’obbligo di motivare circa il proprio convincimento sulla ritenuta sussistenza del deli manifestamente infondato in quanto con il ricorso in cassazione non possono essere ritualmente dedotte censure relative ai motivi oggetto di rinuncia innanzi alla Corte di appello (cfr. Sez 5224 del 02/10/2019 – dep. 2020, Acampa, Rv. 278611 – 03);
considerato, quanto all’impugnazione del COGNOME, che:
– il primo motivo di ricorso – con cui si denunciano l’erronea applicazione della legge pen e il vizio di motivazione posta alla base dell’affermazione di responsabilità dell’imputato per di cui al capo 18. – difetta della necessaria specificità poiché si è limitato a trascrivere il appello, dando conto solo in parte della motivazione spesa dalla Corte territoriale (la quale non ha espressamente condiviso e riportato la motivazione del primo Giudice, ma ha argomentato su di essa facendo riferimento alla struttura dell’associazione, al vincolo associativo e alla sua stabil tempo e al periodo in cui ha operato: cfr. spec. p. 14 della sentenza impugnata) e non evidenziand in alcun modo le ragioni per cui la prospettazione difensiva non possa dirsi compiutamente disattes in forza del detto richiamo e dell’argomentazione qui compendiata;
– il secondo motivo di ricorso – con cui si lamentano, in relazione al capo 10, la violaz della legge penale e processuale e il vizio di motivazione, in particolare poiché la Corte di merito avrebbe tenuto conto del fatto che la vettura de qua fosse stata restituita – non contiene una critica argomentata avverso la sentenza impugnata (cfr. Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, COGNOME, Rv. 254584 – 01) che, con argomentazione congrua e logica (qui non sindacabile: cfr. Sez. 2, n. 46288 del 28/06/2016, COGNOME, Rv. 268360 – 01), ha esplicitato le ragioni per cui ha ritenuto comunqu sussistente il reato (segnatamente, in quanto il ritrovamento anticipato della vettura non determiNOME il venir meno della richiesta estorsiva;
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità dei ricorsi, cui consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr. cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, Rv. 267585 – 01) versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processual e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/04/2024.