Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 34704 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 34704 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato ad Avezzano DATA_NASCITA, avverso la sentenza del 28 gennaio 2025 della Corte di appello di L’Aquila;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso per la inammissibilità del ricorso; letta la memoria dell’AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’accoglimento dei motivi di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 28 gennaio 2025 la Corte di appello di L’Aquila ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Avezzano in data 3 aprile 2023, con la quale NOME COGNOME è stato ritenuto responsabile del reato di furto aggr per essersi introdotto nell’ospedale di Avezzano, ed aver sottratto, da un portafogli rinvenuto in un ufficio, la somma di trecento euro.
Previo riconoscimento della recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale, l’imputato è stato condannato alla pena di un anno, quattro mesi di reclusione ed euro 320 di multa.
1.1. Più in particolare, secondo la concorde ricostruzione dei giudici di merito, effettuata sulla scorta della prova testimoniale, il COGNOME, pur non avendone ragione, si introdusse nell’ufficio in uso a NOME COGNOME, approfittando della sua assenza.
Il COGNOME rientrò dopo qualche minuto, e notò l’imputato uscire dalla stanza e darsi alla fuga.
La persona offesa vide subito dopo il portafogli aperto sulla scrivania (non nel borsello in cui era stato lasciato) e si accorse che il denaro che vi era custodito era stato sottratto.
Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
2.1. Con il primo motivo deduce violazione della legge processuale, poiché dall’omessa citazione dell’imputato in appello è derivata la nullità assoluta della sentenza impugnata.
La Corte di appello ha infatti notificato il decreto di citazione all’imputato presso il difensore e non, invece, nel domicilio eletto a partire dal 11 gennaio 2024 in Livigno, per come desumibile dall’ordine di esecuzione di pene concorrenti emesso dalla Procura Generale presso la Corte di appello di Perugia.
2.2. Con il secondo motivo lamenta violazione della legge penale e vizio della motivazione (anche nella forma del travisamento), per aver desunto la responsabilità del COGNOME dalle dichiarazioni del COGNOME, il quale non ha mai affermato di averlo visto nell’atto di impossessarsi del denaro, avendo solo espresso una propria personale convinzione, comunicandola poi all’altro testimone, l’infermiera NOME COGNOME.
In tal modo la Corte territoriale ha inoltre violato le regole di valutazione della prova indiziaria.
2.3. Con il terzo motivo lamenta vizio della motivazione e violazione di legge quanto alla mancata concessione delle attenuanti generiche, motivata su un dato inconferente quale i precedenti penali.
Deduce, inoltre, omessa motivazione quanto al riconoscimento della recidiva, la cui applicazione, poiché facoltativa, non può essere sostenuta attraverso il semplice riferimento alla biografia penale, come invece fatto dai giudici di merito.
Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta, e le parti hanno formulato, per iscritto, le conclusioni come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1.1. Il primo motivo è inammissibile.
All’esame della doglianza è utile premettere che in tema di impugnazioni, allorché sia dedotto, mediante ricorso per cassazione, un error in procedendo ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., la Corte di cassazione è giudice anche del fatto e, per risolvere la relativa questione, può accedere all’esame diretto degli atti processuali (secondo il pacifico orientamento risalente a Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092 – 01; conf., Sez. 3, n. 24979 del 22/12/2017, dep. 2018, F., Rv. 273525 – 01; Sez. 1, n. 8521 del 09/01/2013, NOME, Rv. 255304 – 01; Sez. 4, n. 47891 del 28/09/2004, NOME, Rv. 230568 01).
Dall’esame degli atti da parte del Collegio emerge che il ricorrente non ha eletto, nel corso del giudizio di appello, un domicilio diverso da quello dove fú eseguita la notifica, ovvero presso il difensore di fiducia; inoltre, quest’ultimo ha partecipato al giudizio e proposto il successivo ricorso, senza dedurre alcunché durante il processo di secondo grado.
L’ordine di esecuzione, che lo stesso ricorrente indica contenere l’indicazione del diverso domicilio, è infatti riferito ad altro procedimento.
Conseguentemente, l’eccezione, oltre a fondarsi su un presupposto di fatto inesistente, risulta anche tardivamente proposta (Sez. 5, n. 27546 del 03/04/2023, Brancolini, Rv. 284810 – 01).
1.2. Anche il secondo motivo è inammissibile, poiché in parte aspecifico ed in parte non consentito.
Diversamente da quanto si sostiene in ricorso, la responsabilità del ricorrente non è stata tratta dal solo fatto di averlo visto uscire dalla stanza in cui era custodito il denaro trafugato, ma anche dalla condotta tenuta successivamente: il ricorso, quindi, manca il confronto con la motivazione del provvedimento impugnato.
Ancor più a monte, le conformi decisioni di merito non affermano affatto che il ricorrente fu visto dalla persona offesa nell’atto di impossessarsi del denaro (ad es., p. 3 sentenza impugnata), quanto piuttosto che egli fu colto nel momento in cui si stava allontanando dal luogo in cui avvenne la sottrazione, dove il borsello venne lasciato incustodito solo per pochi minuti.
Quanto al dedotto travisamento per invenzione della prova orale (p. 6 ricorso), il vizio può essere dedotto con il ricorso per cassazione, nel caso di cosiddetta “doppia conforme”, sia nell’ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, sia quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 4, n. 35963 del 03/12/2020, COGNOME, Rv. 280155 – 01; Sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018, L., Rv. 272018 – 01; Sez. 4, n. 44765 del 22/10/2013, COGNOME, Rv. 256837 – 01).
Inoltre, la fonte di prova travisata deve essere connotata dall’ulteriore requisito della decisività.
Il ricorrente nulla deduce in ordine agli oneri su di lui incombenti su tali aspetti, né allega le prove che reputa travisate.
Difatti, spetta al deducente il travisamento non limitarsi a evidenziare la difformità, dovendo invece, in relazione ai contenuti diversi da quelli emergenti dalle sentenze di merito, procedere alla loro allegazione.
Quanto ai modi in cui la specifica indicazione degli “altri atti del processo”, con riferimento ai quali, l’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., configura il vizi di motivazione denunciabile in sede di legittimità, può essere soddisfatta, è sufficiente l’integrale riproduzione dell’atto nel testo del ricorso, l’allegazione i copia, o l’individuazione precisa ,dell’atto nel fascicolo processuale di merito, purché detti modi siano comunque tali da non costringere la Corte di cassazione ad una lettura totale degli atti, dandosi luogo altrimenti ad una causa di inammissibilità del ricorso, in base al combinato disposto degli artt. 581, comma 1, lett. d), e 591 cod. proc. pen. (Sez. 4, n. 3937 del 12/01/2021, COGNOME, Rv. 280384 – 01; conf., per la sanzione della inammissibilità del motivo proposto, Sez. 2, n. 20677 del 11/04/2017, COGNOME, Rv. 270071 – 01; Sez. 4, n. 46979 del 10/11/2015, COGNOME, Rv. 265053 – 01; Sez. 3, n. 43322 del 02/07/2014, COGNOME, Rv. 260994 – 01; Sez. 2, n. 26725 del 01/03/2013, NOME, Rv. 256723 – 01).
Né appare possibile allegare solo stralci delle deposizioni, che evidentemente rendono non consentita la verifica del vizio denunciato (ad es., p. 6 ricorso): qualora, infatti, la prova omessa o travisata abbia natura dichiarativa, il ricorrente
ha l’onere di riportarne integralmente il contenuto, non limitandosi ad estrapolarne alcuni brani ovvero a sintetizzarne il contenuto, giacché così facendo viene impedito al giudice di legittimità di apprezzare compiutamente il significato probatorio delle dichiarazioni e, quindi, di valutare l’effettiva portata del vizio dedotto (Sez. 5, n 13862 del 27/02/2025, COGNOME, non mass.; Sez. 5, n. 130 del 26/11/2024, dep. 2025, COGNOME, non mass.; Sez. 3, n. 19957 del 21/09/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269801 – 01; Sez. 4 n. 37982 del 26/06/2008, COGNOME, Rv. 241023 – 01).
Quanto alla dedotta violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. (pp. 5 e 6 ricorso), le Sezioni Unite hanno chiarito che è inammissibile il motivo con cui si deduca la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., anche se in relazione agli artt. 125 e 546, comma 1, lett. e), stesso codice, per censurare l’omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili, in quanto i limiti all’ammissibilità dell doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lettera c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027 – 04; Sez. 4, n. 31190 del 04/07/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 30812 del 28/05/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 2, n. 38676 del 24/05/2019, COGNOME, Rv. 277518 – 01; Sez. 6, n. 45249 del 08/11/2012, COGNOME, Rv. 254274 – 01; Sez. 1, n. 1088 del 26/11/1998, dep. 1999, Condello, Rv. 212248 – 01).
La mancata osservanza di una norma processuale ha rilevanza, infatti, solo in quanto sia stabilita a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità, diversamente da quanto accade per l’art. 192 cod. proc. pen.
Pertanto, una simile deduzione può essere fatta valere soltanto nei limiti indicati dalla lett. e) dell’art. 606 cod. proc. pen., ossia come mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulti dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti specificamente indicati nei motivi di gravame (Sez. 6, n. 4119 del 30/04/2019, dep. 2020, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 278196 – 02).
Il ricorrente, invece, se si eccettua il travisamento di cui si è detto, si limit ad affermare la violazione della regola di valutazione (pp. 4 e 5 ricorso), senza isolare, all’interno del testo della sentenza o da altri, una delle tre forme nella quali il vizio di motivazione può essere dedotto in sede di legittimità.
1.3. Il terzo motivo è in parte aspecifico ed in parte manifestamente infondato.
1.3.1. Quanto alle attenuanti generiche, il ricorrente lamenta che il diniego è stato fondato su una motivazione che non è conferente (p. 8).
La Corte territoriale ha disatteso la richiesta di concessione delle attenuanti generiche per l’assenza di elementi positivi di valutazione (che il ricorrente neppure indica), facendo inoltre riferimento ai plurimi precedenti penali, anche specifici (p. 4 sentenza impugnata).
Motivazione, quella dei giudici di merito, perfettamente in linea con consolidato orientamento di legittimità secondo il quale il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62-bis, disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non è più sufficiente il solo stato di incenSuratezza dell’imputato (cfr., Sez. 2, n. 42 del 19/12/2024, dep. 2025, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489 – 01; Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986 – 01; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, COGNOME, Rv. 260610 – 01).
1.3.2. Quanto alle doglianze relative al trattamento recidivante, la Corte di cassazione, nella sua più autorevole composizione, ha statuito che, in presenza di contestazione della circostanza aggravante della recidiva a norma di uno dei primi quattro commi dell’art. 99 cod. pen, è compito del giudice verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia sintomo effettivo di una più accentuata colpevolezza e della maggiore pericolosità del reo, avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il segno, alla qualità e al grado di offensività dei comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti e al livello di omogeneità esistente tra loro, all’eventuale occasionalità della ricaduta e ad ogni altro parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, e ciò al di là del mero ed indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali (Sez. U, n. 35838 del 27/5/2010, Calibè, Rv. 247838 – 01; già in precedenza Corte cost., sent. n. 192 del 5/06/2007; Corte cost., sent. n. 185 del 08/07/2015).
Lo specifico dovere di motivazione è stato ribadito dalle Sezioni unite anche in successivi interventi (da ultimo, Sez. U, n. 32318 del 30/03/2023, COGNOME, Rv. 284878 – 01, secondo cui è richiesta una specifica e adeguata motivazione; Sez. U, n. 5859 del 27/10/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 251690 – 01, secondo cui è richiesto al giudice uno specifico dovere di motivazione sia ove egli ritenga sia ove egli escluda la rilevanza della stessa; Sez. U, n. 20798 del 24/2/2011, COGNOME, Rv. 249664 – 01, secondo cui la recidiva richiede un accertamento, nel caso concreto, della relazione qualificata tra lo status e il fatto che deve risultare sintomatico, in relazione alla tipologia dei reati pregressi e all’epoca della loro consumazione, sia sul piano della colpevolezza che su quello della pericolosità sociale).
In altre parole, la recidiva non può essere considerata unicamente come espressione di uno status soggettivo del reo, delineato dai suoi precedenti penali.
Va infatti ribadito che il giudizio sulla recidiva deve essere compiuto alla luce non già di un astratto canone di pericolosità sociale, né tanto meno guardando alla recidiva in guisa di un mero «status soggettivo desumibile dal certificato penale ovvero dal contenuto dei provvedimenti di condanna emessi nei confronti di una persona» (Sez. 5, n. 46804, del 4/10/2021, Occhipinti, Rv. 282383-01), bensì sulla falsariga del concreto rapporto tra il fatto-reato per cui si procede e le pregresse condotte criminose dell’imputato.
Nella specie, la Corte territoriale (p. 4 sentenza impugnata), rispondendo all’analogo motivo di appello, e contrariamente a quanto indicato in ricorso (pp. 9 10), non si è limitata a fare generico riferimento ai (peraltro) numerosi precedenti penali, anche specifici, dell’imputato (già condannato, ad es., per il reato di rapina), ma ha formulato un giudizio di maggiore lesività e di accresciuta pericolosità criminale del ricorrente rispetto ai fatti già giudicati, valutandone anche la concatenazione temporale, così da ritenere che le condotte per cui è processo siano indicative di una accresciuta propensione a delinquere, sottolineando l’esistenza tra i fatti di una “relazione qualificata”.
Queste specifiche argomentazioni, che fanno corretta applicazione degli insegnamenti della Corte di cassazione, non sono in alcun modo censurate dal ricorrente.
Stante l’inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost., sent. n. 186 del 7 giugno 2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 14 ottobre 2025
liere estensore
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Il Presidente