Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35076 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35076 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a RAGUSA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/12/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto lette
il ricorso presentato da NOME COGNOME, le note difensive in data 5/9/2025, ritenuto che il primo motivo di ricorso, che deduce il vizio di violazione di legge e il vizio di mancanza di motivazione posta a base del giudizio di responsabilità per il reato di cui agli artt. 110, 56, 629 cod. pen., è indeducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
che il giudice di merito, con motivazione esente da vizi logici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento facendo corretta applicazione di argomenti giuridici ai fini della dichiarazione di responsabilità e della sussistenza del reato (si vedano, in particolare, pagg. 5-6 della sentenza impugnata, ove vengono indicati i requisiti in base ai quali ritenere sussistente la condotta di minaccia);
ritenuto che il quarto motivo, che deduce il vizio di violazione di legge e il vizio di carenza di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della desistenza volontaria ai sensi dell’art. 56, co.3, cod. pen., è anch’esso indeducibile in quanto reiterativo di doglianze già presentate in appello e, altresì, manifestamente infondato perché in palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità, ai quali il giudice di merito ha invece dato continuità (si veda pag. 7 della sentenza impugnata, ove si afferma che la desistenza volontaria ha luogo quando l’interruzione dell’azione criminosa sia la conseguenza di una autonoma e libera determinazione dell’agente e non di fattori esterni che abbiano impedito o reso vana la prosecuzione dell’azione, come, nella specie, la reazione della vittima : Sez. 1, n. 13104 del 13/12/2024, Rv. 287875);
ritenuto che anche il sesto motivo di ricorso, che deduce il vizio di violazione di legge e quello di manifesta illogicità della motivazione posta a base dell’applicazione della circostanza aggravante di cui all’art. 629, co. 2 cod. pen., è indeducibile e infondato perché basato su motivi reiterativi puntualmente disattesi dalla corte di merito sulla base di argomenti privi di vizi logici (cf pagg. 7-8 della medesima sentenza sulla prova della circostanza aggravante delle più persone riunite);
ritenuto che il secondo motivo, che deduce il vizio di violazione di legge con riferimento all’art. 111 Cost. e all’art. 6 C.E.D.U. in materia di giusto processo, è manifestamente infondato in quanto afferente alla prospettazione di enunciati
ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità (la Corte di merito ha fatto corretta applicazione dei principi generali secondo i quali le dichiarazioni della persona offesa, anche se costituita parte civile, possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di responsabilità, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca ed estrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Rv. 253214);
ritenuto che anche il quinto motivo, che deduce il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 603 cod. proc. pen. per la mancata riapertura del dibattimento in ordine all’assunzione di una testimonianza, deve ritenersi manifestamente infondato, giacché la Corte di merito si è adeguatamente pronunciata con argomentazioni prive di vizi logici (cfr. pag. 5 della sentenza impugnata, sulla sufficienza degli esiti dell’istruttoria ai fini della pronuncia condanna al di là di ogni ragionevole dubbio);
ritenuto infine che il terzo motivo di ricorso, che deduce carenza e illogicità della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità del ricorrente per il reato sopra indicato, è manifestamente infondato e non consentito in sede di legittimità perché tende ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha adeguatamente esplicitato le ragioni del suo convincimento (si vedano, in particolare, pagg. 6-7 della sentenza impugnata, ove si specifica il significato da attribuire ai riscontri probatori richiamati nella parte motiva per l’accertamento dell’intento estorsivo, tra i quali le dichiarazioni di due testi, i tabulati telefonici e gli snns);
che esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una ‘rilettura’ degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito (per tutte: Sez. U, n. 6402, del 30/4/1997, Dessimone, Rv. 207944);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 12 settembre 2025.