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Ricorso inammissibile: quando l’appello è infondato

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un imputato che invocava l’esimente della reazione ad un atto arbitrario. La Corte ha stabilito che il motivo era manifestamente infondato, poiché l’imputato non era stato coattivamente trattenuto, ma assicurato alle cinture di sicurezza da un’ambulanza per il trasporto, essendo privo di sensi. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: L’Analisi della Cassazione su un Appello Infondato

L’istituto del ricorso inammissibile rappresenta un fondamentale strumento di economia processuale, volto a filtrare le impugnazioni che mancano dei presupposti di legge. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito i contorni di questa figura, chiarendo come la manifesta infondatezza dei motivi porti inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con conseguenze economiche per il ricorrente. Il caso in esame offre uno spunto di riflessione sulla corretta interpretazione dei fatti e sull’applicazione delle norme penali sostanziali, come l’esimente della reazione ad atto arbitrario.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un ricorso per cassazione avverso una sentenza della Corte di Appello. Il ricorrente basava la sua intera difesa sull’applicazione dell’esimente prevista dall’art. 393-bis del codice penale, che esclude la punibilità per chi reagisce a un atto arbitrario di un pubblico ufficiale. Nello specifico, l’imputato sosteneva di essere stato vittima di una forma di contenimento coattivo.

Tuttavia, la ricostruzione operata dai giudici di merito, e confermata dalla Cassazione, era diametralmente opposta. L’uomo era stato soccorso da un’autoambulanza in stato di incoscienza. Il personale sanitario, seguendo le procedure standard per garantire la sicurezza del trasporto, lo aveva assicurato alla barella con le apposite cinture. Non si trattava, quindi, di un atto arbitrario o di una coercizione, ma di una misura di sicurezza necessaria e posta in essere a tutela della sua stessa incolumità.

La Decisione della Corte e il principio del ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su una valutazione netta: il motivo addotto dal ricorrente è stato giudicato non solo infondato, ma “manifestamente infondato”. Questo significa che la sua inconsistenza era evidente e palese, senza necessità di approfondite analisi.

Inoltre, la Corte ha sottolineato come il ricorso fosse meramente “riproduttivo di censura adeguatamente smentita dalla Corte di appello”. In altre parole, l’imputato non ha introdotto nuovi e validi argomenti, ma si è limitato a riproporre le stesse doglianze già esaminate e respinte con motivazioni congrue nel grado precedente. Questo comportamento processuale è una delle cause tipiche che portano alla declaratoria di inammissibilità.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Suprema Corte è chiara e si articola su due piani. Il primo riguarda il merito della questione: la Corte ha confermato la corretta valutazione dei giudici di appello nel distinguere tra un atto di contenimento coattivo e una misura di sicurezza sanitaria. L’uso delle cinture in ambulanza su un paziente incosciente non può in alcun modo essere qualificato come l'”atto arbitrario” richiesto dall’art. 393-bis c.p. per far scattare l’esimente. La pretesa del ricorrente era, quindi, basata su un palese travisamento della realtà fattuale.

Il secondo piano è di natura strettamente procedurale. L’inammissibilità del ricorso comporta specifiche conseguenze. La principale è la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. A ciò si aggiunge la condanna al versamento di una somma, in questo caso fissata in tremila euro, in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione pecuniaria serve a disincentivare la presentazione di ricorsi palesemente infondati o dilatori, che sovraccaricano inutilmente il sistema giudiziario. La Corte ha anche precisato un punto relativo alle spese della parte civile, chiarendo che la condanna a favore di quest’ultima scatta solo se ha svolto un’effettiva attività difensiva nel giudizio di Cassazione, cosa non avvenuta nella specie.

Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge. Quando un ricorso si basa su motivi manifestamente infondati, che distorcono la realtà dei fatti o ripropongono acriticamente censure già respinte, la sua sorte è segnata. La declaratoria di ricorso inammissibile non è solo un esito processuale, ma anche un monito: le impugnazioni devono essere sorrette da argomentazioni serie e giuridicamente apprezzabili, pena l’imposizione di sanzioni economiche a carico di chi abusa dello strumento processuale.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo presentato è stato ritenuto “manifestamente infondato” e si limitava a riproporre una censura già adeguatamente respinta dalla Corte di Appello.

Qual era l’argomento principale del ricorrente e perché non è stato accolto?
L’argomento principale era l’applicazione dell’esimente per reazione ad atto arbitrario (art. 393-bis c.p.). Non è stato accolto perché la Corte ha stabilito che essere assicurato con le cinture da un’ambulanza mentre si è privi di sensi costituisce una misura di sicurezza e non un atto arbitrario di coazione.

Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile?
La persona che presenta un ricorso dichiarato inammissibile viene condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, 3.000 euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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