Ricorso Inammissibile: Conseguenze di Motivi Generici e Tardivi
Quando si presenta un ricorso in Cassazione, la specificità e la pertinenza dei motivi sono fondamentali. Un’ordinanza recente della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile non solo venga respinto, ma comporti anche significative conseguenze economiche per il ricorrente. Il caso analizzato riguarda una condanna per tentato esercizio arbitrario delle proprie ragioni, originata da una disputa apparentemente banale sulla collocazione di alcuni vasi.
I Fatti di Causa
La vicenda giudiziaria trae origine da un conflitto tra vicini. Un soggetto, per tutelare quello che riteneva un proprio diritto, aveva agito per la rimozione di alcuni vasi posizionati vicino all’ingresso dell’abitazione della persona offesa. Inizialmente contestato come violenza privata (art. 610 c.p.), il reato è stato riqualificato sin dal primo grado di giudizio in tentato esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose, ai sensi degli artt. 56 e 393 del codice penale. Dopo la conferma della condanna in Corte d’Appello, l’imputato ha presentato ricorso per Cassazione.
I Motivi del Ricorso e la Decisione della Corte
L’imputato ha basato il suo ricorso su due argomenti principali:
1. L’assenza di un titolo legittimo in capo alla persona offesa per agire a tutela del proprio diritto, mettendo in discussione la sua facoltà di chiedere la rimozione dei vasi.
2. La non configurabilità del reato contestato, sostenendo la generica infondatezza dell’ipotesi delittuosa.
La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i motivi, dichiarando il ricorso totalmente inammissibile.
Analisi della Cassazione sul Ricorso Inammissibile
La Suprema Corte ha smontato le argomentazioni della difesa con precisione procedurale. Riguardo al primo punto, i giudici hanno rilevato che la questione sulla legittimità della persona offesa a pretendere la tutela non era mai stata sollevata nel precedente grado di giudizio (l’appello). Presentare un motivo per la prima volta in Cassazione lo rende inammissibile. Ad ogni modo, la Corte ha aggiunto che la doglianza era anche manifestamente infondata, poiché la tutela possessoria è garantita a prescindere da eventuali autorizzazioni amministrative all’occupazione di suolo pubblico, che non possono mai ledere i diritti di terzi.
Anche il secondo motivo è stato giudicato manifestamente infondato, in quanto la difesa si era limitata a una deduzione generica senza argomentare specificamente perché il reato non sussistesse nel caso concreto.
La Condanna alle Spese e il Ruolo della Parte Civile
Un aspetto interessante dell’ordinanza riguarda la condanna alle spese. Di norma, quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente è condannato a pagare le spese processuali e una somma alla Cassa delle ammende. Se la parte civile si è costituita e ha svolto un’attività difensiva, il ricorrente deve rifonderle anche le spese legali.
In questo caso, tuttavia, la Corte ha specificato che la parte civile si era limitata a chiedere la conferma della sentenza impugnata, senza contrastare in modo specifico i motivi del ricorso. Poiché non è stata svolta un’effettiva attività difensiva diretta a contrastare le pretese avversarie, la Corte non ha disposto la condanna al pagamento delle spese in favore della parte civile, ma ha condannato il ricorrente al solo pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano su principi cardine del processo penale. In primo luogo, il principio di devoluzione, secondo cui il giudice d’appello (e a maggior ragione quello di legittimità) può decidere solo sulle questioni specificamente sollevate con i motivi di impugnazione. Introdurre nuovi argomenti in Cassazione è proceduralmente scorretto e conduce all’inammissibilità. In secondo luogo, i motivi di ricorso devono essere specifici e non generici. Non basta affermare l’insussistenza di un reato; è necessario indicare con precisione le ragioni di fatto e di diritto che supportano tale tesi. Infine, la decisione riafferma la distinzione tra tutela petitoria (basata sulla proprietà o altro diritto reale) e tutela possessoria, chiarendo che quest’ultima protegge la situazione di fatto, ovvero il controllo materiale sul bene.
Conclusioni
Questa ordinanza sottolinea l’importanza di una strategia difensiva attenta e precisa sin dai primi gradi di giudizio. Presentare un ricorso inammissibile in Cassazione non è una mossa priva di conseguenze: comporta non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo di versare una somma significativa alla Cassa delle ammende. Per gli avvocati, è un monito a formulare motivi di impugnazione specifici, pertinenti e già dibattuti nei precedenti gradi, evitando argomentazioni generiche o tardive che non hanno alcuna possibilità di essere accolte.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
La Corte di Cassazione lo ha dichiarato inammissibile principalmente per due ragioni: un motivo era stato sollevato per la prima volta in quella sede, rendendolo proceduralmente inammissibile, mentre l’altro era stato formulato in modo troppo generico e ritenuto manifestamente infondato.
È possibile contestare in Cassazione il diritto della persona offesa ad agire se non lo si è fatto in Appello?
No. Secondo quanto stabilito in questa ordinanza, un motivo di ricorso che non è stato precedentemente sottoposto al giudice dell’appello (gravame) non può essere presentato per la prima volta in Cassazione e, pertanto, risulta inammissibile.
Perché il ricorrente non è stato condannato a pagare le spese legali alla parte civile?
Nonostante il ricorso sia stato dichiarato inammissibile, la condanna alle spese in favore della parte civile non è stata disposta perché quest’ultima non ha svolto un’attività difensiva attiva e specifica per contrastare i motivi del ricorso, ma si è limitata a chiedere la conferma della sentenza.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6907 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6907 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a PALERMO il 19/01/1969
avverso la sentenza del 16/04/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminato il ricorso di NOME e le conclusioni della parte civile in data 7 gennaio 2025;
OSSERVA
Ritenuto che il motivo con cui si deduce l’assenza di un titolo in capo alla persona offesa onde poter agire giudizialmente a tutela del diritto alla rimozione dei vasi collocati nei pre dell’ingresso alla propria abitazione è indeducibile in quanto mai posto in sede di gravame (pur essendo stato il reato già in primo.grado riqualificato ex artt. 56, 393 cod. pen. in luogo della iniziale contestazione ex art. 610 cod. pen.); che, nondimeno, la questione risulta manifestamente infondata, tenuto conto dell’accordata tutela possessoria in ipotesi come quelle verificatesi ed accertate, ciò a prescindere dall’esistenza o meno di una legittima autorizzazione all’occupazione del suolo pubblico, provvedimento che non può mai ledere la posizione dei terzi;
rilevato che manifestamente infondata risulta la generica deduzione attraverso cui si prospetta la non configurabilità dell’ipotesi delittuosa di cui all’art. 393 cod. pen. nella f tentata (tra le tante cfr. Sez. 6, n. 29260 del 17/05/2018, COGNOME, Rv. 273444);
osservato che, per consolidato principio di diritto, nel procedimento che si svolge dinanzi alla Corte di cassazione in camera di consiglio nelle forme previste dagli artt. 610 e 611 cod. proc. pen., quando il ricorso dell’imputato viene dichiarato per qualsiasi causa inammissibile, va disposta la condanna al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile solo allorché questa abbia effettivamente esplicato, nei modi e nei limiti consentiti, un’attività dir a contrastare la avversa pretesa a tutela dei propri interessi di natura civile risarcitoria (t tante, Sez. 7, n. 7425 del 28/01/2016, COGNOME, Rv. 265974); che nella specie, la parte civile che si è limitata a sollecitare la conferma della sentenza impugnata, senza contrastare specificamente i motivi di impugnazione proposti;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20/01/2025.