Ricorso Inammissibile: La Cassazione e la Particolare Tenuità del Fatto
Quando un ricorso inammissibile viene presentato alla Corte di Cassazione, le conseguenze possono essere significative. La Suprema Corte, con una recente ordinanza, ha chiarito i contorni della manifesta infondatezza e dell’aspecificità del ricorso, specialmente in relazione alla richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Analizziamo una decisione che offre importanti spunti sulla valutazione della pericolosità della condotta e sul peso dei precedenti penali.
I Fatti del Caso
Un individuo veniva condannato dalla Corte d’Appello alla pena di quattro mesi e venti giorni di arresto, oltre a un’ammenda di 1.000 euro, per il reato previsto dall’art. 4 della Legge n. 110/1975, ovvero il porto di armi od oggetti atti ad offendere. La condanna di secondo grado riformava parzialmente quella di primo grado. L’imputato, non soddisfatto della decisione, decideva di proporre ricorso per cassazione, affidandosi al proprio difensore.
Il Motivo del Ricorso: Violazione di Legge e Tenuità del Fatto
Il nucleo centrale del ricorso si basava sulla presunta violazione di legge da parte della Corte d’Appello. Secondo la difesa, i giudici di secondo grado si erano limitati a ripetere le argomentazioni del tribunale nel respingere la richiesta di assoluzione ai sensi dell’art. 131-bis del codice penale (particolare tenuità del fatto), senza un’autonoma e approfondita valutazione. L’obiettivo era ottenere il riconoscimento che il fatto, per le sue modalità, fosse da considerarsi talmente lieve da non meritare una sanzione penale.
La Decisione della Cassazione: Un Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su due pilastri: la manifesta infondatezza e l’aspecificità dei motivi presentati. In sostanza, la Suprema Corte ha ritenuto che l’atto di impugnazione non fosse idoneo a superare il vaglio di ammissibilità, non solo per il modo in cui era stato formulato, ma anche per la palese inconsistenza delle sue argomentazioni.
Le Motivazioni della Corte
La Corte ha articolato la propria decisione sulla base di diverse considerazioni cruciali.
In primo luogo, il ricorso è stato giudicato aspecifico perché si limitava a riproporre le stesse doglianze già avanzate in appello, senza confrontarsi criticamente con la motivazione della sentenza impugnata. Un ricorso in Cassazione deve attaccare specificamente le ragioni della decisione che contesta, non può essere una mera riproduzione di argomenti precedenti.
Nel merito, la Corte ha sottolineato come la motivazione della Corte d’Appello fosse congrua e non illogica. I giudici di secondo grado avevano correttamente evidenziato la pericolosità intrinseca della condotta dell’imputato, il quale portava con sé ben due oggetti pericolosi: uno qualificabile come strumento da punta e taglio e un altro chiaramente utilizzabile per l’offesa alla persona.
L’elemento decisivo, tuttavia, è stato il profilo soggettivo dell’imputato. La Corte ha dato grande peso ai numerosi precedenti penali a suo carico, alcuni dei quali per reati caratterizzati dall’uso della violenza. Questi precedenti, secondo i giudici, non erano semplici macchie sulla fedina penale, ma indicatori di una chiara inclinazione a delinquere. Tale inclinazione è, per legge, una delle cause ostative all’applicazione del beneficio della particolare tenuità del fatto previsto dall’art. 131-bis c.p. La condotta, quindi, non poteva essere considerata un episodio isolato e di minima gravità, ma andava inserita in un contesto di abituale illegalità.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza ribadisce alcuni principi fondamentali del diritto processuale e penale. Innanzitutto, un ricorso, per essere ammissibile, deve essere specifico e dialogare criticamente con la sentenza che intende demolire. La semplice riproposizione di motivi già respinti porta quasi inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità.
In secondo luogo, la valutazione sulla particolare tenuità del fatto non è un mero automatismo legato alla pena edittale del reato, ma un giudizio complesso che tiene conto sia della gravità oggettiva della condotta, sia della personalità dell’autore. La presenza di precedenti penali specifici e indicativi di una tendenza a commettere reati rappresenta un ostacolo quasi insormontabile per ottenere tale beneficio. La decisione conferma che la giustizia penale deve valutare non solo il singolo fatto, ma anche il contesto e il percorso di vita del soggetto che lo ha commesso, specialmente quando si tratta di concedere istituti premiali.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza e aspecificità, in quanto si limitava a ripetere le argomentazioni già presentate in appello, senza confrontarsi specificamente con la motivazione della sentenza impugnata.
Per quale motivo non è stata applicata la particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
La particolare tenuità del fatto non è stata applicata perché la condotta è stata ritenuta pericolosa (l’imputato portava due oggetti atti ad offendere) e, soprattutto, perché l’imputato aveva numerosi precedenti penali, anche per reati violenti, che dimostravano una sua inclinazione a delinquere, condizione che osta all’applicazione del beneficio.
Quali sono state le conseguenze economiche della dichiarazione di inammissibilità?
L’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9051 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9051 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MONZA il 31/08/1997
avverso la sentenza del 17/10/2024 della Corte d’appello di Milano
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME per mezzo del suo difensore avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso contro la sentenza emessa in data 17 ottobre 2024 con cui la Corte di appello di Milano, parzialmente riformando la sentenza di primo grado, lo ha condannato alla pena di mesi quattro e giorni venti di arresto ed euro 1.000 di ammenda per il reato di cui all’art. 4 legge n. 110/1975 accertato il 24 ottobre 2021;
rilevato che il ricorrente deduce la violazione di legge, per avere la Corte di appello ripetuto le argomentazioni del giudice di primo grado in merito al rigetto della richiesta di assoluzione ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen.;
ritenuto che il ricorso sia inammissibile per manifesta infondatezza e aspecificità, in quanto si limita a ripetere il contenuto del motivo di appello indicato, senza confrontarsi con la sentenza impugnata, che ha esaminato detto motivo e lo ha ritenuto infondato, con motivazione congrua e non illogica, soprattutto evidenziando che il ricorrente portava con sé due oggetti pericolosi, l’uno qualificabile come strumento da punta e taglio e l’altro sicuramente utilizzabile per l’offesa alla persona, e valutando tale condotta come particolarmente pericolosa, anche perché tenuta da un soggetto gravato da numerosi precedenti penali, anche per reati caratterizzati dall’uso della violenza, che ne evidenziano l’inclinazione a delinquere;
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20 febbraio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente