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Ricorso inammissibile: quando l’appello è generico

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile in un caso di guida in stato di ebbrezza. La decisione si fonda sulla genericità dei motivi di appello, che si limitavano a riproporre le stesse argomentazioni del grado precedente senza confrontarsi specificamente con la motivazione della sentenza impugnata. Questo caso sottolinea l’importanza di una critica argomentata e puntuale per la validità di un’impugnazione.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: perché la critica generica non basta

Nel complesso mondo della procedura penale, presentare un ricorso è un’arte che richiede precisione e specificità. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ci offre una lezione fondamentale su questo tema, dichiarando un ricorso inammissibile perché i motivi addotti erano una mera riproposizione di doglianze già sollevate, senza un reale confronto con la sentenza d’appello. Analizziamo insieme questa decisione per capire perché una critica generica non è sufficiente per ottenere una revisione del giudizio.

I fatti del caso: dalla condanna per guida in stato di ebbrezza al ricorso

Il caso ha origine da una condanna emessa dal Tribunale e confermata dalla Corte d’Appello nei confronti di un automobilista. L’imputato era stato ritenuto colpevole del reato di guida in stato di ebbrezza, aggravato dall’aver provocato un incidente stradale, e condannato a otto mesi di arresto e duemila euro di ammenda.

Non soddisfatto della decisione di secondo grado, l’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per Cassazione, basandolo su tre motivi principali:
1. Errata applicazione della legge sul bilanciamento tra attenuanti generiche e aggravanti.
2. Mancata motivazione sulla determinazione della pena.
3. Contraddittorietà della motivazione sui criteri utilizzati per stabilire l’entità della sanzione.

L’analisi della Corte: perché il ricorso è inammissibile?

La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi e ha concluso per la loro inammissibilità. La ragione è tanto semplice quanto cruciale: il ricorso non era altro che una ripetizione delle stesse lamentele già presentate nell’atto di appello.

Secondo la Suprema Corte, la funzione tipica di un’impugnazione è quella di muovere una critica argomentata al provvedimento che si contesta. Questo significa che non basta lamentarsi in modo generico, ma è necessario confrontarsi in modo puntuale e specifico con le argomentazioni sviluppate dal giudice nel provvedimento impugnato. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva ampiamente motivato sia sul bilanciamento delle circostanze sia sui criteri di determinazione della pena, ma il ricorrente ha ignorato tali spiegazioni, limitandosi a riproporre le medesime questioni.

Il principio del confronto puntuale: un requisito essenziale

Questa ordinanza ribadisce un principio consolidato nella giurisprudenza: un ricorso inammissibile è tale quando si limita a replicare i motivi già respinti nel grado precedente senza un confronto critico con la motivazione della sentenza impugnata. L’atto di impugnazione deve indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sostengono la richiesta, instaurando un dialogo diretto con la decisione che si intende contestare.

Se i motivi di ricorso non si confrontano con la motivazione della sentenza, l’impugnazione perde la sua funzione essenziale, che è quella di criticare il provvedimento, e si trasforma in una lamentela generica, destinata all’inammissibilità.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha chiarito che il contenuto essenziale di un’impugnazione è il confronto puntuale con le argomentazioni del provvedimento contestato, indicando le ragioni di dissenso. Riprodurre e reiterare gli stessi motivi già motivatamente respinti in secondo grado, lamentando in modo generico una presunta carenza o illogicità della motivazione, non soddisfa i requisiti di legge. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

Conclusioni

La decisione in esame è un monito importante per chiunque intenda impugnare un provvedimento giudiziario. Non è sufficiente essere in disaccordo con una sentenza; è indispensabile articolare una critica precisa, specifica e pertinente alle motivazioni del giudice. La mancata osservanza di questo principio non solo rende vana l’impugnazione, ma comporta anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie. La specificità dei motivi non è un mero formalismo, ma l’essenza stessa del diritto di difesa.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte nel precedente grado di giudizio, senza confrontarsi criticamente con le specifiche motivazioni della sentenza d’appello impugnata.

Qual è la funzione principale di un atto di impugnazione secondo la Corte?
Secondo la Corte, la funzione tipica dell’impugnazione è quella di svolgere una critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Ciò richiede un confronto puntuale con le argomentazioni della decisione contestata, indicando specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto a sostegno della richiesta.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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