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Ricorso inammissibile: quando l’appello è generico

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato contro una condanna per l’esercizio dell’attività di parcheggiatore abusivo. L’appello è stato giudicato un ‘non motivo’ in quanto formulato in modo generico e astratto, senza critiche specifiche alla sentenza impugnata. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: La Cassazione e il dovere di specificità

Presentare un’impugnazione in ambito penale richiede precisione e aderenza ai fatti. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ci ricorda le gravi conseguenze di un ricorso inammissibile, ovvero un atto talmente generico da essere considerato un ‘non motivo’. In questo articolo, analizzeremo una decisione che ha confermato una condanna per l’esercizio abusivo dell’attività di parcheggiatore, evidenziando perché la specificità dei motivi di ricorso non è un mero formalismo, ma un requisito essenziale di giustizia.

I Fatti del Caso

Un soggetto veniva condannato in primo e secondo grado per la contravvenzione di parcheggiatore abusivo, prevista dall’art. 7, comma 15-bis, del Codice della Strada. La Corte d’Appello di Palermo aveva confermato la responsabilità penale dell’imputato.

Contro questa decisione, la difesa proponeva ricorso per cassazione, lamentando una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione. Secondo il ricorrente, i giudici di merito avrebbero ‘errato la valutazione del dato storico processuale’ e applicato ‘erroneamente la legge penale’, giungendo a una sentenza ‘illogica ed incongruente’. Le censure, tuttavia, venivano formulate in termini estremamente ampi e astratti, senza un confronto diretto e puntuale con le argomentazioni della sentenza impugnata.

La Decisione sul ricorso inammissibile

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile senza neppure entrare nel merito delle questioni sollevate. La decisione si fonda su un principio cardine del diritto processuale penale: un’impugnazione, per essere valida, deve contenere critiche specifiche, pertinenti e direttamente collegate alla decisione che si intende contestare.

Il ricorso presentato, invece, si limitava a una sequenza di affermazioni generiche e postulati teorici, intervallati da citazioni di altre sentenze, ma privi di qualsiasi riferimento concreto all’apparato motivazionale della sentenza della Corte d’Appello. In altre parole, la difesa non spiegava perché e in quali punti specifici la sentenza fosse errata, ma si limitava a denunciare un errore in via del tutto generale. Questo tipo di impugnazione è stato qualificato dalla Corte come un ‘non motivo’, ovvero una censura talmente evanescente da essere considerata giuridicamente inesistente.

Le Motivazioni della Suprema Corte

Le motivazioni della Corte di Cassazione sono chiare e didattiche. I giudici hanno sottolineato che un ricorso non può essere una mera enunciazione di dissenso. Al contrario, deve articolare una critica ragionata, confrontandosi punto per punto con la logica della decisione impugnata. L’atto di impugnazione deve possedere un ‘contenuto essenziale’ che, nel caso di specie, era totalmente assente.

La Corte ha richiamato la propria giurisprudenza consolidata (tra cui le Sezioni Unite ‘Galtelli’), secondo cui i motivi di ricorso devono essere specifici e non possono risolversi in critiche astratte. La formulazione di un ‘non motivo’ non attiva il potere del giudice di esaminare la questione, portando inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

La pronuncia ha conseguenze pratiche rilevanti. Dichiarando il ricorso inammissibile, la Corte non solo ha reso definitiva la condanna, ma ha anche condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione pecuniaria è prevista dall’art. 616 del codice di procedura penale e serve a sanzionare l’abuso dello strumento processuale, ovvero l’aver adito la Corte con un’impugnazione palesemente infondata.

Questa ordinanza ribadisce un messaggio fondamentale per avvocati e assistiti: l’impugnazione è un diritto serio, non un tentativo generico di rimettere in discussione una sentenza sfavorevole. La redazione di un ricorso richiede studio, precisione e la capacità di individuare e argomentare vizi specifici. In mancanza, il risultato non sarà solo la sconfitta processuale, ma anche un aggravio di costi significativo.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché era formulato in modo generico, astratto e aspecifico. Mancava di qualsiasi riferimento concreto alle motivazioni della sentenza impugnata, limitandosi a enunciare critiche generali e a riportare massime giurisprudenziali non pertinenti al caso specifico.

Cosa significa che un motivo di ricorso è un ‘non motivo’?
Un ‘non motivo’ è una censura che, per la sua estrema genericità e astrattezza, è considerata dalla Corte come giuridicamente inesistente. Non è una critica specifica alla decisione, ma una mera sequenza di postulati teorici che non si confronta con il ragionamento del giudice che ha emesso la sentenza.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver presentato un’impugnazione palesemente infondata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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