Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8816 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8816 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a AOSTA il 18/07/1991
avverso la sentenza del 10/07/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
– che, con l’impugnata sentenza, la Corte di appello di Torino ha confermato la condanna inflitta COGNOME NOME per i reati di cui agli artt. 495 cod. pen. e 76 L. 159/2011 (fatti commessi in Torino il 22 marzo 2020);
che l’atto di impugnativa consta di due motivi;
che con memoria trasmessa tramite PEC in Cancelleria in data 5 febbraio 2025, quindi tardivamente (secondo quanto stabilito da Sez. 7, n. 7852 del 16/07/2020, dep. 2021, Rv. 281308), il difensore del ricorrente ha indicato le ragioni a sostegno dell’ammissibilità dei motiv
CONSIDERATO IN DIRITTO
– che il primo motivo, che denuncia vizio di motivazione in punto di affermazione della responsabilità del ricorrente, è affidato a doglianze generiche, poiché meramente riproduttive di censure già adeguatamente vagliate e correttamente disattese dai giudici di merito (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Rv. 277710; Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, Rv. 231708) (vedasi pag. 1 della sentenza impugnata, in cui la Corte territoriale ha congruamente dato conto di come l’identificazione dell’imputato, come colui che aveva declinato le false generalità del fratel fosse avvenuta negli uffici di polizia in maniera certa, perché effettuata tramite la sua scheda d sua fotosegnalamento e il codice CUI), e non consentite nel giudizio di legittimità, in quanto unicamente dirette a sollecitare una preclusa rivalutazione e/o alternativa lettura delle font probatorie, al di fuori dell’allegazione di loro specifici, decisivi ed inopinabili travisamenti U, n. 12 del 31/05/2000, Rv. 216260 e n. 6402 del 30/04/1997, Rv. 207944), come pure sarebbe stato necessario in presenza di un apparato giustificativo della decisione, desunto dalle conformi sentenze di merito nel loro reciproco integrarsi (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Rv. 257595), che non si espone a rilievi di illogicità di macroscopica evidenza (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Rv. 214794);
che il secondo motivo, che censura l’operata graduazione della pena nonché il diniego di concessione delle circostanze attenuanti generiche in regime di prevalenza sulla recidiva, la quale sarebbe stata in ogni caso illegittimamente applicata, oltre che essere generico, perché privo di confronto critico con il tenore della motivazione al riguardo rassegnata (che evidenziava come per divieto di legge le circostanze attenuanti generiche non potessero essere poste in equivalenza alla recidiva ex ad 99, comma 4, cod. pen. e come l’appellante fosse in ogni caso soggetto di spiccata pericolosità) prospetta questioni non consentite nel giudizio di legittimità comunque, manifestamente infondate, posto che la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli ar 132 e 133 cod. pen., con la conseguenza che è inammissibile la doglianza che in Cassazione miri ad una nuova valutazione della sua congruità ove la relativa determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 – dep. 04/02/2014, Rv. 259142; Sez. 3, n. 1182 del 17/10/2007 – dep. 11/01/2008, Rv. 238851) e che, per diritto vivente, le statuizioni relative al giudizio comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitr o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idone realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, Rv. 245931);
rilevato, dunque, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 12 febbraio 2025
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Il Consigliere estensore
Il Presidente