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Ricorso inammissibile: quando l’appello è generico

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per false generalità. La decisione si fonda sulla genericità dei motivi, che si limitavano a riproporre censure già esaminate e a chiedere una nuova valutazione dei fatti e della pena, attività preclusa nel giudizio di legittimità. La sentenza sottolinea come l’appello debba contenere critiche specifiche e non mere doglianze astratte.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: quando l’appello è generico e riproduttivo

Quando si presenta un ricorso in Cassazione, è fondamentale che i motivi siano specifici e critici nei confronti della sentenza impugnata. Un recente caso esaminato dalla Suprema Corte offre un chiaro esempio di come la genericità delle argomentazioni porti a una declaratoria di ricorso inammissibile, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria. Analizziamo questa ordinanza per comprendere i limiti del giudizio di legittimità e i requisiti di un’impugnazione efficace.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un individuo condannato dalla Corte di Appello di Torino per i reati di false attestazioni a un pubblico ufficiale (art. 495 c.p.) e violazione delle norme in materia di misure di prevenzione. L’imputato, durante un controllo, aveva fornito le generalità del fratello. La sua reale identità era stata poi accertata con certezza presso gli uffici di polizia.

Contro questa sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, basando la sua difesa su due motivi principali: uno relativo all’affermazione della sua responsabilità e l’altro concernente la determinazione della pena e il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche in prevalenza sulla recidiva.

L’Analisi della Corte e il ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha esaminato entrambi i motivi, concludendo per la loro manifesta infondatezza e genericità, dichiarando di conseguenza il ricorso inammissibile.

Il Primo Motivo: La Genericità della Censura sulla Responsabilità

Il primo motivo di ricorso contestava la ricostruzione dei fatti che aveva portato all’affermazione di colpevolezza. Tuttavia, la Corte ha rilevato che le argomentazioni presentate erano meramente riproduttive di censure già esaminate e correttamente respinte dai giudici di merito.

La Cassazione ha ribadito un principio cardine: il giudizio di legittimità non è un terzo grado di merito. Non si può chiedere alla Suprema Corte di rivalutare le prove (come le modalità di identificazione dell’imputato) o di scegliere una lettura alternativa dei fatti. Un ricorso è ammissibile solo se evidenzia vizi logici macroscopici o travisamenti specifici e decisivi delle prove, cosa che in questo caso non è avvenuta. Le doglianze erano generiche e non si confrontavano criticamente con la solida motivazione della sentenza d’appello.

Il Secondo Motivo: La Discrezionalità del Giudice sulla Pena

Anche il secondo motivo, relativo alla graduazione della pena e al bilanciamento delle circostanze, è stato giudicato inammissibile. La determinazione della sanzione rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che deve esercitarla seguendo i criteri degli artt. 132 e 133 del codice penale.

La Cassazione può sindacare tale valutazione solo se è frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico, non se l’imputato semplicemente non è d’accordo con la pena inflitta. Inoltre, la Corte ha sottolineato come la sentenza impugnata avesse correttamente evidenziato un divieto di legge (art. 99, comma 4, c.p.) che impediva, nel caso specifico di recidiva contestata, di considerare le attenuanti generiche equivalenti o prevalenti. Pertanto, anche questa censura era manifestamente infondata.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Corte si fonda su principi consolidati della procedura penale. Un ricorso per Cassazione, per non essere dichiarato inammissibile, deve possedere un alto grado di specificità. Non può limitarsi a ripetere argomenti già vagliati nei gradi precedenti né può trasformarsi in una richiesta di riesame del compendio probatorio. Il ricorrente ha l’onere di individuare errori di diritto o vizi logici manifesti nella motivazione della sentenza impugnata, confrontandosi criticamente e puntualmente con essa.

In questo caso, l’impugnazione è stata giudicata carente sotto entrambi i profili. Le censure erano astratte, non specifiche e miravano a ottenere una nuova valutazione nel merito, compito che esula completamente dalle funzioni della Corte di Cassazione.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame rappresenta un monito importante per la difesa tecnica. Per avere successo in Cassazione, un ricorso non può essere una semplice riproposizione delle argomentazioni d’appello. È necessario un lavoro di analisi critica della sentenza impugnata, volto a scovare specifici vizi di legittimità. La genericità e la richiesta di una nuova valutazione dei fatti conducono inevitabilmente a una declaratoria di ricorso inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in 3.000,00 euro.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano generici, si limitavano a riprodurre censure già respinte nei gradi di merito e chiedevano una rivalutazione delle prove e dei fatti, attività che non è consentita nel giudizio di legittimità della Corte di Cassazione.

La Corte di Cassazione può modificare la pena decisa dal giudice di merito?
No, la Corte di Cassazione non può modificare la pena a meno che la decisione del giudice di merito non sia frutto di puro arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico. La quantificazione della pena è una valutazione discrezionale del giudice che ha esaminato i fatti, e il controllo della Cassazione è limitato alla correttezza giuridica e logica della motivazione.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la conferma definitiva della sentenza impugnata. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso 3.000,00 Euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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