Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38021 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38021 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PRATO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/12/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 7 dicembre 2023 la Corte di appello di Firenze ha confermato la pronuncia del locale Tribunale del 21 giugno 2023 con cui NOME era stato condannato alla pena di anni uno, mesi quattro di reclusione ed euro 240,00 di multa in ordine ai reati di cui agli artt. 385, comma 3, cod. pen. (capo A); 624, 625 n. 2 cod. pen. (capo B); 624, 625 nn. 2 e 7 cod. pen. (capo C); 707 cod. pen. (capo D).
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con due distinti motivi: vizio di motivazione in ordine all’omessa concessione delle circostanze attenuanti generiche in giudizio di prevalenza sulle contestate aggravanti; vizio di motivazione con riguardo al mancato riconoscimento della circostanza attenuante prevista dall’art. 62 n. 4 cod. pen.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
2.1. Ed infatti, con riguardo alla prima censura, deve essere osservato come essa sia priva di adeguato confronto con le argomentazioni poste a sostegno della decisione impugnata.
La Corte di appello, infatti, ha ben rappresentato e giustificato, in punto di diritto (cfr. p. 4 della sentenza impugnata), le ragioni per cui il giudice secondo grado ha ritenuto di negare il riconoscimento del beneficio ex art. 62-bis cod. pen. all’imputato in giudizio di prevalenza sulle contestate aggravanti, esprimendo una motivazione priva di vizi logici e coerente con le emergenze processuali, in quanto tale insindacabile in sede di legittimità.
A tale proposito, infatti, è sufficiente fare richiamo al consolidato principio espresso da questa Corte di legittimità, per cui le statuizioni relative al giudizio d comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (cfr., i questi termini: Sez. 2, n. 31543 del 08/06/2017, COGNOME, Rv. 270450-01; Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931-01).
2.2. Parimenti inammissibile è la seconda doglianza eccepita dal ricorrente, atteso che essa, lungi dal confrontarsi con la motivazione resa dalla Corte di merito (cfr. p. 4) in replica alle analoghe doglianze dedotte con l’atto di appello,
di fatto reiteri le medesime considerazioni critiche espresse nel precedente atto impugnatorio, proposto avverso la sentenza di primo grado.
Per come chiarito da questa Corte di legittimità (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584-01), la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione, cioè, è innanzitutto e indefettibilimente il confronto puntuale (cioè con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. Risulta di chiara evidenza, pertanto, che se il motivo di ricorso, come nel caso in esame, non si confronta con la motivazione della decisione impugnata, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento).
E’ inammissibile, quindi, il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (così, tra le altre: Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME, Rv. 243838-01).
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 10 luglio 2024
Il Consigliere estensore
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