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Ricorso inammissibile: quando l’appello è generico

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per guida in stato di ebbrezza. Il motivo è che il ricorso si limitava a ripetere le stesse argomentazioni del precedente appello, senza confrontarsi criticamente con le motivazioni della sentenza della Corte d’Appello. La Corte ribadisce che la funzione dell’impugnazione è la critica argomentata al provvedimento e non la mera riproposizione di motivi già vagliati. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: La Cassazione chiarisce i requisiti dell’impugnazione

Presentare un ricorso è un diritto fondamentale, ma deve seguire regole precise per essere efficace. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda un principio cruciale: un ricorso inammissibile è quello che si limita a ripetere argomenti già esposti, senza un confronto specifico con le motivazioni della sentenza che si intende contestare. Analizziamo insieme questo caso, che parte da una condanna per guida in stato di ebbrezza ma offre una lezione fondamentale sulla tecnica processuale.

Il caso: dalla condanna per guida in ebbrezza al ricorso in Cassazione

La vicenda inizia con la condanna di un automobilista da parte del Tribunale per il reato di guida in stato di ebbrezza, aggravato da diverse circostanze. La Corte d’Appello, in un secondo momento, riforma parzialmente la sentenza, annullando la confisca del veicolo ma confermando la pena principale: un anno di arresto e 3.000 euro di ammenda.

L’imputato, non soddisfatto della decisione, decide di presentare ricorso per Cassazione. Attraverso il suo difensore, solleva un unico motivo: una presunta violazione di legge legata al funzionamento dell’etilometro, strumento con cui era stato accertato il suo stato di alterazione. Secondo la difesa, la Corte d’Appello avrebbe errato nel considerare corretto l’esito del test.

L’analisi del ricorso inammissibile da parte della Corte

La Corte di Cassazione, esaminando il ricorso, lo dichiara immediatamente inammissibile. La ragione non risiede nel merito della questione sull’etilometro, ma in un vizio procedurale ben più radicale. I giudici supremi osservano che il ricorso si limita a riproporre le stesse identiche critiche già sollevate nell’atto di appello contro la sentenza di primo grado.

In altre parole, l’imputato non ha sviluppato una critica puntuale e specifica contro la motivazione della sentenza della Corte d’Appello. Invece di spiegare perché i giudici di secondo grado avessero sbagliato nel loro ragionamento, ha semplicemente ‘copiato e incollato’ le doglianze precedenti. Questo comportamento processuale rende il ricorso inammissibile perché privo della sua funzione essenziale.

La funzione della critica argomentata

La Corte ribadisce un principio consolidato nella giurisprudenza: la funzione tipica di un’impugnazione è quella della ‘critica argomentata’. Chi impugna un provvedimento deve confrontarsi in modo puntuale con le argomentazioni del giudice che lo ha emesso. Deve indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sostengono la sua richiesta di riforma, evidenziando il dissenso rispetto alla motivazione contestata.

Se il ricorso, come in questo caso, ignora completamente la motivazione della sentenza impugnata e si limita a reiterare vecchi argomenti, viene meno la sua unica funzione. Non si tratta più di un’impugnazione, ma di una sterile ripetizione che non può essere esaminata nel merito.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sugli articoli 581 e 591 del codice di procedura penale, che stabiliscono i requisiti di ammissibilità delle impugnazioni. La giurisprudenza citata nell’ordinanza è costante nel definire inammissibile il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi già presentati in appello e motivatamente respinti in secondo grado. Il ricorso deve contenere un ‘quid novi’, ovvero un confronto dialettico con la sentenza d’appello, non una sua semplice elusione. La Corte sottolinea che, mancando questo confronto, l’atto perde la sua funzione di critica e si destina inevitabilmente all’inammissibilità.

Le conclusioni

La decisione si conclude con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, viene condannato a versare una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende, una sanzione prevista per legge quando il ricorso è rigettato senza che vi siano ragioni di esonero. Questa ordinanza rappresenta un monito importante: nel processo penale, ogni fase richiede un approccio specifico. Impugnare una sentenza non significa solo ripetere le proprie ragioni, ma dimostrare, con argomenti pertinenti e mirati, perché la decisione precedente è errata.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si limitava a ripetere le medesime considerazioni critiche già espresse nel precedente atto di appello, senza confrontarsi con la motivazione della sentenza impugnata, venendo così meno la sua funzione di critica argomentata.

Qual è la funzione tipica di un atto di impugnazione secondo la Corte?
Secondo la Corte, la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. L’atto deve contenere un confronto puntuale con le argomentazioni della decisione contestata, indicando specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che fondano il dissenso.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
In seguito alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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