Ricorso Inammissibile: Quando la Genericità Costa Cara
Un ricorso inammissibile può avere conseguenze significative, non solo processuali ma anche economiche. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come la mancanza di specificità nei motivi di impugnazione possa portare al rigetto del ricorso e a una condanna pecuniaria. Analizziamo insieme questa decisione per comprendere i principi applicati dai giudici e le lezioni pratiche che se ne possono trarre.
I fatti del caso e la decisione di merito
Il caso trae origine da una condanna per il reato di cui all’art. 494 del Codice Penale. L’imputato, ritenuto responsabile in primo grado, vedeva la sua pena ridotta in appello, ma la condanna nel merito veniva confermata. Non soddisfatto della determinazione della pena, decideva di ricorrere alla Corte di Cassazione, lamentando un vizio di motivazione. In particolare, sosteneva che la Corte d’Appello non avesse adeguatamente giustificato lo scostamento della pena dal minimo previsto dalla legge (il cosiddetto “minimo edittale”).
Il ricorso inammissibile secondo la Cassazione
L’unico motivo di ricorso presentato verteva sulla presunta carenza di motivazione riguardo al trattamento sanzionatorio. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ritenuto questo motivo “generico e manifestamente infondato”. Questa valutazione si fonda sul fatto che la Corte d’Appello aveva, in realtà, fornito una motivazione congrua e logica, basata sui criteri stabiliti dall’articolo 133 del Codice Penale. I giudici di merito avevano infatti considerato elementi preponderanti quali la gravità del reato, i precedenti penali specifici dell’imputato e la sua capacità a delinquere. La Cassazione ha ribadito che il percorso logico seguito dal giudice non può essere censurato attraverso la semplice e generica prospettazione di elementi di fatto che, secondo la difesa, avrebbero meritato una valutazione diversa.
Le motivazioni della decisione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fondando la sua decisione su un principio consolidato in giurisprudenza: i motivi di ricorso devono essere specifici e non limitarsi a una critica generica della decisione impugnata. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva esercitato il proprio potere discrezionale nella determinazione della pena in modo corretto, ancorando la sua decisione a elementi concreti e pertinenti, come richiesto dall’art. 133 c.p. La critica del ricorrente è stata giudicata insufficiente a scalfire la logicità della motivazione, trasformandosi in una richiesta di rivalutazione del merito, inammissibile in sede di legittimità. Di conseguenza, la Corte ha applicato l’articolo 616 del Codice di Procedura Penale, che prevede, in caso di inammissibilità, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. L’ammontare di tremila euro è stato ritenuto equo in ragione della “evidente inammissibilità dell’impugnazione”, che configura un profilo di colpa in capo al ricorrente.
Le conclusioni
Questa ordinanza sottolinea un’importante lezione per la pratica legale: la redazione di un atto di impugnazione richiede precisione e specificità. Non è sufficiente lamentare genericamente una motivazione inadeguata; è necessario individuare con esattezza le lacune o le contraddizioni logiche nel ragionamento del giudice. Un ricorso inammissibile non solo preclude l’esame nel merito delle proprie ragioni, ma comporta anche conseguenze economiche dirette per il ricorrente. La decisione conferma che il potere del giudice di merito nella commisurazione della pena è ampiamente discrezionale, a patto che sia esercitato nel rispetto dei criteri legali e supportato da una motivazione non manifestamente illogica.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo presentato era considerato generico e manifestamente infondato. La difesa si è limitata a criticare la motivazione della sentenza in modo vago, senza individuare specifiche contraddizioni o illogicità nel ragionamento del giudice d’appello.
Quali elementi ha considerato il giudice per decidere l’entità della pena?
Il giudice, nell’esercitare il suo potere discrezionale previsto dall’art. 133 del Codice Penale, ha basato la sua decisione sulla gravità del reato, sui precedenti penali specifici dell’imputato e sulla sua accertata capacità a delinquere.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato, ai sensi dell’art. 616 del Codice di Procedura Penale, al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a causa della colpa ravvisata nell’aver proposto un’impugnazione evidentemente infondata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36365 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36365 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/07/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello d Bologna che ha rideterminato in mitius la pena inflitta e ha confermato nel resto la decisione di prim grado, che ne aveva affermato la responsabilità per il delitto di cui all’art. 494 cod. pen.
considerato che l’unico motivo di ricorso – con cui si denuncia il vizio di motivazi ordine alla determinazione del trattamento sanzionatorio, in particolare poiché la Corte non avre motivato adeguatamente lo scostamento dal minimo edittale – è generico e manifestamente infondato, in quanto la Corte distrettuale ha dato conto in maniera congrua e logica degli elem rientranti nel novero di quelli previsti dall’art. 133 cod. pen. che ha considerato prepon nell’esercizio del potere discrezionale ad essa riservato (cfr. Sez. 2, n. 23903 del 15/07/ Marigliano, Rv. 279549 – 02; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269 richiamando la gravità del reato e i precedenti penali, anche specifici, dell’imput evidenziandone la capacità a delinquere; e tale iter non può essere ritualmente censurato mediante la prospettazione, peraltro generica, di elementi di fatto, ad avviso della difesa, meritevoli d ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui cons ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché – ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cf cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, Rv. 267585 -01) -al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determi euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle sp processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 05/06/2024.