Ricorso inammissibile in Cassazione: il caso della bancarotta
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi, ribadendo un principio fondamentale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. Quando un ricorso si limita a riproporre le stesse argomentazioni fattuali già esaminate e respinte, il suo destino è segnato: sarà dichiarato ricorso inammissibile. Questo caso, riguardante una condanna per bancarotta post fallimentare, illustra perfettamente tale dinamica processuale.
I fatti del processo
Un imputato, condannato per il reato di bancarotta post fallimentare dal Tribunale di Busto Arsizio, vedeva la sua condanna confermata anche dalla Corte di Appello di Milano. Non rassegnandosi alla decisione, proponeva ricorso per Cassazione, affidandosi a un motivo principale e a un motivo aggiunto. La sua difesa si concentrava sulla presunta insussistenza dell’elemento soggettivo del reato, sostenendo, in sostanza, di non essere stato consapevole dello stato di decozione della società.
Analisi del ricorso inammissibile e le sue ragioni
La Suprema Corte ha stroncato sul nascere le argomentazioni del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. La ragione è netta: i motivi addotti non superavano il vaglio di ammissibilità richiesto in sede di legittimità. I giudici hanno evidenziato come le censure mosse dall’imputato fossero semplici “doglianze in punto di fatto”, ovvero contestazioni sulla ricostruzione degli eventi, e non sulla violazione o errata applicazione della legge.
Inoltre, il ricorso è stato qualificato come una “pedissequa reiterazione” degli argomenti già presentati e puntualmente disattesi dalla Corte di Appello. Quest’ultima, come sottolineato dalla Cassazione, aveva già ampiamente motivato la sussistenza della consapevolezza del fallimento da parte dell’imputato, indicando specifici indici probatori nella sua sentenza.
Le motivazioni della Suprema Corte
La Corte ha spiegato che un ricorso per Cassazione, per essere ammissibile, deve assolvere una “tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso”. Non può limitarsi a riproporre le stesse questioni di fatto, sperando in una nuova e diversa valutazione. Deve, invece, individuare specifici vizi di legge o di motivazione nella decisione impugnata. In questo caso, il ricorso è stato considerato solo “apparentemente specifico”, poiché ometteva di confrontarsi criticamente con le ragioni esposte dai giudici di secondo grado. A sostegno della propria decisione, la Corte ha richiamato consolidata giurisprudenza che da tempo afferma l’inammissibilità dei ricorsi generici e ripetitivi.
Le conclusioni e le implicazioni pratiche
La decisione si conclude con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa ordinanza rappresenta un monito per chi intende adire la Corte di Cassazione: il ricorso non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. È necessario formulare censure precise, che attengano alla corretta applicazione delle norme giuridiche e alla logicità della motivazione, altrimenti l’esito sarà, come in questo caso, una declaratoria di inammissibilità con conseguente aggravio di spese.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non conteneva una critica giuridica alla sentenza impugnata, ma si limitava a riproporre le stesse argomentazioni di fatto già esaminate e respinte dalla Corte di Appello, risultando quindi generico e ripetitivo.
Qual era l’argomento principale del ricorrente?
L’argomento principale del ricorrente era la presunta mancanza dell’elemento soggettivo del reato di bancarotta, ovvero sosteneva di non essere stato a conoscenza dello stato di fallimento della società.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
In seguito alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31386 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31386 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a POLISTENA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/10/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
NUMERO_DOCUMENTO
Rilevato che l’imputato NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte di Appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale di Busto Arsizio di condanna per il delitto di bancarotta post fallimentare;
Rilevato che il motivo unico del ricorso principale e il motivo aggiunto – con cu ricorrente denunzia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla sussisten dell’elemento soggettivo del delitto di bancarotta – non sono consentiti dalla legge in sede legittimità perché costituiti da mere doglianze in punto di fatto e sono indeducibili pe fondato su argomenti che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata laddove sono indicati gli indici della conoscenza del fallimento della società), dovendosi stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, 42046 del 17/07/2019, COGNOME, Rv. 277710; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME e altri, Rv. 260608 ; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME e altri, Rv. 243838);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 10 aprile 2024.