Ricorso inammissibile: la Cassazione chiarisce i limiti dell’appello
Quando si presenta un ricorso alla Corte di Cassazione, è fondamentale comprendere i limiti del suo giudizio. Un recente provvedimento ha ribadito un principio cardine: non è possibile chiedere alla Suprema Corte di riesaminare i fatti come se fosse un terzo grado di giudizio. Il caso in esame dimostra chiaramente come un ricorso inammissibile per genericità e manifesta infondatezza porti non solo al rigetto, ma anche a sanzioni economiche. Analizziamo la vicenda per capire quali sono gli errori da evitare.
I fatti del caso
La vicenda nasce dal ricorso di un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello di Messina. La condanna riguardava la violazione dell’art. 47 dell’Ordinamento Penitenziario, una norma che disciplina misure alternative alla detenzione. L’imputato, nel suo ricorso, non contestava la violazione della legge in sé, ma proponeva una “diversa lettura” degli eventi, in particolare riguardo agli orari di uscita, controllo e rientro presso la propria abitazione. In sostanza, cercava di convincere la Cassazione che la sua versione dei fatti fosse più credibile di quella accertata dai giudici di merito.
La decisione della Corte: il ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su due pilastri: la genericità e la manifesta infondatezza dei motivi presentati. I giudici hanno sottolineato come le argomentazioni del ricorrente si risolvessero in una “proposizione meramente assertiva” che si contrapponeva a una motivazione della sentenza d’appello definita “logicamente ineccepibile”. La Corte ha ribadito che il suo ruolo non è quello di una terza istanza di giudizio sui fatti, ma di un “sindacato di legittimità”, ovvero un controllo sulla corretta applicazione delle norme giuridiche.
Le motivazioni
La Corte ha spiegato che la ricostruzione delle modalità e della durata dell’allontanamento dall’abitazione era stata effettuata dai giudici di merito attraverso una “puntuale analisi delle evidenze di fatto”. La motivazione della sentenza d’appello era stata giudicata logica, congruente e completa. Di fronte a tale accertamento, il tentativo del ricorrente di offrire una semplice rilettura degli orari è stato considerato del tutto estraneo al perimetro del giudizio di legittimità.
I giudici hanno chiarito che un ricorso, per essere ammissibile, deve individuare vizi logici o giuridici nel ragionamento del giudice precedente, non limitarsi a proporre una narrazione alternativa dei fatti sperando in una nuova valutazione. Poiché i motivi del ricorso erano generici e palesemente infondati, non potevano essere esaminati nel merito. Di conseguenza, la Corte ha proceduto con la declaratoria di inammissibilità.
Le conclusioni
La decisione ha comportato conseguenze significative per il ricorrente. Oltre alla conferma della condanna, è stato obbligato a pagare le spese processuali e a versare una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questo provvedimento serve da monito: un ricorso in Cassazione deve essere tecnicamente impeccabile e focalizzato su questioni di diritto. Tentare di ottenere una nuova valutazione dei fatti è una strategia destinata al fallimento, che comporta unicamente un aggravio di costi. La sentenza d’appello, se ben motivata e logicamente coerente, diventa insindacabile nel merito davanti alla Suprema Corte.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per la genericità e la manifesta infondatezza dei motivi, i quali si limitavano a una proposizione meramente assertiva e non contestavano efficacemente la motivazione logica e coerente della sentenza d’appello.
Qual era l’argomento principale del ricorrente?
Il ricorrente proponeva una diversa interpretazione degli orari di uscita, controllo e rientro nella propria abitazione, tentando di ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27874 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27874 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
FOTI NOME COGNOME nato a BARCELLONA POZZO DI GOTTO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/11/2023 della CORTE APPELLO di MESSINA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso di NOMERAGIONE_SOCIALECOGNOME; dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che il ricorso è inammissibile per la genericità e la manifesta infondatezza dei motivi che si risolvono in una proposizione meramente assertiva al confronto con la motivazione della sentenza di appello, logicamente ineccepibile, che ha diffusamente esaminato le risultanze probatorie che deponevano per la responsabilità dell’imputato in relazione al delitto di cui all’art. 47 Ord. Pen.
Il ricorrente propone una diversa lettura degli orari di uscita, controllo e rientro nell’abitazione . , rilettura estranea al sindacato di legittimità in presenza della puntuale analisi delle evidenze di fatto e della logicità e congruenza delle argomentazioni con le quali i giudici del merito hanno ricostruito modalità e durata dell’allontanamento.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 14 giugno 2024
Il Consigliere COGNOME
tore COGNOME
Il Presi nte