Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3526 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3526 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 17/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME (CUI CODICE_FISCALE) nato a TORINO il 28/06/1973
avverso la sentenza del 04/04/2024 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
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RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 4 aprile 2024 la Corte di appello di Genova ha confermato la pronuncia del Tribunale di La Spezia del 5 luglio 2023 con cui COGNOME NOME era stato condannato alla pena di mesi sei di reclusione ed euro 180,00 di multa in ordine al reato di cui all’art. 624 cod. pen.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo tre motivi di ricorso. Con i primi due ha eccepito violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al difetto di legittimazione della querelante, per essere stata erroneamente ritenuta dalla Corte di merito quale detentrice qualificata della merce sottratta; con la terza censura è stata, invece, lamentata inosservanza di norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
2.1. Con riguardo, infatti, alle prime due censure, deve essere osservato come esse, lungi dal confrontarsi con la motivazione resa dalla Corte di merito in replica alle analoghe doglianze dedotte con l’atto di appello – nella quale erano state diffusamente esplicate le ragioni per cui fosse da ritenersi validamente proposta la querela (cfr. p. 1 della sentenza impugnata) – reiterino le medesime considerazioni critiche espresse nel precedente atto innpugnatorio, proposto avverso la sentenza di primo grado.
Per come reiteratamente chiarito da questa Corte di legittimità (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584-01), la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione, cioè, è innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (cioè con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano i dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. Risulta di chiara evidenza, pertanto, che se il motivo di ricorso, come nel caso in esame, non si confronta con la motivazione della decisione impugnata, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento).
E’ inammissibile, quindi, il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (così, tra le altre: Sez. 2, n 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME, Rv. 243838-01).
2.2. Manifestamente infondata, infine, è anche l’ultima censura eccepita da parte del ricorrente, trattandosi di motivo del tutto generico e aspecifico, inidoneo a rappresentare le ragioni di doglianza in fatto e in diritto e confrontarsi in maniera adeguata con le argomentazioni espresse dalla sentenza impugnata.
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 17 ottobre 2024