Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3537 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3537 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 17/10/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
NOME nato a CASABLANCA( MAROCCO) il 08/09/2000
COGNOME NOME nato a PESCARA il 28/10/2003
avverso la sentenza del 01/02/2024 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con sentenza del 1° febbraio 2024 la Corte di appello di L’Aquila ha confermato la pronuncia del Tribunale di Chieti dell’Il luglio 2023 con cui: NOME era stato condannato alla pena di anni quattro, mesi sei di reclusione ed euro 600,00 di multa in ordine ai reati di furto aggravato contestatigli ai capi 1) e 2) dell’imputazione; COGNOME NOME era stata condannata alla pena di mesi cinque di reclusione ed euro 100,00 di multa per il delitto di furto aggravato rubricato al capo 1).
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati, a mezzo del loro difensore, deducendo, con due differenti atti: violazione di legge in ordine alla ritenuta rituale partecipazione del P.M. alle udienze, stante la carenza dei necessari requisiti richiesti (NOMECOGNOME; violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della circostanza attenuante prevista dall’art. 114 cod. pen. (COGNOME NOME).
I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, in quanto proposti con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
Deve essere osservato, infatti, come essi, lungi dal confrontarsi con la congrua e logica motivazione resa dalla Corte territoriale in replica alle analoghe doglianze eccepite con l’atto di appello – nella quale erano state congruamente evidenziate le ragioni per cui non vi sarebbe stata un’irrituale partecipazione del P.M. alle udienze (cfr. p. 4 della sentenza impugnata) né i presupposti per il riconoscimento dell’attenuante prevista dall’art. 114 cod. pen. (cfr. p. 5) reiterino le medesime considerazioni critiche espresse nel precedente atto impugnatorio, proposto avverso la sentenza di primo grado.
Per come ripetutamente chiarito da questa Corte di legittimità (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584-01), la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione, cioè, è innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano i dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. Risulta di chiara evidenza, pertanto, che se il motivo di ricorso, come nel caso in esame, non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, per ciò
solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento).
E’ inammissibile, quindi, il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (così, tra le altre: Sez. 2, n 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME, Rv. 243838-01).
All’inammissibilità dei ricorsi segue, per legge, la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 17 ottobre 2024
Il Consigliere estensore
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