Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti dell’Appello Generico
Presentare un ricorso in Cassazione richiede precisione e una critica puntuale della sentenza impugnata. Un ricorso inammissibile è l’esito che attende chi si limita a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in appello, senza un’analisi critica delle motivazioni del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di questo principio, sottolineando i requisiti di specificità che ogni ricorso deve possedere per superare il vaglio di legittimità.
Il Contesto del Caso Giudiziario
Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per un reato previsto dall’art. 73, comma 4, del d.P.R. 309/1990, una fattispecie di minore gravità legata agli stupefacenti. La condanna, inizialmente pronunciata dal GUP del Tribunale di Lanciano, era stata integralmente confermata dalla Corte d’Appello di L’Aquila.
Non soddisfatto della decisione, l’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando principalmente il trattamento sanzionatorio ricevuto. In particolare, le critiche si concentravano sul diniego delle circostanze attenuanti generiche e sulla dosimetria della pena, ritenuta eccessiva.
L’Analisi della Corte: Perché il ricorso è inammissibile?
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile con una motivazione netta, basata sull’articolo 606, comma 3, del codice di procedura penale. I giudici hanno evidenziato come i motivi presentati fossero privi della necessaria analisi critica delle argomentazioni che la Corte d’Appello aveva posto a fondamento della sua decisione.
La Genericità dei Motivi
Il primo punto cruciale è la genericità. La Cassazione, richiamando consolidati principi giurisprudenziali (tra cui la nota sentenza Galtelli delle Sezioni Unite), ha ribadito che un ricorso non può limitarsi a una sterile riproposizione delle questioni già sollevate in appello. È indispensabile che l’atto di impugnazione si confronti direttamente con la motivazione della sentenza impugnata, evidenziandone le presunte criticità, illogicità o violazioni di legge. In questo caso, il ricorrente non ha mosso critiche specifiche al ragionamento dei giudici di secondo grado.
La Valutazione del Trattamento Sanzionatorio
Il secondo aspetto riguarda l’oggetto delle doglianze: il trattamento sanzionatorio. La Corte ha osservato che la decisione dei giudici di merito di negare le attenuanti generiche e di stabilire la pena era ampiamente giustificata. La motivazione faceva leva sulla “negativa personalità dell’imputato”, desunta dalla presenza di precedenti penali. Questo tipo di valutazione rientra nel giudizio di fatto, che è di esclusiva competenza dei giudici di merito e non può essere riesaminato in sede di legittimità, a meno di una motivazione manifestamente illogica o assente. Inoltre, la Corte ha sottolineato che la pena inflitta era comunque prossima al minimo edittale, rendendo le lamentele ancora meno fondate.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte Suprema ha basato la sua decisione sulla distinzione fondamentale tra giudizio di fatto e giudizio di legittimità. La quantificazione della pena e la concessione delle attenuanti sono decisioni discrezionali del giudice di merito, che devono essere motivate. In questo caso, la motivazione esisteva ed era logica: i precedenti penali dell’imputato costituivano un elemento valido per giustificare una certa severità nel trattamento sanzionatorio. Tentare di contestare questa valutazione in Cassazione equivale a chiedere un nuovo giudizio sul fatto, operazione preclusa in quella sede. La declaratoria di inammissibilità è stata quindi una conseguenza diretta della natura del ricorso, che non presentava vizi di legittimità ma mirava a una rivalutazione del merito.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame ribadisce un insegnamento fondamentale per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione. Non è sufficiente essere in disaccordo con una sentenza; è necessario dimostrare, con argomentazioni giuridiche specifiche e pertinenti, perché quella sentenza viola la legge o presenta un vizio logico nella sua motivazione. Un ricorso generico, che non si confronta con le ragioni della decisione impugnata, è destinato a essere dichiarato inammissibile. Ciò comporta non solo la definitività della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando è proposto per motivi non specifici o generici, che non contengono una necessaria analisi critica delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata, ma si limitano a riproporre le stesse questioni già decise nei gradi precedenti.
È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa dal giudice di merito?
La valutazione sulla dosimetria della pena e sulla concessione delle attenuanti è un giudizio di fatto, riservato ai giudici di merito. Può essere contestata in Cassazione solo se la motivazione è completamente assente, manifestamente illogica o contraddittoria, ma non se si tratta di un semplice disaccordo con la valutazione effettuata.
Quali sono le conseguenze di una dichiaratoria di inammissibilità del ricorso?
La dichiaratoria di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro in favore della Cassa delle ammende. Inoltre, la sentenza impugnata diventa definitiva e irrevocabile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23183 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23183 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PESCARA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/11/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti; svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Il difensore di COGNOME NOME ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d’appello di L’Aquila, con la quale è stata confermata quella del GUP del Tribunale di Lanciano di condanna per il reato di cui all’art. 73, comma 4, d.P.R. n. 309/1990 (in San Vito Chietino, il 21/12/2020);
ritenuto che il ricorso é inammissibile ai sensi dell’art. 606, comma 3, c.p.p., perc proposto per motivi non scanditi da necessaria analisi critica delle argomentazioni poste a base della decisione (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U. n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione), le doglianze inerendo al trattamento sanzionatorio (diniego generiche e dosimetria pena), tuttavia giustificati dai giudici del merito alla luce della neg personalità dell’imputato, siccome gravato da precedenti penali, (sulla natura del relativo giudizio – di fatto – vedi sez. 5, n. 43952 del 13/4/2017, Pettine//i, Rv. 271269-01; sull’onere motivazionale del giudice, anche in relazione alle allegazioni difensive, vedi sez. n. 2233 del 17/6/2021, dep. 2022, Bianchi, Rv. 282693-01; n. 1913 del 20/12/2018, dep. 2019, Cari/Io, Rv. 275509-03; sez. 2, n. 23903 del 15/7/2020, Marigliano, Rv. 279549-02), trattandosi, peraltro, di pena individuata in misura prossima al minimo edittale;
che alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Deciso il 29 maggio 2024
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