Ricorso Inammissibile: La Cassazione sulla Genericità dei Motivi
Quando si presenta un appello in Cassazione, la precisione è tutto. Un’ordinanza recente ci offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile possa derivare da motivi generici e ripetitivi. La Suprema Corte ha infatti respinto l’appello di un amministratore condannato per bancarotta, sottolineando l’importanza di formulare critiche argomentate e specifiche contro la sentenza impugnata, anziché limitarsi a riproporre le stesse difese già esaminate e respinte nei gradi di giudizio precedenti.
I Fatti del Caso: Dalla Condanna all’Appello
Il caso riguarda un imputato, condannato in primo e secondo grado per reati fallimentari previsti dagli articoli 216 e 223 della Legge Fallimentare. La Corte di Appello di Roma aveva confermato la sua responsabilità penale. L’imputato ha quindi presentato ricorso in Cassazione, basando la sua difesa su tre motivi principali: contestava la motivazione della sentenza di condanna, sosteneva di aver avuto un ruolo di mero ‘prestanome’ all’interno della società e lamentava il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Ricorso Inammissibile: L’Analisi della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha esaminato i tre motivi del ricorso, giudicandoli tutti infondati e, di conseguenza, ha dichiarato il ricorso inammissibile. L’analisi della Corte si è concentrata sulla mancanza di specificità e novità delle argomentazioni difensive, che di fatto impedivano un esame nel merito della questione.
La Reiterazione dei Motivi d’Appello
Il primo e il secondo motivo di ricorso sono stati considerati dalla Corte come ‘reiterativi’. L’imputato, infatti, si era limitato a riproporre le stesse doglianze già presentate e puntualmente respinte dalla Corte di Appello. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: un ricorso non può essere una semplice ripetizione delle argomentazioni precedenti, ma deve contenere una critica specifica e argomentata contro le ragioni della decisione impugnata. La tesi difensiva del ruolo di ‘prestanome’, secondo i giudici, era basata solo su una generica affermazione del curatore fallimentare, priva di riscontri concreti, e quindi insufficiente a scardinare l’impianto accusatorio.
Il Diniego delle Attenuanti Generiche
Anche il terzo motivo, relativo al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte di Appello aveva motivato adeguatamente la sua decisione, facendo riferimento a elementi specifici di natura personale e fattuale. La Cassazione ha colto l’occasione per ricordare che il giudice, nel negare le attenuanti generiche, non è obbligato a prendere in esame tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli, ma può limitarsi a indicare quelli ritenuti decisivi per la sua scelta. Tale approccio è conforme alla giurisprudenza consolidata della stessa Corte Suprema.
Le Motivazioni
Le motivazioni alla base della decisione della Suprema Corte sono radicate nei principi fondamentali del processo penale. In primo luogo, il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono riesaminare i fatti, ma un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. Per questo, i motivi devono essere specifici e non possono limitarsi a una generica contestazione. La Corte ha sottolineato che la difesa dell’imputato si è risolta in una ‘pedissequa reiterazione’ di argomenti già valutati, rendendo il ricorso solo ‘apparente’ e non funzionale al suo scopo. In secondo luogo, riguardo alla figura del ‘prestanome’, la Corte ha chiarito che una simile qualifica non esonera automaticamente da responsabilità se non è supportata da prove circostanziate che dimostrino una totale estraneità alla gestione societaria. Infine, la decisione sulle attenuanti generiche rientra nell’ampia discrezionalità del giudice di merito, il cui operato è insindacabile in Cassazione se, come in questo caso, la motivazione è logica e adeguata.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per la pratica legale: la redazione di un ricorso per cassazione richiede un’attenta analisi critica della sentenza impugnata e la formulazione di censure precise, pertinenti e non meramente ripetitive. Un ricorso inammissibile non solo preclude ogni possibilità di successo, ma comporta anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La decisione conferma che le strategie difensive, come quella del ‘prestanome’, devono essere sostenute da prove solide e non da mere affermazioni, e che la valutazione delle attenuanti da parte del giudice di merito gode di ampia autonomia se correttamente motivata.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano una mera ripetizione di quelli già esaminati e respinti dalla Corte di Appello, mancando della specificità e della critica argomentata richiesta per un ricorso in Cassazione.
La difesa di essere un semplice ‘prestanome’ è stata considerata valida?
No, la tesi difensiva di essere un ‘prestanome’ è stata ritenuta una mera prospettazione difensiva, in quanto supportata solo da una generica e non circostanziata affermazione del curatore, senza prove concrete a sostegno.
Come ha giustificato la Corte il diniego delle circostanze attenuanti generiche?
La Corte ha stabilito che la decisione della Corte di Appello era adeguatamente motivata, poiché il giudice, nel negare le attenuanti, non è tenuto a considerare tutti gli elementi, ma può limitarsi a fare riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3666 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3666 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME nato a NOCERA INFERIORE il 05/07/1977
avverso la sentenza del 05/06/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RG 31235/2024 – Consigliere COGNOME – Ud. 27 novembre 2024
Rilevato che COGNOME Mauro ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma che ha confermato la condanna dell’imputato per il reato di cui agli artt. 216, comma 1, n. 2) 223, comma 1, L.F.;
Considerato che il primo motivo di ricorso – che contesta la motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità dell’imputato – è reiterativo in quanto fondato su doglia che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelle già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla Corte di merito, dovendosi le stesse considerare non specifiche ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME e altri, Rv. 260608; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME e altri, Rv. 243838);
Considerato che la Corte territoriale ha adeguatamente motivato in merito all’affermazione di responsabilità dell’imputato, evidenziando come la tesi secondo cui i ricorrente avesse un mero ruolo di prestanome della società, e non la qualifica di amministratore rivestita ufficialmente, sia frutto di una mera prospettazione difensiva, che h trovato un addentellato solo su una generica e non circostanziata affermazione del curatore;
Rilevato che il secondo motivo di ricorso – che lamenta violazione di legge e vizio di motivazione sempre in ordine al profilo del ruolo rivestito dall’imputato – è innanzitutto den di argomentazioni meramente teoriche e poi incontra gli stessi limiti di cui al primo motivo ricorso;
Considerato che il terzo motivo di ricorso – che lamenta il diniego delle circostanz attenuanti generiche – è manifestamente infondato giacché la Corte di appello ha adeguatamente motivato sul punto, facendo riferimento agli indici di natura personale e fattuale che hanno imposto di non accedere al trattamento di favore (cfr. pag 4). Tale interpretazione è ispirata alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il giudice, quand nega la concessione delle circostanze attenuanti generiche, non deve necessariamente prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle part rilevabili dagli atti, ma può limitarsi a fare riferimento a quelli ritenuti decisivi o co rilevanti (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv, 259899; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane e altri, Rv. 248244).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende. Così deciso il 27 novembre 2024