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Ricorso inammissibile: quando l’appello è generico

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato contro una sentenza di condanna della Corte d’Appello. Il ricorso è stato ritenuto generico, in quanto si limitava a riproporre questioni manifestamente infondate e a richiedere una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione Spiega i Limiti dell’Appello

Quando si presenta un appello alla Corte di Cassazione, è fondamentale che questo rispetti specifici requisiti formali e sostanziali. Un ricorso inammissibile è un atto che, per la sua formulazione, non può essere esaminato nel merito dai giudici. Con l’ordinanza n. 19675 del 2024, la Suprema Corte ribadisce i confini del giudizio di legittimità, sanzionando la genericità e la natura meramente ripetitiva delle doglianze.

Il Contesto del Ricorso

Il caso trae origine da un ricorso presentato da un individuo contro una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello. L’imputato era stato ritenuto colpevole del reato previsto dall’articolo 336 del codice penale. Nel suo appello alla Corte di Cassazione, la difesa contestava sia l’accertamento della responsabilità penale sia il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

L’Analisi della Cassazione e il Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione, esaminando l’atto, ha concluso per la sua totale inammissibilità. I giudici hanno evidenziato come le argomentazioni difensive fossero viziate da una profonda genericità. Anziché individuare specifici vizi di legge nella sentenza impugnata, il ricorso si limitava a riproporre le stesse questioni già valutate e respinte nei gradi di merito, senza aggiungere nuovi e pertinenti elementi di diritto.

La Genericità delle Doglianze

Il primo punto critico sollevato dalla Corte è la genericità delle deduzioni. Le critiche mosse alla sentenza d’appello, sia riguardo alla ricostruzione del fatto reato sia al diniego delle attenuanti, sono state giudicate come una mera riproposizione di argomenti già noti e manifestamente infondati. Un ricorso in Cassazione deve, invece, articolare censure specifiche e puntuali contro la motivazione del provvedimento impugnato, non limitarsi a esprimere un generico dissenso.

Il Divieto di una Nuova Valutazione dei Fatti

Un altro aspetto cruciale sottolineato nell’ordinanza è che il ricorso cercava di sollecitare una diversa valutazione delle risultanze istruttorie. Questo tipo di richiesta è preclusa nel giudizio di legittimità. La Corte di Cassazione non è un “terzo grado” di merito; il suo compito non è quello di ricostruire i fatti, ma di verificare che i giudici precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano fornito una motivazione logica e non contraddittoria. Sollecitare un riesame del merito equivale a snaturare la funzione della Suprema Corte e porta inevitabilmente a un ricorso inammissibile.

le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sul principio consolidato secondo cui il giudizio di legittimità non consente un riesame delle prove. Le deduzioni del ricorrente sono state ritenute affette da genericità, poiché, a fronte di una motivazione puntuale della Corte d’Appello, si limitavano a riproporre questioni infondate. In particolare, la richiesta di applicazione delle circostanze attenuanti generiche era priva di qualsiasi indicazione concreta che potesse giustificare un vizio di motivazione da parte del giudice di merito. La Corte ha quindi concluso che il ricorso, risolvendosi nella sollecitazione di una diversa valutazione delle risultanze istruttorie, non era consentito. Tale inammissibilità comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, quantificata in 3.000,00 euro.

le conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per la redazione dei ricorsi per cassazione. Per evitare una declaratoria di inammissibilità, è essenziale che le censure siano specifiche, pertinenti e focalizzate su vizi di legittimità, come l’errata applicazione della legge o la manifesta illogicità della motivazione. La mera riproposizione di argomenti di merito o la richiesta di una nuova valutazione delle prove sono destinate al fallimento e comportano conseguenze economiche per il ricorrente. La decisione conferma la necessità di un approccio tecnico e rigoroso nell’affrontare il giudizio dinanzi alla Suprema Corte.

Cosa rende un ricorso alla Corte di Cassazione inammissibile?
Secondo questa decisione, un ricorso è inammissibile quando è generico, ovvero si limita a riproporre questioni manifestamente infondate o a sollecitare una nuova valutazione dei fatti, attività che non è permessa in sede di legittimità.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente è condannato, per legge (art. 616 c.p.p.), al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende. In questo specifico caso, la somma è stata fissata in 3.000,00 euro.

È sufficiente chiedere l’applicazione delle attenuanti generiche in un ricorso?
No, la decisione chiarisce che la semplice richiesta di applicazione delle circostanze attenuanti generiche non è sufficiente. È necessario fornire indicazioni concrete e specifiche che dimostrino un vizio nella motivazione della sentenza impugnata, altrimenti anche questa doglianza viene considerata generica e, quindi, inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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