Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18710 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18710 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a VENOSA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/05/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 16/05/2023 la Corte di appello di Tonno confermava la sentenza del GUP presso il Tribunale di Ivrea del 10/06/2021, che, in esito a rito abbreviato, aveva condannato NOME COGNOME in ordine ai reati di cui agli articoli 73, comma 4, d.P.R. 309/1990 e art. 2 e 7 I. 895/1967.
Avverso tale sentenza l’imputato propone ricorso per cassazione, lamentando violazione dell’art. 606, lettere b)’ c) ed e), cod. proc. pen..
In primo luogo, censura la irragionevolezza della sentenza in punto di condanna per la detenzione della carabina ad aria compressa, che l’imputato avrebbe acquistato su intemet ignaro della sua illiceità.
In secondo luogo, censura l’omesso riconoscimento della fattispecie di lieve entità di cui all’articolo 73, comma 5, d.P.R. 309/1990.
In terzo luogo, censura l’omesso riconoscimento della continuazione tra i due reati.
In quarto luogo, lamenta la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Come ribadito dalla Corte, infatti, è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella peclissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 19411 del 121:3/2019, COGNOME, non massimata e Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv 269217)
La funzione tipica dell’impugnazione, d’altro canto, è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 c.p.p.), debbono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta’. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione è, pertanto, innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (cioè con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta (testualmente Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv 254584 e Sez. 2, n. 19411 del 12/3/2019, COGNOME, cit.).
Se il motivo di ricorso si limita a riprodurre il motivo d’appello, quindi, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento), posto che con siffatta mera riproduzione il provvedimento ora formalmente ‘attaccato’, lungi dall’essere destinatario di specifica critica argomentata, è di fatto del tutto ignorato (sempre, da ultimo, Sez. 2, n. 19411 del 12/3/2019, COGNOME, cit.).
Entrambe le sentenze avevano infatti concordemente ritenuto che il fatto che la carabina era custodita nella cantina, all’interno di un borsone, assieme allo stupefacente, tii=stt19-zt=±1r4 costituiva chiaro indice di consapevolezza della illiceità della sua detenzione; da ciò, tuttavia, non era dato inferire la sussistenza di un “disegno criminoso” unitario, posta l’eterogeneità dei beni (motivi 1 e 3).
Quanto al comma 5 dell’art. 73 T.U.S., il secondo giudice evidenzia come l’ingente quantitativo (4.891,331 gr. di manjuana, da cui erano ricavabili oltre 7.000 dosi medie), la suddivisione in 9 buste, il rinvenimento di appunti manoscritti chiaramente riferiti a cessioni di stupefacenti, il materiale da cortzionamento (anche sottovuoto) recante tracce dello stupefacente, escludessero la riconduzione alla fattispecie di minore gravità.
Evidenziava da ultimo, la sentenza, l’insussistenza di elementi positivi per il riconoscimento delle circostanze atipiche, disattendendo punto per punto gli elementi addotti dalla Difesa (pag. 5).
In proposito, questa Corte ritiene (v. ex multis Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME) che il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche non costituisce un diritto dell’imputato, conseguente all’assenza di elementi negativi, ma richiede elementi di segno positivo (sez. 3, n. 24128 del 18/3/2021, COGNOME Crescenzo, Rv. 281590), rientrando la stessa concessione di esse nell’ambito di un giudizio di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della pena alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo (sez. 6 n. 41365 del 28/10/2010, Rv. 248737), non essendo neppure necessario esaminare tutti i parametri di cui all’art. 133 cod. pen., ma sufficiente specificare a quale si sia inteso far riferimento (sez. 1 n. 33506 del 7/7/2010, Rv. 247959; analogamente Cass., Sez. VI, n. 42688 del 24/09/2008, Caridi, Rv 242419: «la sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai fini dell’art. 62-bis cod. pen. è oggetto di un giudizio di fatto e può essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, non sindacabile in sede di legittimità, purché non contraddittoria e congruamente motivata, neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato»).
Inoltre, «il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62-bis, disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non é più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez. 1, Sentenza n, 39566 del 16/02/2017, )».
Il ricorso, che con tale non manifestamente illogica motivazione non si confronta, è pertanto inammissibile per genericità.
2. Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso in Roma il 23 febbraio 2024.