Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11905 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11905 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SANT’EGIDIO DEL MONTE ALBINO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/04/2023 della CORTE APPELLO di SALERNO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Presidente NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Salerno, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Salerno del 3 maggio 2022, emessa a seguito di giudizio abbreviato, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di COGNOME NOME in relazione ai reati di cui ai capi 7) ed 8) per difetto di querela e ha rideterminato in anni 1 e mesi otto di reclusione ed euro quattrocentosessantasei di multa la pena per i reati residui ex artt. 110, 624, commi primo e terzo, 625, nn. 2, 5 e 7, cod. pen. di cui ai capi 2), 3), 4), 5) e 6).
Il COGNOME ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, proponendo tre motivi di impugnazione.
2.1. Assenza di motivazione poiché la Corte territoriale si è limitata a reiterare le argomentazioni della sentenza di primo grado, senza illustrare le ragioni della ritenuta solidità dell’impianto probatorio.
2.2. Vizio di motivazione per omessa indicazione delle ragioni per aver ritenuto il COGNOME l’unico utilizzatore dell’auto Daewoo Matiz.
2.3. Difetto di querela.
Con riferimento al primo motivo, va osservato che il ricorrente si lamenta esclusivamente della carenza motivazionale della sentenza impugnata, senza articolare la doglianza in termini sufficientemente dettagliati e senza collegarla alla fatti specie concreta. Peraltro, il presunto difetto di motivazione non emerge dal contenuto del provvedimento impugnato, stante anche l’assenza delle ragioni di diritto e dei dati di fatto a sostegno della richiesta.
Al riguardo, va rilevato che è inammissibile il ricorso per Cassazione i cui motivi si limitino genericamente a lamentare l’omessa valutazione di una tesi alternativa a quella accolta dalla sentenza di condanna impugnata, senza indicare precise carenze od omissioni argomentative ovvero illogicità della motivazione ci questa, idonee ad incidere negativamente sulla capacità dimostrativa del compendio probatorio posto a fondamento della decisione di merito (Sez. 2, n. 30918 del 07/05/2015, Falbo, Rv. 264441). Il ricorso per Cassazione, infatti, deve contenere la precisa prospettazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto da sottoporre a verifica (Sez. 2, 13951 del 05/02/2014, Caruso, Rv. 259704).
In ordine al secondo motivo di ricorso, va premesso che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, è inammissibile il ricorso per Cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non
specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, COGNOME, Rv. 277710; Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, COGNOME, Rv. 231708).
Si è altresì precisato che è inammissibile il ricorso per Cassazione quando manchi l’indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto d’impugnazione, atteso che quest’ultimo non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425; Sez. 2, n. 19951 del 15/05/2008, COGNOME, Rv. 240109).
Ciò posto sui principi giurisprudenziali operanti in materia, I ricorso risulta unicamente diretto a sollecitare una non consentita rivalutazione e/c alternativa rilettura delle fonti probatorie, al di fuori dell’allegazione di specifici, inopinabili e decisivi visamenti di emergenze processuali (Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207944) ed in presenza, comunque, di un apparato motivazionale che, nel suo complesso, non si espone a rilievi di illogicità di macroscopica evidenza (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794).
La Corte di merito ha fornito una motivazione lineare e coerente in ordine agli elementi probatori a carico del COGNOME, che aveva acquistato l’auto senza poi registrarne il passaggio di proprietà allo scopo di non essere individuato. Egli era stato controllato pochi minuti dopo il furto ai danni di COGNOME NOME, in possesso di oggetti chiaramente utilizzati per l’impossessamento di vetture; inoltre, in occasione di tutti i furti oggetto del presente procedimento, l’autovettura in questione era ripresa dalle telecamere mentre precedeva o seguiva di circa un minuto o anche meno l’auto rubata; infine, le emergenze dei tabulati e delle celle telefoniche riscontravano in modo inequivocabile la sua presenza in detti luoghi.
Il ricorrente si limita a reiterare la generica doglianza in ardine alla mancata dimostrazione dell’utilizzazione dell’auto. Tale profilo di censura, .tuttavia, è stato già adeguatamente vagliato con corretti argomenti giuridici dai giudici di merito e non è stato scandito dalla necessaria critica delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata.
In relazione al terzo motivo di ricorso, va rilevato che nella sentenza impugnata la Corte territoriale ha dato atto della presenza agli atti delle denunzie-querele proposta dalle persone offese in relazione a tutti i reati e ha fatto riferimento ad esse per illustrare le modalità di svolgimento delle singole azioni criminose.
Il ricorrente si limita a dedurre l’assenza delle querele, senza neanche prospettare le ragioni a sostegno del proprio assunto (es. atti qualificabili come mere denunzie).
Per le ragioni che precedono, il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ragioni di esonero – al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 14 marzo 2024.