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Ricorso inammissibile: quando l’appello è generico

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 11492/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per estorsione. La Corte ha stabilito che i motivi presentati, inclusa una presunta questione di incostituzionalità, erano generici e non si confrontavano specificamente con la motivazione della sentenza d’appello. Questa decisione ribadisce il principio fondamentale secondo cui un ricorso, per essere esaminato, deve contenere critiche precise e pertinenti, altrimenti si configura come un ricorso inammissibile che comporta la condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Sottolinea l’Importanza dei Motivi Specifici

Presentare un ricorso alla Corte di Cassazione richiede un rigore tecnico e una precisione argomentativa che non lasciano spazio a generalizzazioni. Con una recente ordinanza, la Suprema Corte ha ribadito un principio cardine della procedura penale: un ricorso inammissibile è la conseguenza diretta della presentazione di motivi generici, assertivi o che non si confrontano puntualmente con la decisione impugnata. Analizziamo questa pronuncia per comprendere meglio le regole del gioco processuale.

Il Fatto

Il caso trae origine da un ricorso presentato da un soggetto condannato in primo e secondo grado per il reato di estorsione. La Corte d’Appello di Milano aveva confermato la responsabilità penale dell’imputato. Contro tale decisione, la difesa ha proposto ricorso per cassazione, basandolo essenzialmente su due argomenti: una presunta questione di illegittimità costituzionale della norma incriminatrice e una contestazione generica sulla ricostruzione della sua responsabilità penale.

L’inammissibilità del ricorso per genericità dei motivi

La Corte di Cassazione ha esaminato entrambi i motivi e li ha ritenuti entrambi inaccoglibili. Il primo motivo, relativo alla questione di costituzionalità, è stato giudicato “assolutamente generico ed assertivo, oltre che manifestamente infondato”. Il secondo motivo, che contestava la responsabilità penale, è stato definito “aspecifico”, in quanto si limitava a una critica superficiale senza entrare nel merito delle argomentazioni giuridiche sviluppate dalla Corte d’Appello per giustificare la condanna per estorsione.

L’onere di correlazione tra ricorso e sentenza

La Suprema Corte ha colto l’occasione per ribadire un orientamento giurisprudenziale consolidato: è ricorso inammissibile quello fondato su motivi che mancano della necessaria correlazione con la motivazione della decisione impugnata. Non è sufficiente riproporre le stesse ragioni già respinte nel grado precedente; è invece indispensabile che il ricorrente articoli critiche specifiche e puntuali contro la ratio decidendi (le ragioni della decisione) del giudice del gravame. In assenza di questo confronto critico, il ricorso perde la sua funzione e diventa un mero tentativo, non consentito, di ottenere un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti.

Le conseguenze di un ricorso inammissibile

La declaratoria di inammissibilità non è una mera formalità. Essa comporta conseguenze significative per il ricorrente. In primo luogo, la sentenza impugnata diventa definitiva, con tutte le relative conseguenze esecutive. In secondo luogo, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, come nel caso di specie, al versamento di una somma di denaro (pari a tremila euro) in favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione per aver adito la Corte con un’impugnazione non meritevole di esame.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su un principio di efficienza e funzionalità del sistema giudiziario. La Corte di Cassazione ha il compito di assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, non di riesaminare i fatti del processo. Per questo, i motivi di ricorso devono evidenziare precise violazioni di legge o vizi logici nella motivazione della sentenza impugnata. Motivi generici, che non individuano il punto della decisione che si intende criticare e le ragioni di tale critica, non permettono alla Corte di svolgere la propria funzione. La decisione si allinea a una giurisprudenza costante (richiamando sentenze del 2021, 2016, 2012 e 2007), che sanziona la mancanza di specificità come causa di inammissibilità, proteggendo la Corte da ricorsi esplorativi o meramente dilatori.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per gli operatori del diritto. La redazione di un ricorso per cassazione esige uno studio approfondito della sentenza impugnata e la capacità di formulare censure mirate, pertinenti e argomentate. Qualsiasi approccio superficiale o generico è destinato a scontrarsi con una pronuncia di inammissibilità, che non solo preclude la possibilità di una riforma della decisione, ma aggrava anche la posizione del ricorrente con ulteriori oneri economici. La specificità non è un cavillo formale, ma l’essenza stessa del diritto di impugnazione dinanzi al giudice di legittimità.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo l’ordinanza, un ricorso è inammissibile quando si fonda su motivi non specifici, generici, indeterminati o che ripropongono le stesse ragioni già esaminate e respinte dal giudice precedente, senza una critica puntuale alle argomentazioni della sentenza impugnata.

Sollevare una questione di legittimità costituzionale in modo generico è un motivo valido per il ricorso?
No, la Corte ha ritenuto che il motivo relativo alla questione di legittimità costituzionale fosse “assolutamente generico ed assertivo, oltre che manifestamente infondato”, e quindi non idoneo a superare il vaglio di ammissibilità.

Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile?
Chi presenta un ricorso dichiarato inammissibile viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, in questo caso tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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