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Ricorso inammissibile: quando l’appello è generico

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un imputato contro una condanna a un anno di reclusione. Il ricorso è stato giudicato generico e manifestamente infondato, poiché non si confrontava specificamente con le motivazioni della Corte d’Appello. Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di 3.000 euro.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Sottolinea l’Importanza di Motivi Specifici

Nel sistema giudiziario italiano, presentare un ricorso è un diritto fondamentale, ma deve seguire regole precise. Quando un atto di impugnazione è redatto in modo vago e non puntuale, rischia di essere dichiarato ricorso inammissibile, con conseguenze significative per il proponente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di questa dinamica, ribadendo la necessità di formulare censure specifiche e pertinenti.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine con la condanna di un imputato da parte del Tribunale di Messina alla pena di un anno di reclusione per un reato previsto dal d.lgs. 159/2011. L’imputato ha proposto appello e la Corte d’Appello competente ha confermato integralmente la sentenza di primo grado.

Non soddisfatto della decisione, l’imputato ha presentato ricorso per cassazione, affidandosi al proprio difensore di fiducia. Il motivo principale del ricorso era un presunto ‘vizio di motivazione’ da parte della Corte d’Appello.

L’Appello e i Motivi del Ricorso

Secondo la difesa, la sentenza d’appello, pur essendo formalmente esistente, era priva di un reale iter argomentativo. Si sosteneva che i giudici di secondo grado si fossero limitati a riproporre le conclusioni del Tribunale, senza analizzare criticamente i fatti e senza valutare gli elementi specifici sollevati con i motivi d’appello. In sostanza, si accusava la Corte territoriale di aver omesso una valutazione autonoma, rendendo la sua motivazione meramente apparente.

La Decisione della Corte di Cassazione e il perché del ricorso inammissibile

La Suprema Corte ha respinto totalmente la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno qualificato le censure mosse dall’imputato come ‘generiche ed aspecifiche’, oltre che ‘manifestamente infondate’. Questa decisione si basa su un principio cardine del processo di legittimità: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti, ma una sede in cui si controlla la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha spiegato che, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, i Giudici d’Appello avevano effettivamente analizzato e confutato i motivi di gravame. L’analisi aveva riguardato sia il presunto difetto dell’elemento soggettivo del reato, sia le questioni relative al trattamento sanzionatorio. La motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta ‘congrua’, ovvero adeguata e logicamente coerente.

Il vero problema, secondo la Cassazione, è che il ricorrente non si è confrontato compiutamente con tale motivazione. Invece di individuare specifici errori logici o giuridici nella sentenza impugnata, si è limitato a una critica generica, riproponendo di fatto le stesse argomentazioni già respinte in appello. Un ricorso è inammissibile quando non riesce a stabilire un dialogo critico con la decisione che intende contestare, ma si limita a una sterile contrapposizione.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un insegnamento fondamentale per chiunque intenda impugnare una sentenza. Non è sufficiente esprimere dissenso; è necessario articolare critiche precise, puntuali e giuridicamente fondate, dimostrando dove e perché il giudice precedente ha sbagliato. La genericità delle censure porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità.

Le conseguenze non sono solo processuali, ma anche economiche. A causa dell’inammissibilità, il ricorrente è stato condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche a versare una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende. Questa sanzione, prevista dall’art. 616 c.p.p., scatta quando l’inammissibilità è determinata da colpa del ricorrente, come nel caso di un ricorso palesemente infondato. La decisione serve quindi da monito: le impugnazioni devono essere uno strumento serio e ponderato, non un tentativo dilatorio o privo di solide basi giuridiche.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile se i motivi presentati sono generici, non specifici e manifestamente infondati, oppure se non si confrontano criticamente con le argomentazioni della sentenza che si sta impugnando.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile per colpa del ricorrente?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, inoltre, al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata quantificata in 3.000 euro, come sanzione per aver presentato un ricorso infondato.

La Corte di Cassazione può riesaminare i fatti di un caso come farebbe un tribunale?
No, la Corte di Cassazione non riesamina i fatti nel merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la coerenza logica della motivazione delle sentenze dei giudici di grado inferiore, senza entrare in una nuova valutazione delle prove.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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