Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 7338 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2   Num. 7338  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA in Bulgaria avverso la sentenza del 21/10/2022 della Corte di Appello di Bari visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
 NOME, a mezzo del suo difensore, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza del 21 ottobre 2022 con la quale la Corte di Appello di Bari, in parziale riforma della sentenza emessa, in data 19 settembre 2017, dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Bari, lo ha condannato alla pena di anni 1 e mesi 8 di reclusione ed euro 2.000,00 di multa previa riqualificazione del fatto di cui al capo 1) nel reato di cui agli artt. 56 e 648-bis cod. pen.
Il ricorrente, con il primo motivo di impugnazione, lamenta violazione degli artt. 533, 535 cod. proc. pen. e 56, 132, 133, 648-bis, 648, 337 cod. pen. nonché violazione del principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio.
La Corte territoriale avrebbe erroneamente affermato che la mera presenza sulla scena del crimine costituirebbe prova della sussistenza dell’elemento soggettivo dei reati di tentato riciclaggio e ricettazione.
I giudici di appello avrebbero erroneamente ritenuto sussistente il reato di cui all’art. 337 cod. pen. senza tenere conto che l’imputato si sarebbe limitato a esercitare una resistenza passiva inidonea a perfezionare gli elementi costitutivi di tale fattispecie criminosa.
La pena irrogata sarebbe eccessiva in quanto i giudici di appello avrebbero ridotto la pena base per il reato di riciclaggio nella misura minima prevista dall’art. 56 cod. pen. nonostante sia stata «appena superata la soglia del tentativo punibile» (vedi pag. 4 del ricorso).
 Il ricorrente, con il secondo motivo di impugnazione, lamenta contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla penale responsabilità COGNOME dell’imputato COGNOME ed  COGNOME alla COGNOME determinazione  COGNOME del  COGNOME trattamento sanzionatorio nonché omessa motivazione in ordine alla richiesta di concessione della sospensione condizionale della pena.
La Corte territoriale, ignorando i motivi di appello, avrebbe omesso di motivare in ordine all’inidoneità delle condotte descritte nel capo C) a perfezionare gli elementi costitutivi del reato di resistenza a pubblico ufficiale.
I giudici di appello non avrebbero tenuto conto degli elementi favorevoli ad una maggiore mitigazione della pena ed alla concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena (incensuratezza, comportamento successivo al reato, entità della pena irrogata) ed omesso di indicare i criteri adottati per la dosimetria della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
 Il ricorso è inammissibile per le ragioni che seguono.
 I due motivi di impugnazione, che possono essere trattati congiuntamente avendo ad oggetto doglianze sovrapponibili, sono in parte generici ed aspecifici ed in parte dedotti in carenza di interesse.
2.1. La doglianza con la quale il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’elemento soggettivo dei reati di cui ai capi A) e B) è aspecifico in quanto reiterativo di censure già dedotte in appello ed affrontate in termini precisi e concludenti dalla Corte territoriale
I giudici di appello, con motivazione coerente con le risultanze istruttorie che riprende le argomentazioni dal Giudice di primo grado, come è fisiologico in presenza di una doppia conforme affermazione di responsabilità, hanno ritenuto -sulla base dei verbali di arresto e sequestro in atti- dimostrato l’elemento
soggettivo dei reati di ricettazione e tentato riciclaggio in considerazione del fatto che l’imputato, intento a smontare una delle due vetture successivamente sequestrate dai militari dell’Arma, invitava i correi a darsi alla fuga e poneva in essere condotte violente nei confronti degli operanti, dimostrando piena consapevolezza della provenienza delittuosa dei veicoli stessi e dell’illiceità delle proprie condotte (vedi pagg. 1 e 2 della sentenza di primo grado e pagg. 3 e 4 della sentenza impugnata).
La complessiva ricostruzione del materiale probatorio esposta in motivazione, in nessun modo censurabile sotto il profilo della completezza e della razionalità, è fondata su apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede.
Il ricorrente, senza confrontarsi adeguatamente con quanto motivato dalla Corte territoriale e dal primo giudice, si è limitato a reiterare le medesime allegazioni difensive che sostiene essere state pretermesse, chiedendo a questa Corte di entrare nella valutazione dei fatti e di privilegiare, tra le diverse ricostruzioni, quella a lui più gradita, senza confrontarsi con le emergenze processuali determinanti per la formazione del convincimento dei giudici di merito con conseguente aspecificità della doglianza.
2.2. L’ulteriore censura con la quale il COGNOME eccepisce l’insussistenza del reato di cui all’art. 337 cod. pen. è generica e dedotta in carenza di interesse.
Va, preliminarmente, rilevato che la Corte territoriale nulla ha motivato in ordine al motivo di appello avente ad oggetto la sussistenza dell’elemento materiale del reato di resistenza a pubblico ufficiale; questa constatazione, tuttavia, deve esser letta in relazione al contenuto del motivo di appello, dovendosi apprezzare se lo stesso rispondesse ai richiesti canoni di ammissibilità.
Ebbene, la risposta a tale verifica risulta certamente negativa atteso che il motivo di appello in esame è assolutamente generico e privo dei requisiti prescritti dall’art. 581 cod. proc. pen. che impone la esposizione delle ragioni di fatto e di diritto a sostegno di ogni impugnazione.
La difesa si è, infatti, limitata ad affermare che «non è sanzionabile la mera resistenza passiva ravvisabile in comportamenti spontanei ed istintivi non interdittivi dell’atto del p.u.» (vedi pag. 3 dell’atto di appello) senza specificare gli elementi probatori in base ai quali sarebbe possibile ricondurre le condotte descritte nel capo di imputazione ad una ipotesi di resistenza passiva e senza confrontarsi in alcun modo con le argomentazioni fornite sul punto dal Tribunale (vedi pagg. 1 e 2 della sentenza di primo grado), con la conseguenza che l’impugnazione così formata non si sostanzia in una ragionata censura del provvedimento impugnato ma si risolve in una generalizzata critica, che non
permette di percepire con esattezza l’oggetto della censura (Sez. 2, n. 30918 del 07/05/2015, Falbo, Rv. 264441 – 01).
Appare evidente che il motivo di appello è contraddistinto dalla mera declinazione di argomentazioni, apodittiche ed estremamente succinte, prive di un nesso critico con il percorso argomentativo della sentenza impugnata che ha portato alla condanna dell’imputato con conseguente manifesta infondatezza del motivo di appello.
Deve ribadirsi, in proposito, il principio di diritto secondo cui è inammissibile, per carenza d’interesse, il ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado che non abbia correttamente preso in considerazione un motivo di appello inammissibile ab origine per manifesta infondatezza, in quanto l’eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio non sussistendo il lamentato vizio di violazione di legge o di illogicità motivazionale (vedi Sez. 3, n. 46588 del 03/10/2019, COGNOME, Rv. 277281- 01; Sez. 2, n. 35949 del 20/06/2019, COGNOME, Rv. 276745-01; da ultimo Sez. 2, n. 1878 del 03/11/2022, dep. 2023, Montefusco, non massimata).
2.3. Le doglianze inerenti alla determinazione del trattamento sanzionatorio sono aspecífiche.
La Corte territoriale ha adeguatamente motivato in ordine alla congruità della pena, conseguente alla riduzione minima ai sensi dell’art. 56 cod. pen., in considerazione delle modalità delle condotte che “rinviano ad un contesto organizzato e professionale”, della particolare intensità del dolo e del valore dei beni di provenienza delittuosa (vedi pag. 4 e 5 della sentenza impugnata), elementi con i quali il ricorso ha omesso di confrontarsi adeguatamente con conseguente difetto di specificità del ricorso.
Deve esser, in proposito, ribadito il principio di diritto secondo cui la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, nell’osservanza dei criteri stabiliti dagli artt. 133 e 133-bis cod. pen., è sufficiente che richiami la gravità del reato o la capacità a delinquere dell’imputato con espressioni del tipo: «pena congrua», «pena equa» o «congruo aumento» (cfr. Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro, Rv. 271243-01).
Ne discende che è inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, COGNOME, Rv. 259142; Sez. 2, n. 43893 del 29/09/2022, COGNOME, non massimata), vizi non ravvisabili nel caso oggetto di scrutinio.
2.4. L’ultima doglianza con la quale il ricorrente eccepisce l’omessa motivazione in ordine alla richiesta di concessione della sospensione condizionale della pena è al contempo generica e dedotta in carenza di interesse.
2.4.1. Deve essere, in proposito, evidenziato che, in sede di appello, l’imputato si è limitato a chiedere la concessione dei benefici di legge senza alcuna indicazione delle argomentazioni poste a sostegno di tale richiesta con conseguente manifesta infondatezza del motivo di appello per assoluta genericità.
Ne consegue che l’omessa motivazione sul punto non giustifica l’annullamento della sentenza impugnata in considerazione dell’assoluta genericità del motivo di appello ignorato dalla Corte di merito, in applicazione dei principi di diritto esposti al punto 2.2 che si intendono qui integralmente riportati.
2.4.2. La censura proposta è anche generica, in quanto il ricorrente non si confronta con la motivazione complessiva della sentenza impugnata, dalla quale emergono plurimi elementi di fatto che evidenziano nella condotta dell’imputato pregnanti profili di pericolosità, come specificamente evidenziati ai fini della determinazione del trattamento sanzionatorio; tali elementi giustificano implicitamente il diniego dei benefici richiesti dal momento che il legislatore fa dipendere la sospensione condizionale dalla valutazione degli elementi indicati dall’art. 133 cod. peri.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 01 dicembre 2023
COGNOME