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Ricorso inammissibile: quando l’appello è generico

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per il reato di cui all’art. 334 c.p. (sottrazione di cose pignorate). La Corte ha stabilito che i motivi del ricorso erano generici e riproduttivi di censure già respinte nel merito, confermando la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: La Cassazione e i Motivi Generici

Presentare un ricorso in Cassazione richiede specificità e rigore. Un ricorso inammissibile non è solo una sconfitta processuale, ma comporta anche conseguenze economiche per il ricorrente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come la genericità e la ripetitività dei motivi di appello portino inevitabilmente a questa conclusione, specialmente in materia penale.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello per il reato previsto dall’articolo 334 del codice penale, ovvero la sottrazione o il danneggiamento di cose sottoposte a pignoramento o sequestro. L’imputato, ritenuto responsabile della violazione dei suoi doveri di custode di un bene vincolato, decideva di impugnare la sentenza di secondo grado, presentando ricorso per Cassazione.

Il ricorrente lamentava una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione in relazione alla sua responsabilità penale. Tuttavia, la sua difesa si basava su argomentazioni già ampiamente discusse e respinte dal giudice di merito.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte, con una sintetica ma incisiva ordinanza, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o innocenza del ricorrente, ma si concentra esclusivamente sulla validità del ricorso stesso. La Corte ha ritenuto che le censure mosse alla sentenza impugnata fossero prive dei requisiti minimi per poter essere esaminate.

Di conseguenza, oltre a rigettare il ricorso, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria prevista proprio per i casi di inammissibilità del ricorso.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione su due pilastri fondamentali. In primo luogo, ha evidenziato la genericità dell’unico motivo di ricorso. Le argomentazioni presentate non erano sufficientemente specifiche da contestare efficacemente la logica giuridica della sentenza d’appello.

In secondo luogo, il ricorso è stato considerato meramente riproduttivo di censure già adeguatamente vagliate e disattese dal giudice di merito. La sentenza di secondo grado, infatti, aveva già fornito una motivazione corretta e giuridicamente solida, spiegando come fosse stata provata sia la violazione dei doveri di custodia del bene, sia la piena consapevolezza del ricorrente riguardo al vincolo che gravava su di esso. Riproporre le stesse obiezioni senza introdurre nuovi e pertinenti profili di criticità giuridica equivale a chiedere alla Cassazione un terzo giudizio di merito, compito che non le spetta.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale del nostro sistema processuale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. È un giudizio di legittimità, volto a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Per questo motivo, un ricorso deve essere specifico, puntuale e non può limitarsi a ripetere argomenti già sconfitti. La dichiarazione di ricorso inammissibile non è una mera formalità, ma una sanzione processuale che comporta oneri economici significativi, a monito dell’importanza di adire la Suprema Corte solo con motivi seri e fondati.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché l’unico motivo presentato era generico e riproduceva censure già esaminate e respinte in modo giuridicamente corretto dal giudice di merito.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Cosa aveva stabilito la sentenza di merito riguardo alla responsabilità dell’imputato?
La sentenza di merito aveva accertato la responsabilità dell’imputato, dando atto della violazione dei doveri di custodia del bene e della sua pacifica conoscenza del vincolo che gravava sullo stesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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