Ricorso Inammissibile: La Specificità dei Motivi è Fondamentale
Quando si presenta un ricorso alla Corte di Cassazione, non basta semplicemente ripetere le proprie ragioni. È necessario confrontarsi specificamente con la sentenza che si intende contestare. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci ricorda questa regola fondamentale, dichiarando un ricorso inammissibile perché i motivi presentati erano generici e reiterativi. Analizziamo insieme questo caso per capire l’importanza della specificità nell’impugnazione.
I Fatti del Processo: Furto e Prelievi Indebiti
Il caso ha origine da una condanna per i reati di indebito utilizzo di strumenti di pagamento (art. 493ter c.p.) e furto (art. 624 c.p.). L’imputato era stato ritenuto responsabile di aver effettuato tre prelievi di contante non autorizzati e di aver commesso un furto ai danni di un’altra persona. 
La prova regina che ha portato alla sua condanna in primo grado e in appello è stata l’analisi delle immagini registrate dall’impianto di videosorveglianza di un istituto di credito. Grazie alla loro ottima qualità, i giudici di merito hanno potuto identificare con certezza l’imputato come l’autore di due dei tre prelievi contestati. La Corte d’Appello aveva inoltre motivato logicamente la sua responsabilità anche per il terzo prelievo e per il furto, evidenziando la stretta sequenza temporale tra le diverse azioni criminali.
La Decisione sul Ricorso Inammissibile
Nonostante la solidità delle prove, l’imputato ha deciso di presentare ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio della motivazione della sentenza d’appello. Tuttavia, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. 
La decisione si fonda su un principio cardine del nostro sistema processuale: i motivi di ricorso devono essere specifici. Non possono limitarsi a riproporre le stesse argomentazioni già esaminate e respinte nei precedenti gradi di giudizio. Bisogna, invece, attaccare puntualmente il ragionamento logico-giuridico seguito dalla Corte d’Appello, dimostrando dove e perché ha sbagliato.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha osservato che i motivi presentati dall’imputato erano “meramente reiterativi” delle doglianze già discusse e disattese dalla Corte d’Appello. Quest’ultima aveva fornito una motivazione completa, logica e congruente, che non lasciava spazio a censure. 
I giudici di legittimità hanno sottolineato come la Corte di merito avesse già spiegato in modo esauriente perché le immagini video erano sufficienti a identificare l’autore dei reati, respingendo così la tesi difensiva di uno scambio di persona e la richiesta di ulteriori accertamenti istruttori. Poiché i motivi del ricorso non si confrontavano in modo specifico con questa motivazione, risultavano generici e, di conseguenza, inammissibili.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza ribadisce un insegnamento cruciale per chiunque affronti un processo penale: un ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. È un giudizio di legittimità, volto a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Per questo, presentare un appello basato sulla semplice riproposizione di argomenti già sconfitti è una strategia destinata al fallimento. Comporta non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come accaduto in questo caso.
 
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano una mera ripetizione di argomentazioni già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. Non si confrontavano in modo specifico con la motivazione della sentenza impugnata, risultando quindi generici.
Quale prova è stata decisiva per la condanna dell’imputato?
La prova decisiva è stata costituita dalle immagini di ottima qualità del sistema di videosorveglianza dell’istituto di credito, che hanno permesso di identificare con certezza l’imputato come l’autore dei prelievi indebiti.
Quali sono le conseguenze per chi presenta un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, in questo caso fissata in tremila euro.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35083 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7   Num. 35083  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a FORLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/12/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME avverso la sentenza della Corte di Appello di Venezia che ha confermato la responsabilità dell’imputato e il trattamento sanzionatorio inflittogli in relazione ai delitti di cui agli artt. 493ter e 624 cod.pe ritenuto che entrambi i motivi di ricorso, con cui si deducono la violazione di legge ed il vizio della motivazione, sono meramente reiterativi di doglianze già prospettate in sede d’appello e disattese dalla Corte di merito con motivazione che non presta il fianco a censura per completezza e congruenza logica; che , infatti, i giudici territoriali (pagg. 4-5), hanno evidenziato che le immagini, di ottima qualità, dell’impianto di videosorveglianza dell’istituto di credito ove furono effettuati due dei tre prelievi contestati hanno consentito la certa identificazione del prevenuto quale autore degli stessi, negando fondamento alla tesi di uno scambio di persona e ricusando implicitamente la prospettata necessità di approfondimenti istruttori; hanno, inoltre, logicamente argomentato in ordine alla responsabilità del prevenuto con riguardo al terzo indebito prelievo e al furto in danno della Zaninello, rimarcando la stringente sequenza temporale delle azioni delittuose;
considerato che le censure difensive non si rapportano in termini di specificità alla motivazione posta a sostegno della sentenza impugnata, con conseguente genericità dei motivi;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il giorno 23 settembre 2025.