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Ricorso inammissibile: quando l’appello è generico

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2260/2024, ha dichiarato un ricorso inammissibile a causa della genericità dei motivi d’appello. Il ricorso contestava l’entità della sanzione e la mancata concessione di attenuanti, ma le istanze erano formulate come mere ‘clausole di stile’. La Corte ha rilevato una carenza d’interesse, poiché l’accoglimento del ricorso non avrebbe portato alcun vantaggio al ricorrente, dato che i motivi sarebbero stati comunque inammissibili in un eventuale giudizio di rinvio. La decisione sottolinea la necessità di presentare motivi di impugnazione specifici e non meramente formali.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Motivi d’Appello Generici

Nel processo penale, l’atto di appello non è una semplice formalità, ma deve contenere motivi specifici e concreti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda quanto sia cruciale questa regola, chiarendo che un appello basato su argomentazioni generiche può portare a un ricorso inammissibile per carenza d’interesse. Questo principio protegge l’efficienza del sistema giudiziario, evitando che le corti siano impegnate a discutere impugnazioni prive di una reale sostanza giuridica.

Analizziamo insieme una decisione che illustra perfettamente questo concetto, offrendo spunti fondamentali per chiunque si approcci a un’impugnazione penale.

Il Caso in Esame

Un imputato, condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello di L’Aquila, presentava ricorso per Cassazione. I motivi del ricorso erano principalmente due:

1. Contestazione sull’entità della sanzione: Il ricorrente riteneva la pena eccessiva.
2. Mancata motivazione: Si lamentava la mancata considerazione di un’ulteriore attenuante e delle disposizioni dell’art. 175 c.p.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ritenuto di non poter nemmeno entrare nel merito della questione, dichiarando il ricorso inammissibile.

L’Analisi della Corte sul ricorso inammissibile

La Suprema Corte ha esaminato separatamente i due motivi, giungendo per entrambi a una conclusione negativa per il ricorrente, ma basata su principi procedurali di grande importanza.

Primo Motivo: L’Entità della Sanzione

Sul primo punto, la Corte ha stabilito che il motivo era manifestamente infondato. La Corte d’Appello aveva già fornito una motivazione sufficiente sulla gravità del fatto, giustificando la pena anche in relazione alla decisione di non applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (ex art. 131 bis c.p.). Inoltre, essendo la pena inflitta modesta e inferiore al medio edittale, non era richiesto al giudice un onere motivazionale particolarmente dettagliato.

Secondo Motivo: La Carenza d’Interesse per Genericità

È sul secondo motivo che la Corte si sofferma con maggiore attenzione. Le richieste relative alle attenuanti erano state formulate in appello in modo talmente scarno e generico da essere ridotte a una mera ‘clausola di stile’.

Secondo la Cassazione, questa genericità rende il motivo d’appello originario inammissibile. Di conseguenza, anche se la Corte avesse annullato la sentenza per riesaminare quel punto, il giudice del rinvio non avrebbe potuto fare altro che dichiarare a sua volta l’inammissibilità di quelle richieste. L’accoglimento del ricorso, quindi, non avrebbe portato alcun beneficio concreto al ricorrente. Questa situazione configura una carenza d’interesse, un presupposto fondamentale per qualsiasi impugnazione. In assenza di un interesse concreto e attuale a ottenere una riforma della decisione, il ricorso è, per definizione, inammissibile.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Cassazione si fonda su un principio consolidato: è inammissibile, per carenza d’interesse, il ricorso avverso una sentenza di secondo grado che non abbia preso in considerazione un motivo d’appello, qualora tale motivo risulti fin dall’origine inammissibile per manifesta infondatezza o genericità. In parole semplici, non si può chiedere alla Cassazione di ‘correggere’ un’omissione del giudice d’appello se la richiesta originaria era già viziata e destinata al fallimento.

L’eventuale accoglimento della doglianza, infatti, non produrrebbe alcun esito favorevole per il ricorrente in sede di giudizio di rinvio, rendendo l’intera operazione processuale inutile. Per questo motivo, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Le Conclusioni: L’Importanza della Specificità negli Atti Giudiziari

Questa ordinanza ribadisce un insegnamento cruciale per la pratica forense: le impugnazioni non possono essere basate su formule vaghe o richieste generiche. Ogni motivo di ricorso deve essere specifico, pertinente e supportato da argomentazioni logico-giuridiche concrete. In caso contrario, il rischio non è solo quello di un rigetto nel merito, ma di una declaratoria di inammissibilità che impedisce al giudice di esaminare la questione, con un conseguente spreco di tempo e risorse. La specificità è, dunque, non solo una regola tecnica, ma un pilastro dell’efficienza e della serietà del processo penale.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile per carenza d’interesse?
Un ricorso è inammissibile per carenza d’interesse quando il suo eventuale accoglimento non porterebbe alcun vantaggio pratico al ricorrente. Questo accade, come nel caso di specie, se il motivo d’appello originale era a sua volta inammissibile (ad esempio, per genericità), rendendo inutile un nuovo giudizio.

Perché un motivo di appello formulato come ‘clausola di stile’ è considerato inefficace?
Una ‘clausola di stile’ è una richiesta generica e non motivata. È considerata inefficace perché non assolve all’onere di specificità dei motivi di impugnazione, non consentendo al giudice di comprendere le ragioni concrete della doglianza e di deliberare nel merito.

La Corte d’Appello è sempre tenuta a motivare dettagliatamente sull’entità di una sanzione penale?
No. Secondo la Cassazione, quando la sanzione inflitta è modesta e inferiore alla media prevista dalla legge per quel reato (‘medio edittale’), non sussiste un particolare onere motivazionale per il giudice, a meno che non vengano sollevate questioni specifiche e circostanziate dalla difesa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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