Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 882 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 882 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/11/2023
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da
NOME nato ad Acireale il 26 ottobre 1976 NOME nato a Melito di Porto Salvo 9 gennaio 1970 NOME nato ad Acireale 13 maggio 1976
avverso la sentenza resa il 19 ottobre 2022 dalla CORTE di APPELLO di Catania visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricors proposto da COGNOME per rinunzia e dei ricorsi proposti da COGNOME e COGNOME perché manifestamente infondati.
Sentito l’avv. NOME COGNOME per COGNOME che, anche in sostituzione dell’avv. COGNOME ha insistito nei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Catania, parzialmente riformando la sentenza resa il 12 maggio 2021 dal Tribunale di Catania, ha confermato la responsabilità del COGNOME in ordine ai reati di associazione a delinquere aggravata dall’agevolazione mafiosa, di corruzione e per violazioni fiscali ; ha rideterminato la pena inflitta a COGNOME previa concessione delle attenuanti generiche, e a COGNOME, previo riconoscimento della continuazione tra i fatti di cui al presente procedimento e quelli
giudicati con sentenza della Corte di appello di Milano del 17 dicembre 2020 divenuta irrevocabile il 31 agosto 2021.
Ha confermato il giudizio di responsabilità e il trattamento sanzionatorio nei confronti di COGNOME
Avverso la detta sentenza ricorrono gli imputati.
NOME COGNOME ha dedotto difetto di motivazione in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione, senza rendere sul punto alcuna motivazione.
In data 13 settembre 2023 è pervenuta dichiarazione di rinunzia al ricorso da parte dell’avv. NOME COGNOME nominato dal COGNOME allo scopo.
3. NOME COGNOME deduce:
3.1 Violazione dell’art. 469 cod. proc.pen. in quanto la Corte ha per errore ritenuto che fosse intervenuta in udienza rinunzia allo specifico motivo di gravame e di conseguenza non ha reso alcuna motivazione nel merito dell’eccezione di ostacolo di precedente giudicato sollevata dall’appellante in ragione della medesimezza del fatto di reato tra l’ipotesi associativa già giudicata in via definitiva dal Tribunale di Milano e quella concorso esterno in associazione a delinquere di stampo mafioso ritenuta dal Tribunale di Catania, in quanto aventi ad oggetto le medesime condotte materiali già oggetto di giudicato.
La Corte di appello di Catania ha omesso di trattare il presente motivo di doglianza perché ha preso atto della formale rinunzia al motivo di appello concernente l’eccezione del ne bis in idem mentre residuava soltanto la censura in ordine al trattamento sanzionatorio.
Tuttavia il ricorrente sostiene che sussiste un bis in idem sostanziale e cioè un concorso apparente di norme, che comporta l’attribuzione multipla del medesimo fatto storico all’odierno ricorrente, in quanto le condotte ritenute in giudizio dal Tribunale di Catania per l’affermazione della penale responsabilità del COGNOME a titolo di concorso esterno in associazione mafiosa, sono le medesime che il Tribunale di Milano ha valorizzato per affermare la responsabilità del ricorrente per associazione semplice aggravata dalla volontà di agevolare il gruppo mafioso.
Ma in ogni caso contesta la possibilità di porre le medesime condotte a fondamento dell’aggravante dell’agevolazione di un gruppo mafioso e del concorso esterno al medesimo gruppo in quanto il concorso formale tra le due fattispecie è possibile solo quando le condotte poste a fondamento del concorso esterno siano diverse da quelle che integrano l’aggravante della agevolazione.
3.2 Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’applicazione dell’istituto del continuazione esterna e difetto di motivazione quanto al trattamento sanzionatorio ed errore materiale nel computo degli aumenti, poiché la Corte ha accolto la richiesta di
continuazione avanzata dalla difesa in relazione ai fatti giudicati con un’ulteriore sentenza irrevocabile, ma ha determinato la pena in modo erroneo non tenendo conto che il giudice della esecuzione, e cioè la Corte di appello di Milano, con ordinanza del 15 novembre 2021 aveva ritenuto la continuazione con i reati accertati da altre due sentenze passate in giudicato, così modificando il trattamento sanzionatorio e pervenendo alla pena complessiva di anni 7 mesi 5 e giorni venti di reclusione.
4. NOME COGNOME ricorre deducendo:
4.1. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alle attenuanti generiche poiché la Corte ha riconosciuto il beneficio invocato, ma non nella sua massima estensione, senza tuttavia argomentare al riguardo e omettendo di valutare i numerosi elementi di fatto che giustificano la più ampia concessione.
4.2 Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio e soprattutto alla commisurazione degli aumenti per i reati posti in continuazione esterna, poiché la Corte non ha fornito una motivazione specifica e puntuale riguardo alla dosimetria dei singoli aumenti di pena, non potendosi ritenere assolto l’obbligo di motivazione con un richiamo generico ai criteri di cui all’articolo 133 cod.pen. e adottando mere clausole di stile. La Corte ha riconosciuto in favore di COGNOME la continuazione tra i fatti del presente procedimento con quelli di altre sentenze della Corte di appello di Milano del 3 dicembre 2019 e del 17 dicembre 2020, e della sentenza del GUP del Tribunale di Milano del 16 ottobre 2019, ma ha omesso di indicare le ragioni poste a sostegno della determinazione dei diversi aumenti sanzionatori e ha eluso l’obbligo di motivare sulla commisurazione finale e complessiva della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono inammissibili.
Preliminarmente occorre prendere atto della rinunzia ai motivi di ricorso proposta dal difensore e procuratore speciale dell’imputato COGNOME che impone la dichiarazione di inammissibilità del ricorso con conseguente passaggio in giudicato della sentenza impugnata.
Anche gli altri ricorsi sono inammissibili poiché propongono motivi non consentiti in quanto oggetto di specifica rinunzia o generici, in quanto si limitano a reiterare l medesime censure già sollevate con l’atto di gravame e non si confrontano con le esaustive argomentazioni svolte al riguardo dalla Corte di appello che le ha respinte con motivazione non manifestamente illogica o contraddittoria.
2. Ricorso NOME
2.1 II primo motivo di ricorso è manifestamente infondato poiché correttamente la Corte non ha reso alcuna motivazione in ordine all’eccezione di ostacolo di precedente
giudicato poiché il motivo di appello è stato oggetto di rinunzia da parte dell’avv. COGNOME all’udienza del 13 luglio 2022 e l’eccezione di ne bis in idem, involgendo questioni di fatto che esulano dalla competenza di questa Corte, non può essere sollevata in questa sede. Peraltro va rilevato il Tribunale di Catania aveva respinto la relativa eccezione osservando che al COGNOME si contesta il concorso esterno per avere finanziato il clan COGNOME, contribuendo alle attività di quest’ultimo, mentre nell’ambito del procedimento pendente dinanzi al Tribunale di Milano si contestano le condotte illecite poste in essere con la creazione di società cartiere, aggravate dallo scopo di agevolare il clan COGNOME. Si tratta secondo il tribunale di due diversi segmenti di una complessiva condotta e su questa affermazione, in ragione della rinunzia alla censura formulata con il gravame, è intervenuto il giudicato.
2.2 n secondo motivo è generico poiché non si confronta con la motivazione resa dalla Corte di merito che ha tenuto conto e menzionato nel suo provvedimento l’ordinanza resa dalla Corte di Appello in veste di giudice dell’esecuzione e l’ha ricompresa nel calcolo.
Dal tenore del ricorso non è dato comprendere in cosa sia consistito l’asserito errore della Corte, considerato peraltro che dal confronto tra la pena determinata dalla Corte di Appello come giudice dell’esecuzione e quella complessivamente ricalcolata dalla sentenza impugnata emerge un aumento molto contenuto, di appena dieci giorni di reclusione, per i fatti riuniti per continuazione.
3. Ricorso Politi
3.1 D primo motivo di ricorso è manifestamente infondato poiché la Corte ha reso in ordine al beneficio delle circostanze attenuanti generiche sintetica ma esaustiva motivazione, osservando che il comportamento processuale dell’imputato che ha rinunciato ai motivi di appello può essere apprezzato positivamente ma non tanto da determinare il riconoscimento delle attenuanti nella loro massima estensione, in quanto tale comportamento collaborativo è intervenuto soltanto nel corso del giudizio di secondo grado, dopo l’emissione della sentenza di condanna.
E tale considerazione deve ritenersi assorbente rispetto alle censure mosse con l’atto di appello dalla difesa, con cui la stessa riteneva di evidenziare elementi tali da giustificar la concessione del beneficio e invocava una diminuzione della pena, non necessariamente nella sua massima estensione.
Ed in effetti questa Corte ha avuto modo di osservare con plurimi arresti che il beneficio delle circostanze attenuanti generiche rientra nella valutazione discrezionale propria del giudice che se oggetto di motivazione non manifestamente illogica o contraddittoria non può essere sindacata da questa Corte.
3.2 D secondo motivo di ricorso invoca apprezzamenti in punto di fatto e censure di merito che esulano dalla competenza di questa Corte; lo stesso risulta comunque manifestamente infondato.
Il collegio di appello ha riconosciuto in favore del COGNOME la continuazione tra i fatti ogg del presente procedimento e quelli già accertati in altri due processi con sentenza della Corte di appello di Milano del 3 dicembre 2019 e sentenza del GUP del Tribunale di Milano del 16 ottobre 2019 e ha dato contezza dei diversi aumenti sanzionatori, in ordine ai quali era già intervenuto il giudicato, e che risultavano sensibilmente superiori a quell poi ricalcolati dalla Corte con il provvedimento impugnato.
Giova ricordare che nel caso di continuazione tra reati in parte decisi con sentenza definitiva ed in parte “sub iudice”, la valutazione circa la maggiore gravità delle violazi deve essere compiuta confrontando la pena irrogata per i fatti già giudicati con quella irroganda per i reati al vaglio del decidente, attesa la necessità di rispettare le valutazi in punto di determinazione della pena già coperte da giudicato e, nello stesso tempo, di rapportare grandezze omogenee. (Sez. 6, Sentenza n. 36402 del 04/06/2015 Ud. (dep. 09/09/2015 ) Rv. 264582 – 01)
Nell’ipotesi in cui il reato più grave sia tra quelli sub iudice, come nel caso in esame, una volta determinata la pena base su cui applicare gli aumenti per i reati ritenuti satelli quelli già determinati nella sentenza irrevocabile e quindi già coperti da giudicato possono essere confermati o modificati, sempre nel rispetto del divieto di reformatio in peius.
Ed infatti è stato precisato che i poteri del giudice della cognizione sono assimilabili quelli del giudice dell’esecuzione che, per esplicito dettato normativo ex art. 671 cod proc.pen. può applicare l’istituto della continuazione anche rimodulando gli aumenti già previsti dal giudice della cognizione, in forza di una rivalutazione globale dei fatti unif quoad poenam (v. incidenter tantum S.U. n. 35852/2018 e Cass. sez.6 n. 23031/2004 RV 229917). Ne consegue che, una volta riconosciuta la continuazione e sciolto il vincolo della continuazione, il giudice della cognizione potrà procedere ad applicare gli aumenti di pena già ritenuti congrui dalla sentenza definitiva o a ridurli se lo ritiene giusto Volpe 2007).
Ne deriva come corollario che l’applicazione degli aumenti per i reati satellite no necessita di specifica motivazione, essendo già stati determinati e motivati nel giudizi conclusosi con sentenza definitiva, salvo che la rideterminazione delle pena ad opera del giudice della cognizione si differenzi molto da quella già coperta da giudicato.
Nel caso in esame la Corte ha ritenuto più grave il reato associativo oggetto del presente procedimento, per i quali il tribunale aveva determinato la pena in 10 anni di reclusione, ha ridotto la pena ad anni otto per il riconoscimento delle attenuanti generiche e, riconosciuta la continuazione con i fatti accertati dalle tre sentenze irrevocabili so indicate, ha applicato sulla pena base di otto anni di reclusione, un aumento di appena anni tre e mesi quattro per la continuazione esterna con i fatti già accertati da det sentenze, che avevano condannato il COGNOME a pene più gravi, rideterminando la sanzione finale in complessivi anni undici e mesi quattro di reclusione. Il ricorrente non specif le ragioni della sua doglianza e non espone motivi specifici che avrebbero dovuto indurre il collegio giudicante a ridurre ulteriormente le pene già inflitte e passate in giudic
sicchè, a fronte di un’apprezzabile riduzione della sanzione complessivamente applic la censura è generica e priva di concreto interesse.
Si impone pertanto la dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi con le conse statuizioni.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende
Roma 14 novembre 2023
NOME COGNOME o
il consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presiden