Ricorso Inammissibile: la Cassazione ribadisce il principio di specificità
Quando si presenta un ricorso alla Corte di Cassazione, non è sufficiente esprimere un generico dissenso verso la sentenza precedente. È fondamentale che i motivi siano specifici, pertinenti e in grado di contestare punto per punto la decisione del giudice. Una recente ordinanza della Suprema Corte chiarisce ancora una volta questo principio, dichiarando un ricorso inammissibile per la sua manifesta genericità. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni.
I Fatti del Caso
Un imputato, condannato dalla Corte di Appello di Roma, ha presentato ricorso per Cassazione basando le proprie doglianze su diversi punti. In particolare, contestava la decisione dei giudici di merito di non concedergli le circostanze attenuanti generiche e di aver applicato la recidiva. Sosteneva, inoltre, di non essere stato informato della possibilità di accedere alle pene sostitutive, previste da una normativa recente. Infine, sollevava una questione relativa al mancato riconoscimento della continuazione tra i reati.
L’Analisi della Cassazione e il ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi presentati e li ha rigettati in blocco, ritenendoli affetti da una palese genericità. I giudici hanno osservato come il ricorrente si fosse limitato a riproporre le stesse questioni già ampiamente e puntualmente trattate dalla Corte di Appello, senza però confrontarsi in modo critico con la motivazione della sentenza impugnata. Questo approccio, secondo la Corte, non è consentito in sede di legittimità.
La questione delle Pene Sostitutive
Un punto specifico del ricorso riguardava la presunta mancata informazione sulla possibilità di accedere alle pene sostitutive. La Corte ha liquidato questo motivo come manifestamente infondato. Ha infatti rilevato che la normativa di riferimento (d.lgs. 19 marzo 2024, n. 31) era già in vigore al momento dell’emissione della sentenza d’appello. Di conseguenza, non sussisteva alcun obbligo informativo specifico da parte del giudice in quel contesto.
La Genericità come Vizio Capitale
Il cuore della decisione risiede nel concetto di genericità dei motivi. La Cassazione ha citato un proprio precedente (sentenza n. 44882/2014) per ribadire che le doglianze, quando sono meramente apparenti e non denunciano un reale errore logico o giuridico nella sentenza impugnata, non possono essere accolte. Un ricorso efficace deve individuare con precisione il vizio della decisione precedente e argomentare in modo specifico perché essa sia errata.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Corte si fondano su un principio cardine del giudizio di legittimità: la Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un organo che valuta la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. I giudici hanno stabilito che:
1. I motivi erano generici: Non affrontavano la puntuale motivazione della Corte di Appello sul diniego delle attenuanti e sull’applicazione della recidiva.
2. Mancava un confronto effettivo: Il ricorrente non ha sviluppato un’argomentazione critica contro le valutazioni del giudice di merito, rendendo il ricorso una mera ripetizione di istanze già respinte.
3. Il motivo sulle pene sostitutive era infondato: La normativa era già in vigore e pienamente applicabile al momento della decisione d’appello.
4. Il motivo sulla continuazione era privo di interesse: Il ricorrente non ha specificato quale fosse il suo interesse concreto a una rimodulazione della pena, che comunque sarebbe rimasta prevalentemente pecuniaria.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
In conclusione, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Come conseguenza diretta, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
Questa ordinanza rappresenta un monito importante: per accedere al giudizio di Cassazione, è indispensabile formulare motivi di ricorso specifici, tecnici e che dialoghino criticamente con la sentenza impugnata. Limitarsi a riproporre le stesse argomentazioni già valutate e respinte nei gradi di merito conduce quasi inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con l’ulteriore aggravio di spese e sanzioni.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile, come nel caso di specie, quando i motivi sono generici, ovvero non contestano in modo specifico e puntuale le ragioni esposte nella sentenza impugnata, ma si limitano a riproporre le stesse questioni già decise senza un confronto critico.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, per legge (art. 616 c.p.p.), la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000 euro.
L’imputato doveva essere specificamente informato sulla nuova legge sulle pene sostitutive?
No. Secondo la Corte, il motivo era manifestamente infondato perché la normativa sulle pene sostitutive era già in vigore al momento della sentenza d’appello, quindi era parte dell’ordinamento giuridico applicabile e non richiedeva una specifica informazione da parte del giudice in quel contesto processuale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33457 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33457 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 26/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 16/09/1978
avverso la sentenza del 19/12/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che tutti i motivi dedotti dal ricorrente sono affetti da genericità rispetto alla puntuale motivazione della Corte di appello di Roi -na, che, contrariamente a quanto dedotto nel ricorso, ha congruamente motivato sulle ragioni del diniego delle circostanze attenuanti generiche e sull’applicazione della recidiva;
ritenuto che la riproposizione delle medesime questioni affrontate in modo approfondito con motivazione puntuale, in assenza di un confronto effettivo con le valutazioni del giudice di merito, non è ammissibile in sede di legittimità, sia per l’insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, così prospettate, solo apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determinato (Sez. 3, n. 44882 del 18.7.2014, COGNOME e altri, Rv. 260608);
ritenuto che il motivo dedotto sula mancata . informazione all’imputato della possibilità di prestare il consenso alle pene sostitutive è manifestamente infondato trattandosi di una normativa modificata dall’art. 2 del d.lgs. 19 marzo 2024 n. 31, / già in vigore al momento in cui è stata emessa la sentenza impugnata in data 19 dicembre 2024;
ritenuto che il motivo sulla esclusione della continuazione è generico perchè non specifica l’interesse del ricorrente rispetto ad una rimodulazione della pena detentiva in misura ridotta e più favorevole all’imputato, rispetto a quella inflitta con la sentenza di primo grado, sebbene maggiore sia risultata solo la pena pecuniaria ma in misura comunque inferiore alla pena detentiva, ove convertita a norma dell’art.135 c.p.;
rilevato che dalla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26 settembre 2025
Il Cons ere estensore
Il Presidente