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Ricorso inammissibile: quando l’appello è generico

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per false dichiarazioni al fine di ottenere il gratuito patrocinio. La decisione si fonda sul principio che un ricorso non può limitarsi a ripetere le stesse argomentazioni già respinte in appello, ma deve contenere una critica specifica e argomentata della sentenza impugnata. La Corte ha confermato la condanna e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Boccia l’Appello “Fotocopia”

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale del diritto processuale penale: un appello non può essere una semplice riproposizione di argomenti già discussi e respinti. Quando un atto di impugnazione si limita a questo, il suo destino è segnato: un ricorso inammissibile. Il caso in esame riguarda un cittadino condannato per aver reso false dichiarazioni al fine di ottenere il patrocinio a spese dello Stato, una vicenda che offre spunti cruciali sulla necessità di specificità e critica argomentata negli atti difensivi.

I Fatti del Processo

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un imputato da parte del Gup del Tribunale di Pesaro per il reato previsto dall’art. 95 del d.p.r. 115/2002. L’accusa era quella di aver falsamente attestato le proprie condizioni reddituali per essere ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato. La Corte d’Appello di Ancona, in un secondo momento, aveva parzialmente riformato la sentenza, rideterminando la pena e concedendo il beneficio della non menzione della condanna. Nonostante questo parziale successo, l’imputato, tramite il suo difensore, decideva di presentare ricorso per cassazione.

I Motivi del Ricorso e il Principio del Ricorso Inammissibile

Il ricorso si basava su due motivi principali:
1. Vizio di motivazione e violazione di legge: si contestava la sussistenza dell’intenzionalità (dolo) nel reato, invocando l’errore di diritto come causa di esclusione della punibilità.
2. Vizio di motivazione sulla pena: si lamentava un’errata valutazione della pena, la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.) e la mancata applicazione della pena minima.

La Corte di Cassazione, tuttavia, non è nemmeno entrata nel merito di tali questioni. Ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi proposti non erano altro che una ripetizione delle doglianze già presentate e puntualmente respinte dalla Corte d’Appello. Secondo la giurisprudenza costante, un ricorso è inammissibile quando non si confronta criticamente con la motivazione della sentenza impugnata, ma si limita a riproporre gli stessi argomenti. L’impugnazione deve essere una critica argomentata, non un atto “fotocopia”.

La Valutazione del Dolo e della Gravità del Fatto

La Corte ha sottolineato come la sentenza d’appello avesse già motivato in modo logico e congruente sia la sussistenza dell’elemento soggettivo sia la gravità del reato. Era stato chiarito che l’imputato aveva la piena consapevolezza di percepire redditi rilevanti nell’anno di riferimento (2020), il che escludeva qualsiasi errore.

Inoltre, la richiesta di applicare l’art. 131 bis c.p. (particolare tenuità del fatto) era stata correttamente respinta. La Corte d’Appello aveva evidenziato che il reato non solo aveva leso la pubblica fede, ma aveva anche causato un danno erariale allo Stato, che si era fatto carico delle spese legali. Questi elementi conferivano al fatto una gravità tale da non poter essere considerato “tenue”.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione centrale dell’ordinanza della Cassazione risiede nella natura stessa del ricorso. I giudici hanno spiegato che i motivi presentati erano “non specifici ma soltanto apparenti”, poiché omettevano di assolvere alla funzione tipica di una critica argomentata. Invece di contestare punto per punto il ragionamento della Corte d’Appello, la difesa si è limitata a reiterare le medesime tesi. Questo comportamento processuale non è consentito, perché trasforma il giudizio di legittimità in un terzo grado di merito, cosa che la Cassazione non è. La Corte ha quindi ribadito che per superare il vaglio di ammissibilità, un ricorso deve confrontarsi specificamente con gli argomenti usati nel provvedimento impugnato, evidenziandone le eventuali lacune o illogicità.

Conclusioni

Questa pronuncia della Cassazione è un monito importante per gli operatori del diritto. La preparazione di un atto di impugnazione richiede un’analisi critica e approfondita della sentenza che si intende contestare. Limitarsi a riproporre le stesse argomentazioni, sperando in un esito diverso, non solo è una strategia inefficace, ma porta a una declaratoria di inammissibilità con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La specificità dei motivi non è un mero formalismo, ma l’essenza stessa del diritto di impugnazione, che deve concretizzarsi in un dialogo argomentativo con la decisione precedente.

Quando un ricorso per cassazione viene considerato inammissibile?
Un ricorso è considerato inammissibile quando si limita a ripetere le stesse doglianze già respinte nel precedente grado di giudizio, senza confrontarsi criticamente e in modo specifico con le argomentazioni della sentenza che si sta impugnando.

Perché in questo caso è stata esclusa la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La particolare tenuità del fatto è stata esclusa perché il reato ha leso un bene giuridico importante come la pubblica fede e ha inoltre causato un danno economico allo Stato (danno erariale), avendo l’imputato ottenuto un beneficio non dovuto.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
In seguito alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, in questo caso determinata in tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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