Ricorso Inammissibile: Le Conseguenze di un Appello Generico
Nel sistema giudiziario, l’impugnazione di una sentenza è un diritto fondamentale. Tuttavia, questo diritto deve essere esercitato secondo regole precise. Un esempio lampante ci viene fornito da una recente ordinanza della Corte di Cassazione, che ha dichiarato un ricorso inammissibile a causa della sua manifesta genericità. Questa decisione non solo chiude la porta a un ulteriore esame del caso, ma comporta anche significative conseguenze economiche per il ricorrente.
I Fatti del Caso
Il caso riguarda un individuo condannato dalla Corte di Appello di Milano per il reato di cui all’art. 495 del codice penale, relativo a false attestazioni o dichiarazioni a un pubblico ufficiale. Non accettando la sentenza di condanna, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, affidando le sue speranze a un unico motivo di impugnazione: un presunto vizio di motivazione della sentenza d’appello.
La Decisione della Corte e il Principio del Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione, senza entrare nel merito della questione, ha stroncato l’iniziativa processuale dichiarando il ricorso inammissibile. La ragione è netta: il motivo presentato era palesemente generico, una critica astratta e non correlata alla specifica realtà processuale del caso in esame.
L’Unico Motivo di Ricorso: La Genericità dell’Allegazione
Secondo i giudici supremi, l’allegazione del ricorrente era formulata in termini del tutto assertivi. In pratica, si limitava a denunciare un difetto di motivazione senza però spiegare in che modo la sentenza impugnata fosse effettivamente viziata. A peggiorare la situazione, il ricorso richiamava principi giurisprudenziali del tutto inconferenti con il caso, relativi all’istituto dell’applicazione della pena su richiesta (patteggiamento), estraneo alla vicenda.
Le Conseguenze Economiche dell’Inammissibilità
La dichiarazione di inammissibilità ha attivato le severe disposizioni dell’art. 616 del codice di procedura penale. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione aggiuntiva è giustificata dalla Corte sulla base della colpa del ricorrente, ravvisata nell’aver proposto un’impugnazione la cui inammissibilità era evidente.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Suprema Corte si fonda su un principio cardine del diritto processuale: un ricorso, per essere ammissibile, deve essere specifico. Non basta lamentare un errore, ma è necessario indicare con precisione le parti della sentenza che si contestano e le ragioni giuridiche a sostegno della propria tesi, il tutto in stretta correlazione con i fatti accertati nel processo. Nel caso di specie, l’appello era una mera enunciazione di principio, scollegata dalla sentenza che intendeva criticare. Questa carenza lo ha reso uno strumento processuale inadeguato, portando alla sua inevitabile reiezione per ragioni procedurali, prima ancora che di merito.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un importante monito per chiunque intenda impugnare una decisione giudiziaria. Proporre un ricorso generico, non specifico e fondato su argomenti non pertinenti non è una strategia processuale valida. Al contrario, è una condotta che non solo non porta al risultato sperato, ma espone a sanzioni economiche rilevanti. La decisione rafforza il ruolo della Corte di Cassazione come giudice della legittimità, che ha il compito di vagliare l’ammissibilità dei ricorsi per evitare un abuso dello strumento processuale e garantire l’efficienza del sistema giudiziario.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il suo unico motivo era considerato ‘patentemente generico’. Le argomentazioni erano puramente assertive, non collegate ai fatti specifici del caso e richiamavano principi giurisprudenziali non pertinenti.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende, a causa della colpa ravvisata nella presentazione di un’impugnazione evidentemente infondata.
Per quale reato era stato condannato l’imputato in appello?
L’imputato era stato condannato per il delitto previsto dall’articolo 495 del codice penale, che punisce chi rilascia false attestazioni o dichiarazioni a un pubblico ufficiale sulla propria identità o su qualità personali.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33221 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33221 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOMECUI 04HEEIN) nato il 16/01/1990
avverso la sentenza del 11/02/2025 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Milano che ne ha confermato la condanna per il delitto di cui all’art. 495 cod. pen.;
considerato che l’unico motivo di ricorso – che adduce il vizio di motivazione in ordine sussistente responsabilità dell’imputato -, è patentemente generico poiché contiene la predet allegazione in termini del tutto assertivi non correlabili al caso di specie (Sez. 6, n. 8 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584 – 01), richiamando pure princìpi giurisprudenziali del tut inconducenti (relativi all’applicazione della pena su richiesta);
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr. cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, COGNOME, Rv. 267585 – 01) versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 09/07/2025.