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Ricorso inammissibile: quando l’appello è generico

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un’imputata contro la sentenza della Corte d’Appello. I motivi del ricorso sono stati giudicati in parte eccessivamente generici e in parte basati su un presupposto errato, ovvero la mancata concessione di attenuanti che in realtà erano già state riconosciute. La declaratoria di ricorso inammissibile ha comportato la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: cosa succede quando i motivi sono generici o errati?

Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma per essere esaminato deve rispettare requisiti di precisione e fondatezza. Un’ordinanza recente della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio delle conseguenze di un ricorso inammissibile, sottolineando l’importanza di formulare motivi di impugnazione specifici e basati su presupposti corretti. Quando ciò non avviene, non solo si perde l’opportunità di far valere le proprie ragioni, ma si va incontro a sanzioni economiche.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine con una condanna in primo grado emessa dal Tribunale, che infliggeva a un’imputata una pena di due anni di reclusione e 60.000 euro di multa. Successivamente, la Corte d’Appello, in parziale riforma della prima sentenza, accoglieva la richiesta di concessione delle circostanze attenuanti generiche. Per effetto di questa decisione, la pena veniva rideterminata e ridotta a un anno e quattro mesi di reclusione, confermando nel resto la sentenza impugnata.

Nonostante la riduzione di pena, l’imputata decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a due distinti motivi di doglianza.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputata articolava il suo ricorso davanti alla Suprema Corte su due punti principali:

1. Vizio di motivazione sulla dosimetria della pena: La ricorrente contestava il modo in cui i giudici d’appello avevano quantificato la pena, ritenendo la loro motivazione insufficiente o illogica.
2. Vizio di motivazione sulla mancata concessione delle attenuanti generiche: Con il secondo motivo, si lamentava che la Corte d’Appello non avesse concesso le circostanze attenuanti generiche.

Questi due motivi, tuttavia, si sono rivelati fatali per l’esito del ricorso.

La Decisione della Cassazione: un Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi e li ha ritenuti entrambi inammissibili, seppur per ragioni diverse. Questa decisione ha chiuso definitivamente la vicenda processuale, con conseguenze negative per la ricorrente.

La declaratoria di ricorso inammissibile non è una mera formalità, ma una decisione che impedisce alla Corte di entrare nel merito delle questioni sollevate. Vediamo nel dettaglio perché entrambi i motivi sono stati respinti.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha fornito una spiegazione chiara e netta per la sua decisione.

Per quanto riguarda il primo motivo, relativo alla dosimetria della pena, i giudici lo hanno qualificato come affetto da “eccessiva genericità”. La ricorrente, infatti, si era limitata a una critica generica e acritica della motivazione della sentenza d’appello, senza indicare quali specifici elementi sarebbero stati ignorati o valutati in modo illogico dalla Corte territoriale. Un motivo di ricorso in Cassazione, per essere ammissibile, deve indicare con precisione il punto della decisione che si contesta e le ragioni giuridiche di tale contestazione. Una semplice affermazione di dissenso non è sufficiente.

Ancora più evidente è l’inammissibilità del secondo motivo. La ricorrente lamentava la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. Tuttavia, come si evinceva dalla lettura della sentenza d’appello, tali circostanze erano state non solo considerate, ma effettivamente concesse, portando a una significativa riduzione della pena. Il motivo di ricorso si basava, quindi, su un presupposto fattuale palesemente errato. In pratica, si contestava una decisione che, in realtà, era favorevole alla ricorrente stessa.

Conclusioni

La conseguenza diretta della declaratoria di inammissibilità è stata la condanna della ricorrente, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, al pagamento delle spese processuali. Inoltre, la Corte ha disposto il versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione viene applicata quando si ritiene che il ricorso sia stato proposto con colpa, ovvero senza la necessaria diligenza nel valutarne i presupposti di ammissibilità.

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: l’impugnazione non è uno strumento da utilizzare con leggerezza. Per evitare una declaratoria di ricorso inammissibile e le relative sanzioni, è essenziale che i motivi siano specifici, pertinenti e fondati su una corretta lettura del provvedimento che si intende contestare.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il primo motivo era troppo generico, limitandosi a una critica astratta della sentenza senza specificare gli errori del giudice, mentre il secondo motivo si basava su un presupposto fattuale errato, lamentando la mancata concessione delle attenuanti generiche che, in realtà, la Corte d’Appello aveva già concesso.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
Quando un ricorso penale viene dichiarato inammissibile per colpa del ricorrente, quest’ultimo viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000 euro.

Cosa significa che un motivo di ricorso è affetto da ‘eccessiva genericità’?
Significa che il motivo di impugnazione non è sufficientemente specifico. Invece di individuare con precisione i passaggi della motivazione della sentenza che si ritengono errati e spiegare perché, ci si limita a una contestazione vaga e generale, che non consente alla Corte di Cassazione di esercitare il proprio controllo di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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