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Ricorso inammissibile: quando l’appello è generico

Un soggetto, condannato per reati legati agli stupefacenti a seguito di un concordato in appello, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando la mancata motivazione sulla possibile assoluzione. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile poiché le censure erano generiche e prive di elementi fattuali specifici che potessero giustificare una verifica su cause di non punibilità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Sulla Genericità dei Motivi

L’ordinanza in esame offre un’importante lezione sulla necessità di specificità nei ricorsi giudiziari. La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile perché fondato su motivi generici, confermando un principio cardine del nostro sistema processuale: non basta lamentare un vizio, bisogna dimostrarlo con elementi concreti. Questo caso evidenzia come, anche a seguito di un accordo sulla pena in appello, l’accesso alla Suprema Corte richieda censure precise e circostanziate.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una condanna per reati in materia di stupefacenti (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990) e per reato continuato (art. 81 c.p.). In sede di appello, l’imputato aveva raggiunto un accordo con la Procura Generale, secondo la procedura prevista dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, per la rideterminazione della pena. La Corte d’Appello aveva quindi applicato una pena di due anni, due mesi e venti giorni di reclusione, oltre a 5.000,00 euro di multa.

Nonostante l’accordo, la difesa ha deciso di presentare ricorso per Cassazione, non per contestare la pena concordata, ma per un presunto vizio di motivazione. Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello avrebbe omesso di spiegare le ragioni per cui non sussistevano le condizioni per una sentenza di proscioglimento immediato, come previsto dall’art. 129 c.p.p.

La Genericità del Ricorso e le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Il fulcro della decisione risiede nella valutazione dei motivi presentati, giudicati privi di specificità e, pertanto, non idonei a innescare un controllo di legittimità.

La Corte ha osservato che le censure del ricorrente erano astratte. La difesa si era limitata a lamentare la mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p. senza, tuttavia, indicare alcun elemento fattuale concreto che avrebbe dovuto indurre i giudici d’appello a valutare l’esistenza di una possibile causa di non punibilità. In altre parole, non è sufficiente invocare una norma; è necessario fornire alla Corte gli strumenti per comprendere perché quella norma sarebbe stata violata nel caso specifico.

Il motivo è stato quindi considerato non solo generico ma anche non consentito, proprio perché non ancorato a specifici elementi di fatto che potessero mettere in discussione la colpevolezza dell’imputato, già accertata nei gradi di merito e cristallizzata dall’accordo sulla pena.

Le motivazioni della Corte si fondano sul principio che il controllo di legittimità non può trasformarsi in una terza istanza di giudizio sul merito. La Cassazione non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata. Un ricorso che non indica precisamente dove e come il giudice di merito avrebbe errato, ma si limita a doglianze generali, è destinato a essere dichiarato un ricorso inammissibile.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Le conclusioni che si possono trarre da questa ordinanza sono chiare e di grande rilevanza pratica. La decisione ribadisce che la redazione di un ricorso per Cassazione richiede un’elevata precisione tecnica. Qualsiasi censura, specialmente quella relativa a un vizio di motivazione, deve essere supportata da argomentazioni specifiche e riferimenti puntuali agli atti processuali.

L’esito del caso, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle Ammende, serve da monito: un ricorso temerario o palesemente infondato non solo non porta al risultato sperato, ma comporta anche ulteriori conseguenze economiche. La Corte ha infatti ravvisato profili di colpa nella proposizione di un’impugnazione così manifestamente priva dei requisiti di legge.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché le censure proposte erano prive di specificità e non contenevano alcuna indicazione di elementi fattuali che avrebbero imposto alla Corte una verifica sulla sussistenza di cause di non punibilità ai sensi dell’art. 129 c.p.p.

Qual è la conseguenza di un ricorso inammissibile per colpa del ricorrente?
La conseguenza è la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro, in questo caso fissata in tremila euro, in favore della Cassa delle Ammende.

È possibile contestare in Cassazione la mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p. dopo un accordo sulla pena in appello?
Sì, ma solo a condizione che il ricorso non sia generico. Deve indicare in modo specifico e concreto gli elementi fattuali che avrebbero dovuto portare il giudice a dichiarare una causa di proscioglimento, cosa che nel caso di specie non è avvenuta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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