Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 43807 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 43807 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 03/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: SVEZIA COGNOME nato a PATTI il 29/05/1991
avverso la sentenza del 12/05/2023 della CORTE APPELLO di MESSINA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 12 maggio 2023 la Corte di appello di Messina ha confermato la pronuncia del Tribunale di Patti del 29 aprile 2022 con cui NOME NOME era stato condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi sei di arresto ed euro 1.500,00 di ammenda in ordine al reato di cui all’art. 186, commi 2 lett. c) e 2 – sexies, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo tre motivi di doglianza.
Con i primi due ha eccepito violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della condotta tipica del reato, per mancato ·accertamento della stessa; con il terzo motivo ha lamentato inosservanza e falsa applicazione degli artt. 360 e 191 cod. proc. pen., oltre ad inutilizzabilità della prova per mancanza dell’avviso all’imputato della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia in occasione dello svolgimento dell’alcoltest.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
Deve essere osservato, infatti, come essi, lungi dal confrontarsi con la congrua e logica motivazione resa dalla Corte territoriale in replica alle analoghe doglianze eccepite con l’atto di appello – nella quale erano state congruamente esplicate le ragioni per cui era da ritenersi che fosse stato regolarmente accertato il tasso alcolemico avuto dall’imputato al momento dei fatti, nonché il fatto che lo Svezia fosse stato correttamente avvisato della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia (cfr. pp. 3 e s. della sentenza impugnata) reiterino le medesime considerazioni critiche espresse nel precedente atto impugnatorio, proposto avverso la sentenza di primo grado.
Per come ripetutamente chiarito da questa Corte di legittimità (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584-01), la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione, cioè, è innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (con specifica’ indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. Risulta di chiara evidenza, pertanto, che se il motivo di ricorso, come nel caso in
esame, non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento).
E’ inammissibile, quindi, il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (così, tra le altre: Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME, Rv. 243838-01).
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 3 aprile 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente