Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46403 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46403 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 10/08/1977
avverso la sentenza del 28/02/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 28/02/2024 la Corte di appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale di Civitavecchia del 13/09/2023 che aveva condannato NOME COGNOMEnato in Cina il 10/08/1977, ma nel ricorso indicato come donna, nata in Cina il 10/08/1977), alla pena di anni 2 di reclusione e 77.400,00 di multa in ordine al reato di cui all’articolo 291-bis cod. pen..
Avverso tale sentenza l’imputato propone ricorso per cassazione, lamentando, con un primo motivo, violazione dell’articolo 5 cod. pen., e, con un secondo motivo, mancanza e vizio di motivazione in relazione al giudizio di colpevolezza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Il ricorso si limita a riproporre pedissequamente la medesima doglianza già proposta con i motivi di appello e motivatamente disattesa dal giudice del gravame.
E’ infatti inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 19411 del 12/3/2019, COGNOME, non massimata e Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv 269217)
La funzione tipica dell’impugnazione, d’altro canto, è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 c.p.p.), debbono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione è, pertanto, innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (cioè con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta (testualmente Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv 254584 e Sez. 2, n. 19411 del 12/3/2019, COGNOME, cit.).
Se il motivo di ricorso si limita a riprodurre il motivo d’appello, quindi, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento),
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posto che con siffatta mera riproduzione il provvedimento ora formalmente ‘attaccato’, lungi dall’essere destinatario di specifica critica argomentata, è di fatto del tutto ignorato (sempre, da ultimo, Sez. 2, n. 19411 del 12/3/2019, COGNOME, cit.).
La sentenza impugnata, infatti, chiarisce che la presenza di un precedente specifico, di poco precedente ai fatti per cui si procede, esclude la possibilità di ignoranza inevitabile.
Il ricorso, che con tale motivazione non si confronta affatto, è pertanto inammissibile per genericità.
Il secondo motivo è totalmente generico, non articolando il ricorrente in alcun modo la doglianza labialmente dedotta.
Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 18 ottobre 2024.