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Ricorso inammissibile: quando l’appello è generico

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato contro una condanna per furto e uso indebito di bancomat. La decisione si fonda sulla genericità dei motivi di appello, che non si confrontavano criticamente con le argomentazioni della sentenza impugnata, portando alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Guida Completa alla Decisione della Cassazione

Quando si presenta un’impugnazione, è fondamentale che questa sia formulata correttamente. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale: un ricorso inammissibile è la conseguenza diretta della presentazione di motivi generici, che non si confrontano in modo specifico con le ragioni della decisione impugnata. Questo caso offre uno spunto prezioso per comprendere i requisiti di ammissibilità di un ricorso e le severe conseguenze del loro mancato rispetto.

I Fatti del Caso: Dal Furto al Ricorso in Cassazione

La vicenda giudiziaria trae origine da una condanna per il furto di un portafogli, avvenuto nello spogliatoio di un esercizio commerciale, e per il conseguente utilizzo indebito del bancomat sottratto. L’imputato era stato condannato sia in primo grado che in appello, sebbene la Corte d’Appello avesse parzialmente riformato la prima sentenza, intervenendo esclusivamente sulla quantificazione della pena.

Non soddisfatta della decisione, la difesa dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a un unico motivo: la presunta violazione delle norme sulla valutazione della prova (art. 192, comma 2, c.p.p.) e un vizio nella motivazione della sentenza d’appello.

L’Appello e il Ricorso Inammissibile in Cassazione

Il cuore della decisione della Suprema Corte risiede proprio nella valutazione del motivo di ricorso. I giudici di legittimità hanno ritenuto che l’atto di impugnazione fosse formulato in termini generici e astratti. Invece di contestare punto per punto il ragionamento logico-giuridico della Corte d’Appello, la difesa si era limitata a riproporre le proprie tesi senza un effettivo confronto critico con la sentenza.

Questo approccio è stato considerato non conforme ai requisiti richiesti per un’impugnazione valida. La Cassazione, richiamando un importante precedente delle Sezioni Unite (la nota sentenza ‘Galtelli’), ha sottolineato che i motivi di appello – e per estensione quelli di ricorso – devono essere specifici. Non basta lamentare un errore, ma è necessario spiegare perché e in che modo la decisione del giudice inferiore sarebbe viziata, dialogando direttamente con le argomentazioni contenute nel provvedimento che si intende censurare.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile basandosi su un principio consolidato: l’impugnazione non può essere una semplice ripetizione di argomenti già esposti, ma deve costituire una critica mirata e puntuale della decisione contestata. Nel caso di specie, il ricorrente non ha sviluppato un confronto effettivo con le ragioni a sostegno della sentenza della Corte d’Appello, rendendo il suo ricorso privo della specificità richiesta dalla legge.

La genericità dei motivi trasforma l’impugnazione in un atto sterile, incapace di innescare il controllo di legittimità della Corte. Per questo motivo, i giudici hanno ritenuto di non poter nemmeno entrare nel merito della questione sollevata.

Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche e Costi

La declaratoria di inammissibilità non è priva di conseguenze. Oltre a rendere definitiva la condanna, comporta l’obbligo per il ricorrente di farsi carico delle spese processuali. Inoltre, la Corte ha condannato l’imputato al pagamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Questa sanzione pecuniaria è una conseguenza tipica dell’inammissibilità, applicata a meno che non sussistano ragioni di esonero, che in questo caso non sono state ravvisate. La decisione si allinea a un principio espresso dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 186/2000), che legittima tale sanzione come deterrente contro impugnazioni pretestuose o redatte senza la dovuta diligenza. Il provvedimento, quindi, non solo chiude una vicenda processuale, ma serve anche da monito sull’importanza di redigere atti di impugnazione specifici, pertinenti e criticamente argomentati.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile se i motivi presentati sono generici e non si confrontano in modo critico e specifico con le argomentazioni contenute nella sentenza che si sta impugnando. È necessario un dialogo effettivo con le ragioni della decisione, non una mera riproposizione delle proprie tesi.

Cosa succede quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro alla Cassa delle ammende. Nel caso specifico, tale somma è stata fissata in tremila euro.

È sufficiente lamentare una violazione di legge o un vizio di motivazione per un ricorso valido?
No, non è sufficiente. Secondo la Corte, la doglianza deve essere specifica e dimostrare, attraverso un confronto diretto con la sentenza impugnata, perché il ragionamento del giudice sarebbe errato. Una critica generica che non si confronta con le motivazioni della decisione censurata è destinata all’inammissibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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