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Ricorso inammissibile: quando l’appello è generico

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile contro una condanna per furto aggravato. I motivi, incentrati sul mancato riconoscimento del tentativo e sull’eccessività della pena, sono stati giudicati generici e manifestamente infondati, ribadendo la discrezionalità del giudice di merito nella valutazione delle prove e nella commisurazione della pena.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Conferma la Condanna per Furto

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sulla corretta formulazione delle impugnazioni nel processo penale. Quando un appello si limita a ripetere argomentazioni già respinte senza una critica specifica alla sentenza impugnata, il rischio è una declaratoria di ricorso inammissibile. Questo caso analizza la condanna per furto aggravato di due imputati, il cui ricorso è stato respinto per genericità e manifesta infondatezza, confermando le decisioni dei giudici di merito.

I Fatti del Caso

Due soggetti sono stati condannati per il reato di furto aggravato ai sensi degli artt. 624 bis e 625 n. 2 del codice penale. La Corte d’Appello di Roma, pur riformando parzialmente la pena per uno degli imputati, aveva confermato la loro responsabilità penale. Contro questa decisione, gli imputati hanno proposto un ricorso congiunto in Cassazione, basandolo su due motivi principali: il mancato riconoscimento del reato nella sua forma tentata e l’eccessività della pena inflitta, unita al mancato giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 13 novembre 2024, ha dichiarato inammissibili entrambi i ricorsi. Di conseguenza, ha condannato i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La decisione si fonda sulla valutazione di inammissibilità dei motivi presentati, ritenuti non conformi ai requisiti di legge.

Le Motivazioni dietro un Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha esaminato separatamente i due motivi di ricorso, giungendo per entrambi a una conclusione negativa. L’analisi della Corte evidenzia i principi fondamentali che regolano la presentazione di un’impugnazione e i limiti del sindacato di legittimità.

La Genericità del Primo Motivo di Appello

Il primo motivo, con cui si chiedeva di qualificare il fatto come tentato furto anziché consumato, è stato giudicato generico per indeterminatezza. La Corte ha sottolineato che il ricorso non rispettava i requisiti dell’art. 581, comma 1, lett. c) del codice di procedura penale. In pratica, gli imputati non avevano indicato gli elementi specifici a sostegno della loro tesi, limitandosi a una critica astratta e alla pedissequa reiterazione di argomenti già esaminati e motivatamente respinti dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha ribadito che, di fronte a una motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta e priva di vizi, il ricorso deve individuare con precisione i punti critici, non potendo limitarsi a riproporre le stesse difese.

L’Infondatezza del Secondo Motivo: il Principio di Discrezionalità

Anche il secondo motivo, relativo all’eccessività della pena e al mancato riconoscimento della prevalenza delle attenuanti, è stato dichiarato manifestamente infondato. La Corte ha richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui la graduazione della pena rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Tale discrezionalità, esercitata nel rispetto dei principi sanciti dagli artt. 132 e 133 del codice penale, non è sindacabile in sede di legittimità se la motivazione è adeguata e congrua. Nel caso specifico, i giudici di merito avevano assolto al loro onere argomentativo, fornendo un riferimento adeguato agli elementi ritenuti decisivi per la commisurazione della sanzione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza riafferma un principio cruciale per la pratica forense: un ricorso per cassazione non può essere una mera ripetizione dei motivi d’appello. Per superare il vaglio di ammissibilità, l’atto deve contenere una critica specifica, puntuale e argomentata della decisione impugnata, evidenziandone i vizi logici o giuridici. La genericità e la ripetitività conducono inevitabilmente a una dichiarazione di ricorso inammissibile, con conseguente condanna alle spese e al pagamento di una sanzione pecuniaria. La discrezionalità del giudice di merito nella valutazione delle prove e nella determinazione della pena rimane un caposaldo del nostro sistema, censurabile solo in caso di motivazione manifestamente illogica o contraddittoria.

Quando un ricorso in Cassazione viene considerato ‘generico’ e quindi inammissibile?
Secondo l’ordinanza, un ricorso è generico quando non rispetta i requisiti dell’art. 581, comma 1, lett. c) c.p.p., ovvero non indica gli elementi specifici che sono alla base della censura. Limitarsi a ripetere argomenti già dedotti in appello e respinti dal giudice di merito con una motivazione logicamente corretta, senza individuare vizi specifici nella sentenza, porta alla dichiarazione di inammissibilità.

In che misura la Corte di Cassazione può rivedere la quantificazione della pena decisa dal giudice di merito?
La Corte di Cassazione non può entrare nel merito della quantificazione della pena, poiché questa rientra nella discrezionalità del giudice di merito. Il suo sindacato è limitato alla verifica che la decisione sia stata presa nel rispetto dei principi degli artt. 132 e 133 c.p. e che la motivazione sia adeguata, logica e non viziata. Se l’onere argomentativo è stato assolto, la decisione sulla pena non è censurabile.

Cosa succede se un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Quando la Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile, la sentenza impugnata diventa definitiva. Inoltre, come stabilito nel dispositivo (P.Q.M.) di questa ordinanza, i ricorrenti vengono condannati al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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