Ricorso inammissibile per genericità: la Cassazione fa chiarezza
Quando si impugna un provvedimento giudiziario, non basta esprimere il proprio dissenso. È fondamentale che le critiche siano specifiche, pertinenti e direttamente collegate alle motivazioni della decisione che si contesta. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ribadisce questo principio, dichiarando un ricorso inammissibile proprio a causa della sua genericità, offrendo così un importante monito sulla corretta redazione degli atti di impugnazione.
I Fatti del Caso
La vicenda ha origine da una sentenza di condanna per un reato edilizio previsto dall’art. 44 del DPR 380/01 (Testo Unico dell’Edilizia). La sentenza, divenuta definitiva, conteneva anche un ordine di demolizione delle opere abusive. L’interessato, al fine di evitare la demolizione, si rivolgeva al giudice dell’esecuzione chiedendo la sospensione dell’ordine.
Il tribunale adito rigettava la richiesta. Contro questa decisione, l’interessato proponeva ricorso per cassazione, affidandosi a un unico motivo: la presunta mancanza di motivazione da parte del giudice in merito al principio di proporzionalità tra l’ordine di demolizione e il diritto all’abitazione, specialmente alla luce delle condizioni socio-economiche del soggetto.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione non è entrata nel merito della questione (ovvero se la demolizione fosse o meno proporzionata), ma si è fermata a un livello procedurale. Secondo i giudici, l’impugnazione era viziata da ‘a-specificità’, un difetto che ne ha impedito l’esame.
Le Motivazioni: Perché un Ricorso è Inammissibile?
Il cuore della sentenza risiede nella spiegazione di cosa rende un ricorso inammissibile per genericità. La Corte ha sottolineato che un’impugnazione efficace non può limitarsi a enunciare principi giuridici generali o a citare precedenti giurisprudenziali in modo astratto. È indispensabile che vi sia una ‘necessaria correlazione’ tra i motivi del ricorso e le ragioni specifiche che il giudice ha posto a fondamento della sua decisione.
Nel caso specifico, il ricorrente si era lamentato della mancata valutazione del principio di proporzionalità, ma lo aveva fatto in modo del tutto generico. Non aveva:
1. Indicato passaggi specifici della motivazione del provvedimento impugnato da criticare.
2. Fornito elementi concreti di fatto e di diritto a supporto della sua tesi.
3. Spiegato perché, nel suo caso specifico, il bilanciamento tra l’interesse pubblico alla repressione degli abusi edilizi e il suo diritto all’abitazione avrebbe dovuto avere un esito diverso.
In sostanza, il ricorso si configurava come una ‘astratta lamentela’ piuttosto che come una critica puntuale e argomentata. La Corte ha ribadito che chi impugna non può ‘trascurare le ragioni del provvedimento censurato’, ma deve confrontarsi direttamente con esse. L’assenza di questo confronto critico rende il ricorso non specifico e, di conseguenza, inammissibile.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa pronuncia offre una lezione fondamentale per chiunque si appresti a redigere un atto di impugnazione. Non è sufficiente avere ragione nel merito; è cruciale saper articolare le proprie ragioni in modo processualmente corretto. La decisione evidenzia che i motivi di ricorso devono essere costruiti come una vera e propria ‘contro-argomentazione’ rispetto alla decisione impugnata.
Le implicazioni pratiche sono chiare:
* Analisi Puntuale: Ogni ricorso deve partire da un’analisi meticolosa delle motivazioni del provvedimento che si intende contestare.
* Critica Specifica: Le censure devono essere mirate, indicando con precisione dove e perché il giudice avrebbe sbagliato.
* Correlazione: È obbligatorio dimostrare il collegamento diretto tra la norma che si presume violata, i fatti di causa e l’errore del giudice.
Un ricorso generico non solo non ottiene il risultato sperato, ma comporta anche conseguenze negative, come la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come avvenuto nel caso di specie con la condanna al versamento di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle Ammende.
Perché il ricorso contro l’ordine di demolizione è stato respinto?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile non per una valutazione nel merito, ma per un vizio di forma. Era ‘a-specifico’, cioè troppo generico e privo di una critica puntuale alle motivazioni del provvedimento impugnato.
Cosa significa che un ricorso è ‘a-specifico’?
Significa che l’impugnazione si limita a enunciare principi generali (come quello di proporzionalità) o a lamentele astratte, senza confrontarsi criticamente con le specifiche ragioni di fatto e di diritto esposte dal giudice nella decisione che si sta contestando.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La conseguenza principale è che la Corte non esamina la questione nel merito. Inoltre, il ricorrente viene condannato a sostenere le spese del procedimento e a versare una somma di denaro, determinata in via equitativa, in favore della Cassa delle Ammende (in questo caso, 3.000,00 euro).
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 14131 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 14131 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/03/2025
SENTENZA
letta la requisitoria del Sost. Procuratore Generale dr. NOME COGNOME che ha sul ricorso proposto da COGNOME NOME nato a Mesagne il 15.10.1982; nel procedimento a carico del medesimo; avverso la ordinanza del 4.9.2024 del tribunale di Brindisi; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con ordinanza di cui in epigrafe, il tribunale di Brindisi, adito quale giudice dell’esecuzione nell’interesse di COGNOME NOME per la sospensione dell’ordine di demolizione delle opere di cui alla sentenza di condanna del medesimo, del tribunale di Brindisi del 21.4.2014, divenuta irrevocabile il 5.10.2017, a carico di COGNOME NOMECOGNOME in ordine al reato ex art. 44 del DPR 380/01, rigettava la domanda.
Avverso la predetta ordinanza COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione con il proprio difensore, deducendo un unico motivo di impugnazione.
Deduce la mancanza di motivazione per la ordinanza impugnata in ordine al principio di proporzionalità della demolizione rispetto al diritto di abitazione,
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nonostante una copiosa produzione documentale operata dalla difesa al riguardo davanti al predetto giudice dell’esecuzione, con omissione della valutazione delle condizioni socio economiche degli interessati.
Il ricorso è inammissibile siccome a- specifico. Esso contiene il richiamo a plurime decisioni giurisprudenziali ma pecca di qualsiasi riferimento concreto e critico rispetto a specifici passaggi motivazionali del provvedimento impugnato. Come noto, in proposito questa Corte continuamente sottolinea che i motivi di ricorso per cassazione sono inammissibili «non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato» (Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, COGNOME, Rv. 255568) e le ragioni di tale necessaria correlazione tra la decisione censurata e l’atto di impugnazione risiedono nel fatto che il ricorrente non può trascurare le ragioni del provvedimento censurato (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, COGNOME, Rv. 259425). Al contrario, nel ricorso né ci si confronta con i rilievi motivazionali elaborati dal giudice né comunque si rappresentano le ragioni di fatto e diritto che dovrebbero supportare l’impugnazione in relazione al punto dedotto, tali non essendo la astratta lamentela della carenza di motivazione circa il rispetto del principio di proporzionalità della demolizione rispetto al diritto di abitazione, in assenza di ogni illustrazione, rispetto al caso concreto, di tale rapporto di proporzione e del ritenuto correlato diritto di abitazione da tutelare per il ricorrente rispetto all’ordine di demolizione.
5. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso, il 20.3.2025