Ricorso Inammissibile: la Cassazione ribadisce l’onere della specificità
Quando si presenta un ricorso alla Corte di Cassazione, non è sufficiente esprimere un generico dissenso verso la sentenza impugnata. È necessario articolare motivi precisi, pertinenti e che si confrontino criticamente con la decisione dei giudici di merito. Una recente ordinanza della Suprema Corte ha ribadito questo principio fondamentale, dichiarando un ricorso inammissibile proprio per la sua genericità e ha condannato il ricorrente a severe conseguenze economiche. Analizziamo questa decisione per capire le implicazioni pratiche per la difesa legale.
I Fatti del Processo
La vicenda processuale ha origine da una condanna emessa dal Tribunale di Napoli il 9 marzo 2023. Un individuo era stato ritenuto colpevole per un reato previsto dal Codice della Strada (art. 7, comma 15-bis, d.lgs. 285/1992, aggravato ai sensi dell’art. 81 cpv. cod. pen.) e condannato alla pena di quattro mesi di arresto e 1.500,00 euro di ammenda.
La sentenza veniva confermata dalla Corte di Appello di Napoli il 9 maggio 2024. Insoddisfatto della decisione, l’imputato, tramite il suo difensore, proponeva ricorso per cassazione, lamentando un unico motivo: violazione di legge e vizio di motivazione riguardo al riconoscimento della sua responsabilità penale.
La Decisione della Corte: Focus sul Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha stroncato le speranze del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione non entra nel merito della colpevolezza o innocenza dell’imputato, ma si ferma a un livello preliminare, quello dell’ammissibilità del ricorso stesso.
L’analisi del motivo di ricorso
I giudici supremi hanno rilevato che il motivo presentato era del tutto “generico e aspecifico”. In pratica, il difensore non aveva indicato in modo puntuale quali fossero le ragioni di fatto e di diritto per cui la sentenza d’appello doveva essere considerata errata. Invece di contestare specifici passaggi argomentativi della decisione impugnata, il ricorso si limitava a una doglianza generale, senza confrontarsi adeguatamente con le motivazioni fornite dalla Corte di Appello. Questo tipo di impugnazione, secondo la Cassazione, non è idoneo a superare il vaglio di legittimità.
Le Conseguenze Economiche di un Ricorso Inammissibile
La dichiarazione di inammissibilità non è priva di conseguenze. Anzi, comporta un onere economico significativo per il ricorrente. In applicazione della legge, la Corte ha condannato l’imputato a due pagamenti:
1. Pagamento delle spese processuali: i costi relativi al procedimento dinanzi alla Cassazione.
2. Versamento di una somma alla Cassa delle ammende: in questo caso, la somma è stata fissata in 3.000,00 euro. Questa sanzione pecuniaria serve a scoraggiare la presentazione di ricorsi palesemente infondati o dilatori, che sovraccaricano inutilmente il lavoro della Suprema Corte.
Il Principio Costituzionale
La Corte richiama implicitamente la sentenza della Corte Costituzionale n. 186/2000, la quale ha stabilito la legittimità di questa sanzione, ritenendo che non esistano ragioni per esonerare dal pagamento chi propone un ricorso manifestamente inammissibile.
Le Motivazioni della Decisione
Il cuore della motivazione della Corte risiede nell’articolo 591, comma 1, lettera c) del codice di procedura penale, che sancisce l’inammissibilità del ricorso quando i motivi non sono specifici. La Suprema Corte ha sottolineato come la motivazione dei giudici di merito fosse logica, coerente e giuridicamente corretta nel giustificare sia la responsabilità penale dell’imputato sia l’entità della pena. Il ricorso, al contrario, non è riuscito a evidenziare alcun vizio logico-giuridico, limitandosi a una critica superficiale. La funzione della Corte di Cassazione non è quella di riesaminare i fatti del processo (come farebbe un terzo grado di giudizio), ma solo di controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Un ricorso che non si attiene a questi binari è destinato a essere dichiarato inammissibile.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza è un monito importante per gli operatori del diritto. Preparare un ricorso per cassazione richiede uno studio approfondito e meticoloso della sentenza impugnata. È essenziale individuare le specifiche violazioni di legge o i vizi logici nella motivazione e articolarli in modo chiaro e puntuale. Una difesa generica non solo è inefficace, ma espone il proprio assistito a conseguenze economiche rilevanti. La specificità non è un mero formalismo, ma l’essenza stessa del giudizio di legittimità, volto a garantire l’uniforme interpretazione della legge e il rispetto delle regole processuali.
Perché il ricorso presentato alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo proposto era considerato generico e aspecifico. Non puntualizzava le ragioni di doglianza in fatto e in diritto e non si confrontava adeguatamente con le argomentazioni della sentenza impugnata, violando così il requisito di specificità richiesto dall’art. 591, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende. In questo caso specifico, la somma è stata determinata in 3.000,00 euro.
Cosa significa che la motivazione dei giudici di merito era ‘immune da vizi logico-giuridici’?
Significa che il ragionamento seguito dai giudici del Tribunale e della Corte di Appello per arrivare alla condanna era coerente, logico e fondato su una corretta applicazione delle norme giuridiche. La Corte di Cassazione ha ritenuto che la motivazione spiegasse in modo valido e sufficiente le ragioni del riconoscimento della responsabilità penale e della congruità della pena, senza presentare difetti che potessero essere censurati in sede di legittimità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13249 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13249 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 19/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il 14/11/1976
avverso la sentenza del 09/05/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 9 maggio 2024 la Corte di appello di Napoli ha confermato la pronuncia del locale Tribunale del 9 marzo 2023 con cui NOME NOME era stato condannato alla pena di mesi quattro di arresto ed euro 1.500,00 di ammenda in ordine al reato di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen. e 7, comma 15bis, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con un unico motivo, violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’erroneo riconoscimento della sua responsabilità penale.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivo non deducibile in questa sede di legittimità.
Il Collegio rileva, infatti, che la motivazione resa dai giudici di merito ben rappresenta e giustifica, in punto di diritto, con argomentazione immune da vizi logico-giuridici, le ragioni di riconoscimento della penale responsabilità dell’imputato e la congruità della pena inflittagli.
Il motivo proposto dal ricorrente è, pertanto, manifestamente inammissibile ai sensi dell’art. 591, comma 1, lettera c), cod. proc. pen., in quanto del tutto generico e aspecifico, non puntualizzando le ragioni di doglianza in fatto e in diritto e non confrontandosi in modo adeguato con le argomentazioni espresse dalla sentenza impugnata.
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 19 febbraio 2025