Ricorso Inammissibile: La Cassazione e l’Onere di una Critica Specifica
Presentare un ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si riesaminano i fatti, ma un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. Quando l’appello si limita a ripetere argomenti già respinti, senza una critica puntuale e argomentata, il rischio è una declaratoria di ricorso inammissibile, con conseguenze economiche per il ricorrente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce perfettamente questo principio.
I Fatti del Caso
Un individuo, condannato dalla Corte di Appello di Trieste per una serie di reati, tra cui l’uso di documenti falsi e altre violazioni, decideva di impugnare la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione. Il fulcro del suo ricorso era il presunto ‘vizio della motivazione’ della sentenza di secondo grado, in particolare riguardo alle prove che avevano portato alla sua identificazione come autore dei reati.
L’imputato sosteneva che gli elementi utilizzati per identificarlo non fossero sufficientemente solidi per fondare una dichiarazione di colpevolezza.
La Decisione della Corte di Cassazione sul Ricorso Inammissibile
La Suprema Corte ha analizzato i motivi del ricorso e li ha ritenuti manifestamente infondati, dichiarando l’appello inammissibile. La decisione si basa su un principio consolidato nella giurisprudenza: il ricorso per cassazione non può essere una mera riproposizione delle stesse doglianze già esaminate e rigettate dal giudice d’appello.
Perché un ricorso sia ammissibile, deve contenere una critica specifica, argomentata e pertinente alle ragioni esposte nella sentenza impugnata, evidenziando vizi logici o errori di diritto concreti.
Le Motivazioni: Perché il Ricorso È Stato Dichiarato Inammissibile?
La Corte ha spiegato che la sentenza della Corte di Appello aveva fornito una motivazione congrua, logica e priva di vizi. L’identificazione dell’imputato non si basava su un singolo elemento, ma su un complesso di prove convergenti e coerenti tra loro. Nello specifico, i giudici di merito avevano fondato la loro decisione su:
1. Rilievi dattiloscopici: le impronte digitali che collegavano in modo univoco l’imputato ai fatti.
2. Documento Falso: la fotografia dell’imputato era apposta su una patente di guida risultata falsa.
3. Atti Amministrativi: una nota del Ministero dell’Interno confermava ulteriori elementi a carico.
Di fronte a una motivazione così strutturata, il ricorrente si era limitato a reiterare le sue obiezioni in modo generico, senza attaccare specificamente il ragionamento logico seguito dalla Corte di Appello. Questa mancanza di specificità ha trasformato il suo appello in un tentativo, non consentito in sede di legittimità, di ottenere una nuova valutazione dei fatti, portando inevitabilmente a una declaratoria di ricorso inammissibile.
Le Conclusioni: Le Conseguenze Pratiche della Decisione
La declaratoria di inammissibilità ha avuto conseguenze significative per il ricorrente. In base all’articolo 616 del codice di procedura penale, è stato condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, la Corte ha ravvisato nella presentazione di un ricorso così palesemente infondato dei ‘profili di colpa’. Per questo motivo, ha condannato l’uomo al pagamento di un’ulteriore somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Questa ordinanza ribadisce un importante monito: l’accesso alla Corte di Cassazione deve essere ponderato e fondato su vizi concreti della sentenza impugnata. Un ricorso generico o meramente ripetitivo non solo è destinato al fallimento, ma espone il proponente a sanzioni economiche che ne aggravano la posizione.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Perché non conteneva una critica specifica e argomentata contro la motivazione della sentenza d’appello, ma si limitava a ripetere le stesse argomentazioni già esaminate e respinte in secondo grado.
Quali prove sono state considerate decisive per l’identificazione dell’imputato?
L’identificazione si è basata su un insieme di elementi convergenti, tra cui i rilievi dattiloscopici (impronte digitali), l’apposizione della sua fotografia su una patente di guida falsa e una nota del Ministero dell’Interno.
Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso palesemente inammissibile?
Oltre alla condanna al pagamento delle spese processuali, il ricorrente può essere condannato a versare una somma di denaro alla Cassa delle ammende, a titolo sanzionatorio per aver promosso un’impugnazione con colpa evidente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2175 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2175 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il 09/01/1990
avverso la sentenza del 22/11/2023 della CORTE APPELLO di TRIESTE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Trieste che ne ha confermato la condanna per i reati di cui agli artt. 116, commi 5 e 17, d.lgs. n. 1 del 1992 (capo A), 186, commi 2 e 2 sexies, d.lgs. n. 285 del 1992 (capo B) e 477, 482 cod. pen. (capo C);
considerato che l’unico motivo di ricorso, con cui si denuncia il vizio della motivazione post alla base della dichiarazione di responsabilità dell’imputato per i reati di cui al capo A e C, in rag rispettivamente, reitera le allegazioni già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla Corte merito – la quale, con motivazione congrua ed esente da vizi logici, ha affermato che la identificazion dell’imputato si basa su elementi convergenti (quali i rilievi dattiloscopici, l’apposizione dell fotografia sulla patente risultata falsa, la nota del Ministero dell’interno) – e, dunque, non co una critica argomentata della sentenza oggetto impugnazione (Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, COGNOME, Rv. 254584 – 01; conf. Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, COGNOME, Rv. 262575 – 01);
ritenuto che, all’inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché – ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr. Corte cost., sent. n. 186 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, COGNOME, Rv. 267585 – 01) – al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 11/09/2024.