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Ricorso inammissibile: quando l’appello è generico

Un individuo condannato per il reato di evasione ha presentato appello alla Corte di Cassazione. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, poiché i motivi erano generici, miravano a una nuova valutazione dei fatti e risultavano infondati. La decisione sottolinea come la recidiva venga valutata anche in base all’inefficacia delle precedenti condanne. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti dell’Appello

Quando un ricorso viene presentato alla Corte di Cassazione, deve rispettare requisiti ben precisi per essere esaminato nel merito. Un’ordinanza recente ci offre un chiaro esempio di come un appello formulato in modo non corretto venga dichiarato ricorso inammissibile, con conseguenze economiche per chi lo propone. Il caso analizzato riguarda una condanna per evasione, ma i principi espressi dalla Corte hanno una valenza generale.

I Fatti di Causa

Un soggetto, precedentemente condannato per il reato di evasione, impugnava la sentenza della Corte d’Appello che aveva confermato la sua colpevolezza. Il ricorso in Cassazione si basava su tre motivi principali:
1. Il mancato riconoscimento della causa di giustificazione dello stato di necessità.
2. L’errata esclusione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (prevista dall’art. 131-bis c.p.).
3. Un’errata valutazione della sua recidiva.

Il ricorrente, in sostanza, chiedeva alla Suprema Corte di riesaminare aspetti già valutati nei precedenti gradi di giudizio, contestando le conclusioni a cui erano giunti i giudici.

La Decisione della Corte di Cassazione sul ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione, con una sintetica ma incisiva ordinanza, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito delle questioni sollevate, ma si ferma a un livello precedente, quello della corretta formulazione dell’appello. La conseguenza diretta è stata la conferma della condanna e l’imposizione al ricorrente del pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni

La Corte ha smontato punto per punto i motivi del ricorso, evidenziandone i difetti procedurali:

* Genericità del primo motivo: La doglianza sullo stato di necessità è stata giudicata generica. Il ricorrente si era limitato a riproporre la stessa argomentazione già presentata in appello, senza confrontarsi specificamente con le ragioni per cui la Corte territoriale l’aveva respinta. Un ricorso in Cassazione deve invece criticare in modo puntuale la motivazione della sentenza impugnata, non può essere una semplice ripetizione.
* Rivalutazione del merito: Il secondo motivo, relativo alla tenuità del fatto, è stato considerato un tentativo di ottenere dalla Cassazione una nuova valutazione dei fatti. Questo non è compito della Suprema Corte, che è giudice di legittimità (cioè valuta la corretta applicazione della legge) e non di merito (non può riesaminare le prove e i fatti).
* Infondatezza del motivo sulla recidiva: Il terzo motivo è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte ha colto l’occasione per chiarire un principio importante: la pericolosità sociale del reo, che giustifica la recidiva, non dipende solo dalla gravità del nuovo reato commesso. Dipende, piuttosto, dalla dimostrata inefficacia delle precedenti condanne a dissuadere il soggetto dal delinquere, specialmente quando, come nel caso di specie, le condanne passate riguardavano reati gravi e pene significative.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del processo penale: l’appello in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si può ridiscutere tutto da capo. I motivi devono essere specifici, pertinenti e devono criticare la violazione di legge o i vizi logici della sentenza precedente, non semplicemente chiedere una nuova e più favorevole valutazione dei fatti. La dichiarazione di ricorso inammissibile non è una mera formalità, ma una sanzione processuale che comporta costi significativi per chi abusa dello strumento dell’impugnazione senza fondati motivi giuridici.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano: 1) generici, in quanto si limitavano a ripetere le argomentazioni già respinte in appello senza criticare la motivazione della sentenza; 2) non consentiti, poiché miravano a una rivalutazione dei fatti, compito che non spetta alla Corte di Cassazione; 3) manifestamente infondati, in particolare sulla questione della recidiva.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. In questo caso, la somma è stata quantificata in tremila euro.

Come ha valutato la Corte la recidiva del ricorrente?
La Corte ha spiegato che la pericolosità del reo, rilevante per la recidiva, non è legata solo alla gravità del nuovo reato, ma all’inefficacia delle precedenti condanne come deterrente. Se le condanne passate, specialmente per reati gravi, non hanno impedito la commissione di nuovi crimini, ciò dimostra un’accresciuta pericolosità che giustifica la contestazione della recidiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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