Ricorso Inammissibile: la Cassazione sanziona i motivi generici
Presentare un ricorso in Cassazione richiede precisione e specificità. Un’impugnazione basata su motivi vaghi e assertivi non solo è destinata al fallimento, ma può anche comportare costi significativi per chi la propone. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito questo principio, dichiarando un ricorso inammissibile e condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di una pesante sanzione pecuniaria.
Il caso in esame: dalla condanna per false attestazioni al ricorso in Cassazione
Il caso trae origine da una condanna per il reato previsto dall’art. 495 del codice penale, relativo a false attestazioni o dichiarazioni a un pubblico ufficiale sull’identità o su qualità personali proprie o altrui. La condanna, emessa in primo grado, era stata confermata dalla Corte d’Appello di Venezia.
Contro questa seconda decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo: la presunta carenza di motivazione della sentenza d’appello. In particolare, il ricorrente sosteneva che i giudici di merito avrebbero dovuto fornire spiegazioni sul perché non avessero applicato l’art. 129 del codice di procedura penale, che prevede il proscioglimento immediato in presenza di determinate cause.
La decisione della Corte sul ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione ha esaminato il motivo del ricorso e lo ha liquidato rapidamente, definendolo “patentemente generico”. Secondo i giudici supremi, l’affermazione del ricorrente era del tutto assertiva e non correlata in modo specifico e puntuale al caso di specie. In altre parole, l’imputato si era limitato a enunciare un principio di diritto in modo astratto, senza spiegare come e perché questo si sarebbe dovuto applicare alla sua situazione concreta, né come la Corte d’Appello avesse errato nel non considerarlo.
Le motivazioni della decisione
La motivazione della Cassazione si fonda su un principio consolidato della procedura penale: i motivi di ricorso devono essere specifici. Non è sufficiente lamentare un vizio generico, come la “carenza di motivazione”, ma è necessario indicare con precisione le parti della sentenza impugnata che si ritengono errate e le ragioni giuridiche a sostegno della propria tesi. Un’allegazione formulata “in termini del tutto assertivi non correlabili al caso di specie” non permette al giudice di legittimità di svolgere il proprio ruolo di controllo.
La Suprema Corte ha quindi dichiarato il ricorso inammissibile, senza nemmeno entrare nel merito della questione. A questa declaratoria, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, sono seguite due importanti conseguenze per il ricorrente:
1. Condanna al pagamento delle spese processuali: i costi del procedimento di Cassazione sono stati posti a suo carico.
2. Condanna al versamento di una somma alla Cassa delle ammende: i giudici hanno ravvisato profili di “colpa” nella proposizione del ricorso, data l'”evidente inammissibilità” dello stesso. Questa colpa ha giustificato l’imposizione di una sanzione pecuniaria, equitativamente determinata in 3.000 euro.
Le conclusioni
Questa ordinanza offre una lezione fondamentale per chiunque intenda impugnare una sentenza penale. Non basta avere un’opinione diversa da quella dei giudici; è indispensabile articolare le proprie critiche in modo tecnico, specifico e pertinente. Un ricorso vago e generico non è solo inutile, ma si trasforma in un boomerang economico. La decisione rafforza il ruolo della Corte di Cassazione come giudice di legittimità, che non riesamina i fatti, ma valuta la corretta applicazione della legge e la coerenza logica delle motivazioni, a patto che i vizi siano denunciati in modo chiaro e specifico.
Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo presentato era “patentemente generico”, contenendo un’allegazione formulata in termini del tutto assertivi e non correlabili al caso di specie.
Quali sono le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a causa della colpa ravvisata nella proposizione di un’impugnazione evidentemente inammissibile.
Qual era il reato per cui l’imputato era stato condannato nei precedenti gradi di giudizio?
L’imputato era stato condannato per il reato di cui all’articolo 495 del codice penale, ovvero false attestazioni o dichiarazioni a un pubblico ufficiale su identità o qualità personali.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2180 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2180 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOMECUI 03HVZOE) nato il 29/11/1983
avverso la sentenza del 07/12/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia, che ne ha confermato la condanna per il reato di cui all’art. 495 cod. pen.;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con il quale si denuncia la carenza di motivazion posta alla base dell’affermazione di responsabilità dell’imputato, assumendo che la Corte di merito avrebbe dovuto indicare i motivi per i quali non ha ritenuto applicabile l’art. 129 cod. proc. pen patentemente generico poiché contiene la predetta allegazione in termini del tutto assertivi non correlabili al caso di specie (Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584 – 01), il ch esime da ogni ulteriore considerazione;
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr. Co cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, COGNOME, Rv. 267585 – 01) – a versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 11/09/2024.